Print Friendly and PDF

Arte balsamo della psiche. La quarantena degli artisti, Beatrice Meoni

That's me in the corner, 2020, olio su tavola, cm120x80, courtesy galleria Cardelli e Fontana. That's me in the corner, 2020, olio su tavola, cm120x80, courtesy galleria Cardelli e Fontana.
Beatrice Meoni
Beatrice Meoni

Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?

L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.

I tempi di Beatrice Meoni

Come passi la giornata, dove e come dipingi ora?

Quando è iniziato l’obbligo di rimanere a casa mi sono detta che le mie giornate non sarebbero state molto diverse da quelle di qualche mese fa. Sono piuttosto solitaria e la contiguità dello studio alla casa avrebbe potuto permettere, anche nei giorni di reclusione, di continuare quell’andirivieni dallo spazio domestico allo studio senza troppo influire nel mio lavoro, ma così non è stato. Quello che consideravo un vantaggio nel nuovo ordine dei giorni ha reso in realtà più difficile e non più facile, la relazione con la pratica.

I primi tempi, incapace di concentrarmi a lungo, mi sembrava di non possedere più un vocabolario. L’inquietudine prendeva subito il sopravvento e le ore in studio trascorrevano in un fare confuso. Erano giorni di domande in cui guardavo con sospetto ogni attività, ho ripreso in mano quasi ogni libro relativo alla pittura o ai grandi maestri, come a interpellare ogni loro gesto.
Era chiaro che il cambiamento esterno provocava questa sensazione, in cui l’essere testimoni del presente richiedeva, a mio avviso, un cambio di registro nel quotidiano, era difficile alterare le condizioni… Quindi il non cambiare abitudini rispetto a quello che la pandemia provocava nel mondo esterno complicava, non poco, le mie giornate, un paradosso ben analizzato da Slavoj Zizek in un suo recente articolo.

Con i giorni ho iniziato a lasciarmi completamente andare a quei sintomi di inquietudine e ho ripreso la pratica lasciando molto agli umori e alla giornata. Trascorro molto tempo a guardare e ad appuntarmi ogni movimento nello studio, ho ripreso un vecchio lavoro su stoffa che avevo lasciato arrotolato in un angolo e vado avanti.

Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…

Il paese è più silente intorno e il silenzio dilata lo spazio. Ogni tanto dalle finestre o dai balconi vicini mi arrivano le voci delle telefonate, i racconti di vite altrui in cui mi perdo per un attimo, poi ci sono i tutorial di ginnastica che arrivano da lontano e verso sera dalle finestre aperte dei ragazzi inglesi infondo alla strada arriva una musica che si fa largo nella strada vuota.
L’orologio dello studio scandisce il tempo come un metronomo, l’invito a rimanere a casa dall’autoparlante dell’auto della protezione civile riconduce alla realtà.

That's me in the corner, 2020, olio su tavola, cm120x80, courtesy galleria Cardelli e Fontana.
That’s me in the corner, 2020, olio su tavola, cm120x80, courtesy galleria Cardelli e Fontana.

Come la bacchetta del rabdomante registro in me ogni differenza, ogni movimento, ogni suono, senza ben sapere cosa ne farò.

Leggere, scrivere, riflettere, altro…

Leggo molto ma in maniera diversa, adesso sono più articoli che libri (di solito è il contrario) che vanno dalla cronaca politica, all’arte, alla letteratura.

Ho iniziato delle riletture molto lentamente: Immagini malgrado tutto, un libro di Didi Hubermann e un libro di Chiara Frugoni su San Francesco.

Quotidianamente mi soffermo su un’opera. Adesso sul mio tavolo c’è Giotto che non mi stanco mai di riguardare.
Sono stata sorpresa, nei primi giorni di chiusura, dall’attività instancabile di alcuni artisti, dalla produzione continua di opere, dalla giostra senza sosta dalle proprie case. Ho seguito per un po,’ poi mi sono allontanata senza rimpianti verso il silenzio in questo momento per me più naturale e congeniale continuando a scrivermi solo con alcuni amici, raccontando quel che passa e interrogandomi con loro sul futuro che si aprirà davanti a noi.

Prima cosa che farai quando finisce la quarantena?

La prima cosa che farò sarà andare a trovare mia madre e mia sorella, senza fretta, facendo strade di campagna, fermandomi al sole su quelle colline per raccogliere un mazzo di fiori di campo e annusare l’aria intorno a me.

Commenta con Facebook