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Shatush. Sfumature di cronaca di Molino & Lucidi #1

Molino & Lucidi

Shatush

Sfumature di cronaca

di Molino & Lucidi

con

(in ordine alfabetico)

Leon Battista Alberti, Bonvi, Cattivik, il Comandante, il Conte, Yanez de Gomera, Elisabetta I d’Inghilterra, Huckleberry Finn, Ernest Hemingway, Pier Luigi Nervi, Ricchi e Poveri (e ancora in ordine alfabetico: Angela Brambati, Franco Gatti, Angelo Sotgiu), Mario Ridolfi, Emilio Salgari, Sandokan, Tom Sawyer, Sturmtruppen, Mark Twain, Vitruvio, Bruno Zevi.

Anche se il Conte ne è il proprietario, la vera persona che tutti ascoltano è il Comandante della nave, un tipo corpulento dai modi rozzi e poco ortodossi seguito ciecamente ed incondizionatamente dall’equipaggio anche di fronte a scelte strategiche non proprio brillanti. Sono gli anni in cui i corsari depredano al soldo della Corona britannica, gli anni dove la regina Elisabetta I d’Inghilterra può insignire del titolo di baronetto anche il più violento tra i pirati.[1] Ecco il Comandante non diventerà mai baronetto perché il Conte, dai modi più gentili ma non per questo poco efficaci, col passare del tempo e sfruttando un clamoroso errore del rivale riesce a farsi guida indiscussa della nave. Il personaggio secondario che diventa protagonista come nei migliori romanzi picareschi. “Tutta la letteratura americana moderna discende da un libro di Mark Twain intitolato Huckleberry Finn [2]” scrive Ernest Hemingway. Huckleberry Finn e non Tom Sawyer.

La regina è sontuosa nel suo ampio abito damascato che va stringendosi fino all’inverosimile in un corsetto che le tortura la vita per poi fiorire in una grande gorgiera [3] di lino bianco. C’è da dire che la vestizione è un vero tormento ma indumenti come questo hanno anche i loro vantaggi: è praticamente impossibile per i suoi sudditi avvicinarsi a lei a meno di un metro di distanza e questo le evita notevoli seccature.

Occorre ammettere che il guardaroba di sua maestà è alquanto altezzoso. A proposito, l’accademia della Crusca concorderà che il regale espediente per non entrare a stretto contatto con il resto della corte può essere classificato senza azzardo come distanziamento sociale [4] e non come quel classico rimedio anti pandemico descritto come distanza interpersonale [5] cioè quell’insieme di azioni che ti fanno credere di vivere all’interno del De architectura vitruviano o in un trattato di Leon Battista Alberti.

Il discendente diretto degli antichi trattati è senza ombra di dubbio il Manuale dell’Architetto, redatto in Italia nella prima metà dell’ottocento, ma divenuto famoso negli anni sessanta, quando alla sua stesura contribuiscono i più importanti architetti e ingegneri dell’epoca come Mario Ridolfi, Pier Luigi Nervi e Bruno Zevi. Un mattone [6] di migliaia di pagine pieno di misure e norme da rispettare arricchite da tavole grafiche [7] e numeriche; un grande peso da portare sulle spalle per tutti gli studenti di architettura degli anni a venire.

Il problema del peso sulle spalle nei giovani non è da sottovalutare soprattutto negli anni ottanta e novanta quando l’uso palesemente improprio degli zaini più alla moda [8] contribuisce all’incremento di deformazioni come la scoliosi.[9] E nonostante all’interno non vi si trovi di certo il Manuele dell’Architetto ma per lo più diari gonfi di sogni e citazioni. Vanno di moda quelli dei calciatori, dei personaggi di Bonvi, le Sturmtruppen o Cattivik e dei recenti e grandi sceneggiati televisivi Rai come Sandokan. Lo stesso Sandokan di cui Salgari ad un certo punto si stanca declassandolo a ruolo di spalla in favore del più simpatico e mitico corsaro Yanez de Gomera, l’eterno e fedele compagno di tante avventure.[10] Come da migliore tradizione picaresca.


 

 

 

 

Simona Molino e Matteo Lucidi lavorano insieme dal 2008 utilizzando diversi linguaggi espressivi per lo più installazioni, performance e video. La loro formazione spazia dall’Architettura, al cinema alla pedagogia. Vivono e lavorano a Berlino. Con i loro lavori mettono in luce ed amplificano le capacità narrative della realtà, della cultura globale, delle relazioni e dei condizionamenti sociali. Giocare con le dualità, le opposizioni, i punti di vista doppi è parte integrante della natura e della ricerca degli artisti che amano sollecitare forze molteplici e contrastanti. I loro lavori formalmente diversi tra loro per la molteplicità dei media utilizzati, sono per lo più osservazioni della cultura sociale e materiale. Prendere in esame singoli oggetti genera una riflessione induttiva che si concretizza attraverso un percorso polisemico dove l’interpretazione dell’osservatore è elemento necessario per la comprensione del lavoro. Le contraddizioni e le relazioni tra i luoghi, l’influenza della società sul singolo, i condizionamenti imposti dal background culturale sono elementi in qualche modo presenti in tutti i loro lavori.

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