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Arte e Social Network (2). Fiere, gallerie e nuovi scenari post pandemia: qualità e ridimensionamento

Da: #ARTISTSINQUARANTINE @artistsinquarantine #ARTISTSINQUARANTINE
Giada Pellicari, Federico Bartolini, Diego Bergamaschi, Mauro De Iorio
Giada Pellicari, Federico Bartolini, Diego Bergamaschi, Mauro De Iorio

Secondo appuntamento di “Arte e Social Network”, un lungo e proficuo dialogo tra tre importanti collezionisti italiani appartenenti a tre generazioni diverse (Federico Bartolini, Diego Bergamaschi, Mauro De Iorio) con Giada Pellicari, curatrice (anche) del progetto ARTISTSINQUARANTINE. Tema centrale della discussione il rapporto tra l’arte contemporanea e i social (Instagram su tutti) dalla prospettiva di un art collector. La visita ai profili degli artisti, la comunicazione delle gallerie, le online viewing rooms…

PRIMA PARTE – Artisti e Instagram

PARTE TERZA – Progetti e piattaforme per collezionisti

Giada Pellicari: Ultimamente è cresciuto il numero delle Viewing Room, prima di alcune gallerie -vedasi Gagosian- poi delle fiere. Ora, con le fiere cancellate, questo espediente è stato utilizzato ancora di più e, in alcuni casi, si è sostituito per necessità. Cosa ne pensate? Le visitate in generale e le state visitando ora?

Federico Bartolini: È un modo eccellente per vedere arte. Io le guardo.

Diego Bergamaschi: Le sto guardando anche io in questi giorni, ma solo se l’artista o la galleria mi interessano. Diciamo che sono molto indirizzato già nelle scelte, rispetto a una navigazione generica.

Mauro De Iorio: Ne penso molto bene. Viva le fiere virtuali. Puoi visitarle in incognito senza doverti fermare a ogni passo per salutare amici galleristi che ti propongono opere che non ti interessano. Mentre, con le gallerie internazionali, a volte succede il contrario. Se chiedi la disponibilità di opere che veramente ti interessano sono quasi sempre riservate.

Federico Bartolini: Assolutamente d’accordo!!! È cosi. In questo modo siamo un po’ più rilassati!

Giada Pellicari: Di questo Mauro, me ne parlavi anche al telefono. Quanto invece ti senti più libero tramite Instagram e le Viewing Room?

Mauro De Iorio: Confermo quello che ti ho detto. Mi sento più libero. Adesso sarà anche l’effetto Coronavirus. Preferisco starmene a casa a guardare in tranquillità ed eventualmente acquistare. Le fiere, specie le più grandi, sono diventate stressanti.

Giada Pellicari: Quindi le fiere per voi stanno diventando un motivo di stress, invece che di interesse?

Diego Bergamaschi: Alle “guerre” io faccio solo appuntamenti con artisti, curatori, giornalisti e anche galleristi.Mi danno del pazzo, ma il format nuovo e più geniale sarebbe la fiera senza opere. Solo I-Pad e salette riunioni. Meno costi e tanto business.

Federico Bartolini: Sì, è una guerra. L’interesse è indiscutibile, però è impegnativo. Non solo per visitare gli stand. Io ho fatto caso che, alla fine, mi trovo sempre a girare attorno sempre alle solite gallerie. Voi? L’utilità della fiera è un tema. Molte gallerie sembrano non credere più in questo format. Poi sapete, se un gallerista vende, allora viva le fiere. Altrimenti è il contrario.

Mauro De Iorio: Le fiere che non mi deludono mai, per adesso, sono Liste e Paris Internationale. Ricordo con piacere Gran Palazzo, specie le prime due edizioni.

Vera Portatadino, Beauty is in the Eye
Vera Portatadino, Beauty is in the Eye of the Beholder, olio su tela, 30 x 40 cm, marzo 2020 Da: #ARTISTSINQUARANTINE @artistsinquarantine
https://www.instagram.com/p/B-FwSK0o0Vy/

Giada Pellicari: Sarò provocatoria. Io credo che le fiere siano lo spazio per le relazioni, internet lo spazio per la vendita. In altri casi, organizzi Viewing Room.

