Artemisia Gentileschi per la prima volta nel Regno Unito. La National Gallery di Londra dedica alla pittrice italiana una monografica volta a indagarne la carriera artistica anche attraverso le vicende personali che, oltre a renderla una femminista ante litteram, l’hanno consacrata come un’eccellenza artistica del suo tempo.
Vostra Illustrissima Signoria, vi mostrerò ciò che una donna può fare “
(Lettera di Artemisia Gentileschi a Don Antonio Ruffo, 7 agosto 1649)
Oloferne è steso sul letto, con la testa riversa sul ciglio del materasso e le lenzuola sotto di lui stano iniziando a impregnarsi del sangue che gli sgorga dalla gola. La sua brutalità è sconfitta dalla feroce determinazione di Giuditta, che con una mano lo immobilizza e con l’altra impugna la spada con cui lo sta decapitando. L’artista che ha dipinto questa crude scena è Artemisia Gentileschi, la cui vicenda artistica si è unita profondamente alla sua storia esistenziale. Femminista ante litteram, ha ottenuto un immenso successo artistico commisurato al tempo in cui ha vissuto, profondamente dominato, anche in campo pittorico, dal sesso maschile. Gentileschi ha dovuto quindi combattere contro pregiudizi e retaggio culturale, oltre che fronteggiare un violento stupro in giovane età. Molti, in questa spietata rappresentazione della vicenda biblica, hanno rivisto la crudeltà delle sofferenze subite e la volontà combattiva di superarle per conquistare il proprio spazio nel mondo.
Questa tela, Giuditta che decapita Oloferne, fa parte delle opere che la National Gallery di Londra ha riunito per la mostra Artemisia, in programma dal 4 aprile al 26 luglio 2020. L’acquisto da parte del museo britannico dell’Autoritratto come Santa Caterina di Alessandria (primo dipinto dell’artista che entra a far parte di una collezione pubblica del Regno Unito) è stata la leva che ha portato l’istituzione ha lavorare sulla prima grande monografica dedicata ad Artemisia Gentileschi (1593-1654 o dopo) nel Regno Unito. 30 opere ripercorrono i quarant’anni di carriera in cui l’artista è riuscita a emergere in Europa come un’eccellenza in campo pittorico, guadagnandosi importanti commissioni e riuscendo ad entrare a fare parte (fu la prima donna a riuscirci) dell’Accademia degli artisti di Firenze.
Come già anticipato sopra, non vi è alcun dubbio che la sua identità personale sia strettamente intrecciata con la sua produzione artistica. Per questo motivo l’esposizione della National Gallery si organizza per sezioni seguendo i viaggi e le tappe principali della vita di Artemisia Gentileschi. Si parte dalla formazione di Artemisia a Roma, dove impara a dipingere sotto la guida del padre Orazio, la cui Giuditta e la sua serva (1608 circa, Museo Nazionale di Arte, Architettura e Design, Oslo) sarà esposto accanto ai primi dipinti di Artemisia. Oltre alla sua Susanna, la prima sala includerà anche Cleopatra (1611-12 circa, Etro Collection) e Danaë (1612 circa, Saint Louis Art Museum, acquisito dal museo). La sala dedicata al suo periodo fiorentino si apre con un trio di opere in cui è lei la modella e datano tutte attorno al 1615: l’Autoritratto come martire (collezione privata statunitense), l’Autoritratto come suonatrice di liuto (Wadsworth Ateneo Museo di Arte, Hartford, Connecticut, Stati Uniti). Charles H. Schwartz Endowment Fund) e l’Autoritratto come Santa Caterina di Alessandria (National Gallery, Londra). Nelle vicinanze verrà esposta anche la sua Santa Caterina di Alessandria (Gallerie degli Uffizi, Firenze).
Due sale della mostra sono dedicate all’epoca di Artemisia a Napoli, la città in cui passò gli ultimi venticinque anni della sua vita e dove aveva aperto un fiorente atelier con la figlia Prudenza, anche lei pittrice. Qui, verranno esposte le prime pale d’altare di Artemisia: l’Annunciazione (1630, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli) e San Gennaro nell’anfiteatro a Pozzuoli (1635-7 circa, Cattedrale Basilica San Procolo, diocesi di Pozzuoli, Napoli), così come le opere realizzate in collaborazione con altri importanti artisti napoletani.
La mostra si conclude con il breve viaggio di Artemisia a Londra, dove si ricongiunge con il padre pochi mesi prima della sua morte. Fu qui, presso la corte di Carlo I d’Inghilterra, che dipinse Autoritratto come allegoria della pittura (La Pittura) (1638-9 circa, Royal Collection / HM Queen Elizabeth II), a lungo considerato come il culmine della sua carriera.
Anche se, forse, al di là di ogni merito artistico, il suo più grande contributo è stato quello di (ri)costruire una solida narrazione attorno al ruolo della donna. Nonostante abbia perlopiù operato all’interno della dimensione biblica, perciò non particolarmente incline a valorizzare il genere, Artemisia Gentileschi è riuscita a dipingere figure femminili forti, sensibili e affascinanti, passionali e vulnerabili allo stesso tempo. Di particolare rilievo tra le “eroine” di Artemisia in mostra troviamo Lucrezia (1620-25 circa, Etro Collection), Cleopatra (1633-35 circa, collezione privata), Clio, musa della storia (1632, di proprietà della Fondazione di Pisa, esposto a Palazzo Blu, Pisa), David e Betsabea (Columbus Museum of Art, Ohio: acquisito dal museo, Schumacher Fund), Giaele e Sisara (1620, Museo Szépművészeti / Museo di Belle Arti di Budapest) Susanna e i vecchioni (1622 The Burghley House Collection, Regno Unito), e il capolavoro ritrovato di recente Maria Maddalena in estasi (1620-25 circa, collezione privata europea), per la prima volta in mostra nel Regno Unito.