Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?
L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.
I tempi di Alessandro Scarabello
Come passi la giornata, dove e come dipingi ora?
La giornata è scandita in tre parti, la mattina sto con i figli mentre mia moglie lavora, il pomeriggio ci diamo il cambio e vado in studio. Sono 10 minuti a piedi da casa mia. In questo senso mi ritengo fortunato. Molti altri colleghi non possono lavorare in questo momento. In studio le cose non sono cambiate molto, la modalità di lavoro è quasi la stessa ma differisce dal pre-coronavirus per il mio stato mentale, che ora è evidentemente più affollato di pensieri.
A parte questo, la reperibilità dei materiali potrebbe essere un problema, gli ordini si fanno on line e qualche volta non si trovano alcune cose indispensabili. A me va a genio perchè mi costringe a trovare altre soluzioni. Lavorare con poco può dare grandi risultati.
Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…
Il tempo che passo in studio è un tempo strano, dilatato. Si lavora diversamente, sapendo che non ci sarà presto un pubblico che vedrà quello che fai. Non c’è quell’eccitazione da performance, lo fai realmente per te stesso e questo da accesso a livelli diversi di comprensione sulla propria ricerca.
È un confronto forte, inaspettato. Interrottasi la connessione continua con il fuori, adesso siamo costretti ad ascoltare la voce interiore, ed è un altro affare, ci vogliono nervi saldi, non si può evitare.
Leggere, scrivere, riflettere, altro…
Cerco di gestire al meglio il presente. Senza troppa ansia e pressione per il dopo. Provo a dargli qualità. Trascorro più tempo con i miei figli, non senza fatica, leggo e certamente rifletto su molte cose. Questo particolare momento può rivelarsi l’occasione giusta per lavorare sul proprio senso critico e coltivarlo come portatore di obiettività per le scelte che faremo da ora in poi. Potrebbero avere più senso ai nostri occhi ed essere più convincenti. Gli individui vivono ormai sempre più di aspettative ma il virus ne ha interrotto il flusso e ha creato un netto spartiacque.
Questo vale anche per l’arte. Anche se si avverte un cambio di rotta, forse più consapevole, verso un ritorno a concetti più autentici, penso che tuttora, come artisti, sprechiamo troppe energie nel soddisfare le aspettative di un contesto che chiede political correctness, io non faccio male a te e tu non fai male a me, io ti metto “like” perché mi aspetto che tu mi metta “like”. Ma quand’è che l’arte è diventata cosi cauta? Credo sia fondamentale sbarazzarsi di questa mentalità imposta dal social network, che nebulizza il dissenso, censura la critica e scarta l’anomalia. Credo sia possibile il ritorno a un confronto creativo tra individui solo se si rifiuta il concetto di consenso.
Prima cosa che farai quando finisce la quarantena?
Ricomincio a camminare molto.