Federico Bartolini: Sì. E la mostra in galleria che spazio ha?

Giada Pellicari: La mostra in galleria dovrebbe mettere in luce la ricerca della stessa. E degli artisti. Credo che dovremmo arrivare a un nuovo concetto di galleria ed evolvere il tutto. Anche perché la verità è che la maggior parte di loro è in difficoltà.

Federico Bartolini: Molti galleristi con cui spesso ragiono sono per il ritorno alla pura mostra in galleria e rallentare con le fiere. Purtroppo sulle difficoltà hai ragione, poi mettici questo coronavirus. Inevitabilmente anche le aste hanno il loro peso. Sono molte e, in alcuni casi, uccidono sia il mercato sia gli artisti.

Mauro De Iorio: Le aste non mi interessano. Non mi entusiasma il clima di speculazione.

Federico Bartolini: Non entusiasmano neanche me.

Diego Bergamaschi: Idem come sopra.

Mauro De Iorio: Le gallerie sono imprescindibili, oltre agli artisti naturalmente. Il futuro è un rapporto sempre più stretto tra il collezionista e le sue gallerie di riferimento.

Federico Bartolini: Sì, è quello che penso. Io amo questo rapporto di complicità con le gallerie. Ho dei mentori e li seguo. Ai posteri l’ardua sentenza.

Giada Pellicari: Le gallerie sono importanti perché fanno la ‘prima selezione’. Credo siano fondamentali ai fini di ricerca e di supporto degli artisti. Federico, intendi mentori come ricerca o hai anche già visto dei ritorni economici? Oppure quelli non ti interessano?

Federico Bartolini: Mentori come ricerca. I ritorni mi interessano fino a un certo punto. Se ami l’arte, l’arte ama te. Comunque, non mi lamento. A parte gli errori genuini iniziali. Che poi non sono errori.

Giada Pellicari: Credo che ognuno inizi a suo modo, poi il senso della collezione forse si vede con il tempo, no? La si costruisce a mano a mano.

Federico Bartolini: Assolutamente si. Io almeno ho preso una direzione precisa. Alla fine casco sempre li.

Giada Pellicari: Tocchiamo brevemente la questione del virus che, forse, sta velocizzando un qualcosa che stava già accadendo. Ovvero lo spostamento di tutto nello spazio online. La differenza è che ora siamo quasi ‘obbligati’ all’iperconnessione. Come vedete il post-pandemia?

Federico Bartolini: Ci sarà una forte scrematura. Anche i prezzi forse scenderanno.

Mauro De Iorio: Come il cambiamento climatico con le sue conseguenze causato dai nostri sconsiderati comportamenti, pure questa pandemia, che ci ha dato un senso di impotenza di fronte a un nemico invisibile, ci costringe a una riflessione sulla nostra scala di valori e sul nostro modo di vivere. E anche il mondo dell’arte subirà una doccia fredda. Sarà ridimensionato, soprattutto nei suoi aspetti deteriori.

Federico Bartolini: Ne usciremo cambiati. Spero in meglio.Sì, come accennato, stava già tutto accadendo e questo maledetto virus non ha fatto altro che accelerarne l’evoluzione. Ad esempio, stanno arrivando in questi giorni Viewing Room di Art Basel Hong Kong da parte di gallerie. Si tratta già di un segnale importante. Magari in futuro sarà solo così.

Andrea Chiesi,
Andrea Chiesi, Eschatos D9, Inchiostro su carta, 25 X 35 cm, 2019
Da: #ARTISTSINQUARANTINE @artistsinquarantine
https://www.instagram.com/p/B9wl1IuIA_P/

Giada Pellicari: Mauro, quali aspetti ‘deteriori’?

Mauro De Iorio: Gli aspetti speculativi. Le manipolazioni delle gallerie più importanti a livello mondiale che controllano il mercato e condizionano anche la critica.

