L’istituzione ha affermato che non ci sarebbe stato modo e tempo per organizzare la mostra dei finalisti in autunno e quindi hanno preferito sospendere il premio per quest’anno assegnando dieci borse di studio del valore di diecimila sterline.
In tempi normali in questi giorni sarebbe dovuta uscire la short-list con i nomi dei finalisti del più prestigioso riconoscimento artistico del panorama internazionale, il Turner Prize, invece la notizia che ci troviamo a commentare è di tutt’altro tenore e in fondo anche pronosticabile. Le difficoltà logistiche in primis hanno costretto la Tate a inventarsi qualcosa di diverso per l’edizione 2020. Infatti la giuria composta da Richard Birkett curatore dell’Institute of Contemporary Arts, Sarah Munro direttrice del Baltic Center, Fatos Üstek direttore della Biennale di Liverpool e Duro Olowu designer e curatore nel mese di giugno si riunirà virtualmente, come d’uso e costume di questi tempi, per decidere i dieci artisti ai quali assegnare le diecimila sterline previste. Il che rappresenta anche uno sforzo economico maggiore da parte dell’istituzione, visto che al vincitore del Turner Prize ne sono destinate “solamente” venticinquemila.
Quindi dopo l’edizione 2019 che ha visto trionfare contemporaneamente Helen Cammock, Oscar Murillo, Tai Shani e Lawrence Abu Hamdan cioè tutti i finalisti dell’edizione su proposta diretta degli stessi, il 2020 segnerà un buco significativo, anche se Alex Farquharson, direttore della Tate Britian, tiene a sottolineare che non vede l’ora del 2021 per tornare ad ospitare il premio nato nel 1984. Negli anni il Turner Prize è stato assegnato ad artisti che ormai sono tra i più importanti e famosi della scena contemporanea, tra i quali possiamo ricordare: Gilbert & George (1986), Anish Kapoor (1991), Rachel Whiteread (1993), Antony Gormley (1994), Damien Hirst (1995), Steve McQueen (1999), Grayson Perry (2003) e Jeremy Deller (2004).