Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?
L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.
I tempi di Marco Bettio
Come passi la giornata, dove e come dipingi ora?
Mi sono trasferito da qualche anno nel centro storico di Aosta con la mia compagna, artista anche lei (Sarah Ledda) con l’idea di vivere una realtà che avesse un respiro più lento rispetto a Milano e Torino dove vivevamo. Lavoriamo in casa, o meglio viviamo in studio, e quindi in superficie le cose non sono cambiate granché, nel senso che le giornate continuano a girare attorno alla pratica della pittura. In superficie, però, e questi quasi due mesi di reclusione hanno messo in luce l’evolversi dei valori e delle necessità. Inizialmente il punto principale è stato quanto veniva spostato o rimandato, come una mostra a Milano a marzo e una a Palermo ad aprile, con un “prima” che restava tale e quale ma che sarebbe stato messo in pausa per qualche settimana.
Col passare dei giorni, che diventavano settimane, in qualche modo si è creata una strana tranquillità di senso nella quale la pratica del dipingere, ancor prima del cosa dipingere, ha rappresentato per me il luogo e il modo per far fare fluire quanto mi arrivava dall’esterno. Credo che l’artista spesso non sia che un antenna che capta qualcosa restituendola attraverso un linguaggio criptato che è la pittura. Nell’ultimo mese sto dipingendo principalmente animali, scimmie, isolate e assurde sul palcoscenico di un teatro-circo nelle quali non posso non ritrovare me stesso, mio figlio, noi tutti oggi.
Poi alcuni piccoli Desideri, pasticcini fragili ma più potenti mi sembra, e mi perdo molto più di prima sulla composizione, sui margini, e soprattutto sulla tavolozza nel creare dei non colori, più scuri e al contempo più brillanti di prima, nei quali galleggiano questi soggetti.
Oltre al lavoro di pittore sto curando una mostra al Castello Gamba, il museo d’arte moderna e contemporanea della Valle d’Aosta, che inaugurerà a metà giugno e vedrà una selezione di artisti farsi promotori di una ripartenza ideale attraverso l’arte contemporanea in concomitanza con la riapertura dei musei.
Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…
Il camminare, qualcosa che per me è momento quotidiano fondamentale per bilanciarmi, per ritrovare un centro, in questo periodo si è fatto via via più complicato anche se non è mai cessato del tutto. La sensazione più forte viene dallo sguardo prima, e subito dopo dall’udito. Le vie prive di persone, soprattutto nelle scorse settimane, e il silenzio che aleggiava in una cittadina come questa, con architetture medievali tra resti romani, è qualcosa che ho trovato estremamente affascinante e inquietante al contempo, qualcosa che mi dà il senso del deragliamento sistematico nel quale viviamo oggi anche nella provincia.
Il tempo trascorso al lavoro occupa pressoché tutta la giornata, con vari momenti di scambio e di riflessioni condivise con Sarah tanto su quanto si sta facendo quanto sulle incertezze che si mostrano davanti a noi. La cosa che mi stupisce ogni giorno è la velocità con cui arriva la sera, come se il tempo avesse avuto un’accelerazione che proprio non immaginavo.
Leggere, scrivere, riflettere, altro…
La prima cosa che mi viene in mente, prima del leggere o lo scrivere, o della musica così importante per me, sono le telefonate infinite con Jacopo, mio figlio, che vive a Milano con la mia ex moglie. Le piccole cose quotidiane che diventano preziose per mantenere il nostro dialogo aperto nonostante non ci si possa vedere passano attraverso telefonate che durano ore e diventano piene di risate e di cazzate capaci di rincuorare lui che così rincuora me.
Nell’ordine poi direi la musica e lo scrivere, appunti e riflessioni che spesso esauriscono la loro ragione d’essere nell’atto di essere scritti, mentre la lettura ora porta la mia testa a distrarsi in tempi rapidissimi.
E’ tempo di poesia, questo, a questo sono giunto, un tempo fatto di intuizioni poetiche più che analitiche, che stavano nella penombra, fragili, interstiziali, che ora si mostrano avendo modo di farsi sentire e comprendere, e che poi accompagnano il dipingere e il senso di progetti futuri.
Prima cosa che farai quando finisce la quarantena?
La prima cosa che farò sarà sicuramente vedere e stare con mio figlio, accompagnata al desiderio di fare passeggiate con Sarah tra queste montagne straordinarie e di prendere la macchina e guidare a lungo.