Gillo Dorfles, il leggendario critico d’arte, artista, intellettuale, che ha attraversato la storia italiana per un secolo e quasi otto anni, è il protagonista di Ultra-Dorfles, in onda su laF sabato 11 luglio, alle 22.10. Il docu-film, prodotto nel 2018 (anno della morte di Dorfles) per la regia di Gabriele Raimondi, racconta con rare immagini la lunghissima vita del critico. A punteggiare le sue acute ed originali affermazioni sono coloro che hanno osservato il personaggio da vicino: i critici Lea Vergine, Vittorio Sgarbi, Vincenzo Trione e Luigi Sansone, il semiologo Ugo Volli, gli architetti Alessandro Mendini, Vittorio Gregotti e Mario Bellini, il filosofo Aldo Colonetti e lo storico d’arte Massimo Carboni.
Angelo “Gillo” Dorfles nasce nell’aprile del 1910 nella Trieste austro-ungarica, dove conosce personalmente Italo Svevo e Umberto Saba, e muore nel marzo del 2008 a Milano, dove ha vissuto e lavorato fin da ragazzo. Laureato in medicina e avviato alla carriera di psichiatra, da giovane si appassiona alle discipline esoteriche, mantenendo Goethe (nel 1933 scrisse il saggio “Goethe, grande disegnatore”), Jung e Rudolf Steiner come maestri ideali per tutta la vita. Ma, come per tanti grandi anziani che hanno dato lustro al nostro paese, la chiave della longevità e della chiarezza di pensiero di Dorflesrisiede nella curiosità per ciò che lo circonda.
Così spiega nel corso del documentario: “È molto importante che un critico si renda conto del cambiamento. L’arte cambia ogni settimana”. Dorfles ha esercitato fino all’ultimo anche l’agilità delle mani, oltre a quella del pensiero: ha presentato i suoi ultimi quadri nel 2017, all’inaugurazione della Triennale di Milano, e nel film de laF lo vediamo suonare il pianoforte con destrezza. Con l’ironia che lo caratterizzava, parla della sua pittura: “Per fortuna, come critico, non posso criticarla. Così continuo a credere che valga qualcosa”, spiega. Poi, parlando della sua attività di critico d’arte, riferisce di dire sempre la verità, anche severamente, perché “Gli artisti sono anche troppi. Meglio che non continuino”.