Non solo architetto ma anche saggista, teorico e critico dell’architettura. Vittorio Gregotti si è spento domenica mattina, all’età di 92 anni, ricoverato per una polmonite da coronavirus. Un documentario ricorda la sua esperienza alla Biennale di Venezia, dove fu il primo a introdurre mostre di architettura.
Nato a Novara nel 1927, Vittorio Gregotti è stato uno dei padri della moderna architettura italiana. Tra i suoi numerosi progetti, il celebre quartiere Zen realizzato a Palermo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, la sede dell’Università della Calabria e il dipartimento di scienze dell’Università di Palermo, il Centro Culturale Belém a Lisbona. O ancora, gli stadi di Barcellona e Genova, le trasformazione dell’area della Bicocca a Milano (compreso il Teatro degli Arcimboldi) o il nuovo quartiere residenziale di Pujiang, in Cina.
Laureatosi nel 1952 al Politecnico di Milano, nel 1964 è stato responsabile della sezione introduttiva per la Triennale, mentre dal 1974 al 1976 è stato direttore delle arti visive alla Biennale di Venezia. Ricoverato da alcuni giorni all’Ospedale San Giuseppe di Milano in seguito alle conseguenze di una polmonite da Coronavirus insieme alla moglie Marina Mazza, l’architetto si è spento domenica mattina, diventando la prima vittima illustre della pandemia.