Senza Titolo. Le metafore della didascalia a cura di Anna Chiara Cimoli, Maria Chiara Ciaccheri e Nicole Moolhuijsen: la didascalia come strumento di mediazione e interpretazione dell’opera
Senza Titolo. Le metafore della didascalia a cura di Anna Chiara Cimoli, maria Chiara Ciaccheri e Nicole Moolhuijsen, realizzato in collaborazione con la fondazione Querini Stampalia.
Cosa ci dice la didascalia di un’opera? E come lo fa? La museologia più recente ci parla di didascalie critiche, “polivocali”. Chi dovrebbe scriverle? Che cosa includere, che cosa omettere? E soprattutto, come definirne la “correttezza” e valutarne l’efficacia?
La pubblicazione di questo libro fa parte di un percorso che la Fondazione Querini Stampalia di Venezia ha intrapreso da qualche anno e che, sotto diversi aspetti, intende preparare ad affrontare i processi di cambiamento necessari a far fronte alla crisi economica che ha duramente colpito le istituzioni culturali italiane, mettendone a repentaglio sostenibilità e identità. Oggi più che mai.
I risultati hanno confermato la necessità di valorizzare e comunicare in modo diverso le attività e i servizi della Fondazione, con l’obiettivo di rielaborare e attualizzare i tradizionali significati delle collezioni. Un lavoro svolto in termini di divulgazione e accessibilità, che rivede le strategie comunicative più tradizionali.
Tappa fondamentale di questo percorso è stata il corso “Le metafore della didascalia”, realizzato nel 2017: quattro giornate – rivolte a professionisti museali – sul tema della didascalia come strumento di mediazione e interpretazione dell’opera L’anno seguente un secondo corso – dal titolo “Museo. Ripensare il coinvolgimento dei pubblici” – ha confermato la direzione intrapresa in termini di ridefinizione dei compiti e del ruolo del Museo oggi.
«Le didascalie sono, nell’immaginario comune, un “luogo” di certezze, strumenti scientifici per eccellenza, precisi e definitivi. E la loro funzione? Chi dovrebbe occuparsi delle didascalie? Che cosa includere, che cosa omettere? Con che frequenza rinnovarle? In che fase il contenuto, da definire con i conservatori e i curatori, diventa un fatto di design, da demandare in larga parte a chi progetta l’impianto grafico del museo? E l’accessibilità: dovrebbe essere un prerequisito? Affidare, o forse co-progettare? Coinvolgere solo gli esperti o anche i visitatori? Quali fonti, e chi ne sancisce l’autorevolezza? E soprattutto, come definire la correttezza delle didascalie e valutarne l’efficacia?»
Senza Titolo. Le metafore della didascalia (edizioni Nomos) vuole così suggerire possibili nuovi percorsi per la progettazione e l’analisi critica di una didascalia. Tutte questioni che tengono conto delle caratteristiche di uno strumento in prima istanza comunicativo, del contesto in cui il suo messaggio si colloca, delle prospettive e degli obiettivi che il museo intende raggiungere in relazione al proprio target.
Il libro propone un’analisi sui limiti della libertà interpretativa, sulla necessità di una revisione costante, sulla componente cognitiva e neuroscientifica legata al fatto di leggere in un luogo in cui si è andati per guardare, e poi sulla dimensione grafica, su quella spaziale, e su molte altre ancora.
Il volumetto si chiude con un’interessante intervista a James M. Bradburne, architetto e museologo canadese. Negli ultimi vent’anni Bradburne ha realizzato mostre e progetti su incarico dell’UNESCO, di fondazioni private e di musei in tutto il mondo. Dal 2006 al 2015 è stato direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, ora è Direttore Generale della Pinacoteca di Brera.
«La didascalia è la somma di tutti gli atti intenzionali dei quali un’istituzione si serve per creare significato. Non è solo il testo, ma tutto quello che facciamo perché una persona capisca qualcosa, recepisca un significato, anche emozionale. Comprende non solamente la redazione di testi, ma ogni operazione che crei le condizioni per l’apprendimento informale».