A Firenze, la mostra più prepotente che Fabio Viale abbia mai fatto
Conosco Fabio Viale da diversi anni (probabilmente anche voi che mi leggete, se vi interessate di arte contemporanea). Senza tanti giri di parole parliamo di uno dei migliori scultori sulla piazza, che si è distinto negli anni per aver realizzato straordinari trompe l’oeil in cui il marmo di Carrara, suo materiale prediletto, ha di volta in volta preso le sembianze di una gomma di un’automobile, di una cassetta di legno… ma non solo. I richiami all’arte classica sono sempre stati prepotenti, le rivisitazioni del mito in chiave moderna, con le statue che incontrano la contemporaneità magari facendosi tatuare come fanno i rapper (o i trapper).
Ebbene, a me è sempre piaciuto, non lo nascondo, e mi sono congratulato quando ha prodotto “La Superba”, scultura di bancali in marmo che gli è valsa il Premio Cairo.
Tuttavia, e non so se sarò in grado di argomentare bene quello che ho in testa, è come se fosse sempre mancato qualcosa. Il lavoro era da 9. Da 9 e mezzo. Mancava qualcosa e non sapevo cosa.
Proprio qualche giorno fa mi trovavo a Firenze per lavoro, e un caro amico mi ha chiesto di passare in galleria, in assoluta anteprima, per vedere cosa aveva combinato Fabio con l’ultima mostra. L’amico è Lorenzo Poggiali, la galleria è la Poggiali, accanto a Santa Maria Novella.
Sono felice di aver trovato il tempo di passare perché, credetemi, non è la solita mostra di Fabio Viale.
Intanto perché è raro trovare galleristi che si prendono la briga di scaricare tonnellate e tonnellate di marmo in centro a Firenze, alle 5 della mattina per non intasare il traffico, in uno spazio che per quanto accogliente non è certo la Tate, e decidono di fare quello che dovrebbe fare una galleria che si rispetti: cultura, non solo commercio.
In secondo luogo perché quella in corso nei prossimi mesi è senza dubbio la mostra più prepotente che Fabio Viale abbia mai fatto. Ed è la mostra che segna la sua completa maturazione verso un’arte universale.
Troverete gli spazi classici total white invasi dalle briccole veneziane in scala 1:1. Enormi pali di legno che vengono adoperati per attraccare le barche e periodicamente erosi dall’acqua. Uno dei più luminosi simboli di Venezia, interpretati con la consueta maestria, per cui senza toccarli direttamente è impossibile dire che si tratti di marmo.
Convince l’allestimento, convince la scelta del soggetto, convince la realizzazione. Non è quello che ci si aspetta da quell’artista, in quella galleria.
E pensare che costano poco di più di una briccola autentica (una palizzata completa per un hotel affacciato sul Canal Grande sta sugli 80mila euro). No, scherzo, singolarmente costano di più, ma qui ormai siamo in serie A, ed è meritato.
Infine, nello spazio secondario della galleria (quello parallelo alla via della trattoria dei 13 Gobbi, assoluta istituzione per andare a mangiare la Fiorentina) un’altra sorpresa. Una cascata di marmo, che nei suoi flutti cela statue greche e romane. Reperti di una poetica che Viale non solo non ha mai abbandonato, ma ha elevato.
Si tratta di una mostra che potrebbe essere allestita nelle più prestigiose gallerie americane. Sono felice che la ospiti invece la culla del Rinascimento italiano.
Il bello, il bello davvero, è che non c’è nulla da spiegare. Un’opera come questa va subita. Come una sberla. Banale, elementare, superficiale, ma reale, e molto vera.
Fabio Viale | Acqua Alta High Tide
Galleria Poggiali | Firenze
saggio di | essay by Sergio Risaliti
Opening 22 febbraio 2020
22.02. / 16.05.2020