Giada Pellicari: Questo si riassocia al mondo delle aste che, infatti, non ti piace. Di solito, quindi, non compri dai cosiddetti big player? Credi che Instagram abbia un po’ parificato la situazione?

Mauro De Iorio: Cerco di comperare le opere che mi piacciono. Se sono trattate da grandi gallerie ci provo lo stesso, pur sapendo che difficilmente saranno disponibili e, comunque, avranno prezzi gonfiati. L’importante è comperare gli artisti quando sono trattati da gallerie di media grandezza o, meglio ancora, da gallerie di ricerca.

Federico Bartolini: Io mi affido alle gallerie di media grandezza. I big player sono fuori dalla mia portata, anche se chiedo.

Mauro De Iorio: È il rapporto con le gallerie di ricerca che dà più soddisfazione, perché si creano rapporti di stima reciproca e di amicizia.

Giada Pellicari: Io, invece, temo che i big player avranno un piccolo scossone, ma poi si riassesteranno. Chi invece avrà delle problematiche ulteriori saranno le medio-piccole gallerie. Che ne pensate?

Federico Bartolini: Credo che il problema sarà a tutti i livelli. Non solo per le piccole, che sicuramente soffriranno ancora più di qualche mese fa. Ci vorrà tempo per l’intero ambito per recuperare.

Diego Bergamaschi:Nel post disastro la socialità si riprenderà gradualmente e anche il mercato si riporterà ai livelli pre-crisi. Non so se faremo tesoro di quanto è successo. Ci sto pensando. Le gallerie piccole sono aziende pseudo familiari con 4/5 dipendenti. Piccole e flessibili. Le grandi sono delle SPA con 50/100 dipendenti e costi fissi inauditi. Vedremo.

Federico Bartolini: È la loro forza. Si creano delle condivisioni stupende. Il sale dell’arte.

Diego Bergamaschi: Sul tema gallerie grandi e piccole vi racconto un aneddoto che mi aprii gli occhi tempo fa. Cercavo un artista mid-career inglese famoso, ma ancora abbordabile. Sono stato a Londra per vederne i lavori. Ero anche raccomandato.Sono stato introdotto a una ragazzetta che mi presentava i lavori come un venditore potrebbe presentare le scope elettriche. Ad un certo punto un lavoro glielo ho spiegato io a lei, giuro.

Giada Pellicari: Non avevo dubbi.

Diego Bergamaschi: Seconda parte. Parigi, galleria piccola. La gallerista mi ha parlato del lavoro del suo artista con una competenza e passione che sono rimasto totalmente estasiato.

Morale: fate voi. Eppure se avessi comprato dagli inglesi avrei avuto gloria ed onori. Cene e ricevimenti reali.

Mara Oscar Cassiani, Ultra commenting is the new existing, Web, 2018 Da: #ARTISTSINQUARANTINE @artistsinquarantine https://www.instagram.com/p/B92T2ZUIqcW/
Mara Oscar Cassiani, Ultra commenting is the new existing, Web, 2018
Da: #ARTISTSINQUARANTINE @artistsinquarantine
https://www.instagram.com/p/B92T2ZUIqcW/

Giada Pellicari: Mauro, per gallerie di ricerca cosa intendi? Ti riferisci a quelle che trattano i giovani?

Mauro De Iorio: Non necessariamente giovani.Per me Zero…, Guido Costa Projects, Kraupa-TuscanyZeidler o Gregor Staiger, etc sono gallerie di ricerca.

Diego Bergamaschi: Vero. L’unico difetto delle gallerie di ricerca è che se la tirano un po’ e per un’autentica ti fanno venire l’orticaria.Però, lì percepisci la stessa differenza che sentiresti tra il comprare da un sarto napoletano e da Gucci a Milano, dove ti serve una ragazzina cinese di 24 anni.

Giada Pellicari: Torniamo ai Social. Cosa pensate delle loro pagine Instagram? Quali sono le pagine di gallerie che guardate con più curiosità?

Mauro De Iorio: Nino Mier, Boccanera, David Kordansky, Eva Presenhuber, Spazio A, Massimo De Carlo, Gavin Brown, 47 Canal, Antoine Levi, Andrew Kreps, Neu, Michael Werner, Emanuel Layr.

