Artiste, modelle, amiche, compagne: tutte le donne di Man Ray, fonte d’ispirazione primaria della sua poetica, in un percorso che rende omaggio al ritrattista prediletto della Parigi intellettuale e modaiola. Fino al 19 gennaio 2020 a CAMERA, Torino.
200 fotografie, realizzate a partire dagli anni Venti a Parigi, compongono la mostra WO | MAN RAY. Le seduzioni della fotografia, a cura di Walter Guadagnini e Giangavino Pazzola dedicata a uno dei più grandi maestri del XX secolo. In scena fino al 19 gennaio 2020 presso CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, l’omaggio ruota attorno alla figura femminile, fonte primaria dell’intera poetica dell’artista statunitense Emmanuel Radnitzky, meglio noto come Man Ray, che a Parigi divenne protagonista assoluto delle stagioni dadaista prima e surrealista poi, fino alla morte nel 1976.
Man Ray, ma anche Lee Miller, Berenice Abbott, Dora Maar, Meret Oppenheim. E Kiki de Montparnasse, Nusch Éluard, Juliet (l’ultima moglie): artiste, modelle, amiche, compagne. E le protagoniste della Parigi degli anni Venti e Trenta, Gertrude Stein, Nancy Cunard, Sylvia Beach, Youki Foujita Desnos. Tutte, in modi diversi, legate per periodi più o meno lunghi a Man Ray, arrivato nella Ville Lumière nel 1921 con la fama di “dadaista newyorchese”, introdotto da Marcel Duchamp, amico di Tristan Tzara (anch’essi in mostra) e subito pronto a mostrare quali magie si potessero fare in camera oscura.
Autore di opere leggendarie come Le Violon d’Ingres (1924), Noire et blanche (1926), La Prière (1930) – tutte in mostra – l’autore dei “rayographs” e delle solarizzazioni, due procedimenti tecnici che sono diventati gli emblemi dell’invenzione fotografica delle avanguardie di inizio secolo. Oltre a ciò, Man Ray fu anche il mentore di due tra le maggiori fotografe del periodo, Berenice Abbott e Lee Miller, inizialmente sue assistenti, ma che furono in grado di liberarsi della sua ingombrante personalità per affermare il loro autonomo linguaggio. Essere fotografati da Man Ray o da Berenice Abbott significava essere qualcuno e in mostra sfilano sotto i nostri occhi – ripresi dallo sguardo acuto della fotografa americana – James Joyce e Jean Cocteau, André Gide ed Eugène Atget, in una splendida carrellata che riporta a una stagione irripetibile della cultura europea.
Mentre Lee Miller, giunta anche lei dagli Stati Uniti con la fama di bellissima modella, lavora con Man Ray a partire dal 1929 e diviene talmente abile da essere praticamente considerata la coautrice del portfolio Électricité (1931) – qui esposto – uno dei capolavori assoluti della fotografia del periodo, e da diventare a sua volta una protagonista della fotografia di moda e del fotoreportage negli anni Trenta e Quaranta. E poi Meret Oppenheim, che presta il suo corpo nudo per una delle serie più iconiche di Man Ray, Érotique-voilée (1933), e al contempo realizza opere di urticante humour surreal- femminista; Dora Maar, di cui si va riscoprendo oggi l’inquietante genialità, rinchiusa per anni nel ruolo di musa sfortunata dell’onnipresente Picasso; Nusch Éluard, compagna del poeta Paul e vera icona del gruppo surrealista, della quale viene esposto un raro collage.
Informazioni
CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, Torino
Fino al 19 gennaio 2020
Orari: Lunedì, mercoledì, venerdì, sabato domenica 11-19
Giovedì 11-21
Biglietti: Intero 10,00 € Ridotto 6,00 €
*Man Ray, The fifty faces of Juliet, 1941-1954 (dettaglio) | Courtesy of Fondazione Marconi, Milano © Man Ray Trust by SIAE 2019