Federico Bartolini: Per le italiane: Noero (tra le mie preferite), Zero… anche se pubblica poco, Madragoa, Fanta, Fuori Campo. Straniere: Zeno X, Casey Kaplan. Bravissimi.

Giada Pellicari: Diego?

Diego Bergamaschi: Dunque. Parliamo di pagine social, o di gallerie?

Giada Pellicari: Pagine social di gallerie.

Federico Bartolini: Io di pagine, ma poi inevitabilmente li contatto.

Diego Bergamaschi: Allora, avete elencato tante gallerie validissime, ma non sono convinto dei loro profili social o in generale della loro politica di comunicazione. Io vado con i profili migliori, a mio parere. Chiaramente: Emanuel Layr.

#ARTISTSINQUARANTINE
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Giada Pellicari: Se doveste definire degli stili Social, vi interessano maggiormente quelli che mostrano la vita delle gallerie, gli opening etc, oppure opere pure e descrizioni?

Mauro De Iorio: Tutto. Ma in primis le opere.

Federico Bartolini: Le opere! Poi gli opening hanno sempre il loro perché. Di base, però, mi deve interessare l’artista.

Giada Pellicari: Federico, a te piace anche scrivere. Quanto è importante la narrazione su Instagram?

Federico Bartolini: Per me i social sono un veicolo. Mi diverto con il mio blog: http://federicobartoliniartolico.blogspot.com

Non è professionale, di certo. E si vede. E’ nato da un’esigenza. I miei amici non capivano perché mi interessassi all’arte. E io non capivo loro. Così, come segno di protesta, l’ho aperto.

Diego Bergamaschi: Appunto, forse dovremmo dividere il cluster di gallerie interessanti da quelle di cui ci piace l’attività social, non credete?

Federico Bartolini: Sì.

Diego Bergamaschi:Da quel punto di vista, sono più interessanti tanti Artist Run Space, credetemi. Sapete perché non me ne vengono in mente? Io seguo pochissime gallerie.

Giada Pellicari: Ci sono tuttavia alcune gallerie che applicano metodi di storytelling, altre riportano solamente delle didascalie, altre che, invece, hanno delle descrizioni molto lunghe. Quanto contano i testi?

Federico Bartolini: Sto pensando che se le gallerie non sono così accattivanti sui social, forse è perché non hanno interesse a esserlo?

Diego Bergamaschi: Bravo. Vendono uguale. Non ne hanno capito la potenzialità.

Federico Bartolini: Giada, i testi contano, ma non troppo quando sono fortemente presenti il lavoro e, chiaramente, l’artista. Alcune volte il collezionista è più preparato del gallerista.

Diego Bergamaschi: Per me, su IG i testi KO. Su Facebook, forse. Ma chi guarda arte su Facebook? Mia nonna. Ora esagero. Chi ha i profili migliori su IG sono gli artisti. E le gallerie dovrebbero appaltargli social e comunicazione, come Leggeri faceva con gli artisti per costruire case e palazzi. Troppo utopico? Guardate, ad esempio, Amalia Ulman o Lili Reynaud Dewar.

Federico Bartolini: È così. In generale, per l’arte Facebook è moscio. Diego, idea da rivendere.

Diego Bergamaschi: Tutta la vita Alvigini.

Giada Pellicari: Quindi i testi non vi interessano?

Diego Bergamaschi: Uno si scarica il comunicato a parte.  Voglio al massimo a corredo dell’immagine nome, artista e titolo opera. Se la tua immagine è ben costruita, colpisce a prescindere dal testo. Siamo su IG, non alla Sorbona.

Federico Bartolini: Credo che chi segua le gallerie su IG abbia già un bagaglio personale. I testi non so se interessino. IG fa una selezione, se vogliamo, in autonomia.

Mauro De Iorio: Instagram non nasce per pubblicare testi, le storie funzionano bene, è una comunicazione per immagini. Immagini che sono forti se comunicano emozioni. I testi non li leggo. La critica non mi interessa. Tranne rari casi.

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