Elena di Euripide sbarca al Teatro Nazionale di Genova con la regia di Davide Livermore. In scena fino al 12 ottobre
Verso la fine della sua carriera, nel 412 a.c. Euripide manda in scena Elena, una tragedia che si può definire sui generis, in quanto il dio Ermes, citato a metà prologo, già promette il lieto fine.
Il dramma che sembra vertere sull’intrigo – burla seguito da una fuga per mare da parte delle protagonista e suo marito Menelao in realtà nasconde un nucleo intimamente e profondamente tragico, il problema dell’identità. Elena è vittima di una fama che non è sua, in quanto ha un doppio che agisce per lei. Per quest’altra Elena, Greci e Troiani si sono scannati per dieci anni. Per quest’altra Elena, quella vera è oramai odiata dai suoi connazionali greci che la credono una traditrice. Per quest’altra Elena, lei, la vera, risulta quello che non è veramente. Come si può convivere con un peso del genere? Ed ecco che a questo punto la tragedia esce fuori anche se c’è il lieto fine.
Davide Livermore non a caso è uno dei registi più richiesti dai teatri d’Opera di tutto il mondo. Le sue regie d’opera sono qualcosa di strabiliante e affascinante, lavori di grande intuito creativo. E Livermore ha affrontato la sua “Elena” nello stesso modo in cui affronta le opere liriche. Lo spettacolo, che ha aperto la Stagione del Teatro Nazionale di Genova ieri sera, martedì 29 settembre 2020, potrebbe tranquillamente essere un’opera lirica come uno show televisivo. All’interno di questo gigantesco lavoro troviamo un maxischermo a led, abiti di paillettes, una poltrona telecomandata, due costumi settecenteschi, un coro tutto al maschile che stappa champagne, baci appassionati, un grande relitto di nave su ruote e un grande specchio d’acqua che occupa tutto il palco.
Elencato tutto ciò rimane decisamente poco della classicità della tragedia di Euripide se si pensa soprattutto al concetto di filologico che, come affermato dal regista stesso alla presentazione, avrebbe dovuto prevalere in questa rilettura.
I protagonisti del dramma si trascinano con le vesti inzuppate in quel lago scuro. Riescono anche a danzare con piedi e gambe fradici (molte le coreografie eseguite dal Coro), tutto per raccontare il mito di Elena al contrario di quello che leggiamo sui libri di storia. Un mito che viene capovolto. La colpa di Elena, motore di una lunga catena di dolori ed eventi tragici, non esiste. Una trama che ribalta tutto quanto raccontato precedentemente e con un lieto fine che riporta ad una vita normale la celebre coppia regale.
A raccontarci la sua storia a inizio spettacolo è proprio lei, Elena, prima sullo schermo e poi dal vivo. Laura Marinoni fa il suo ingresso in scena interpretando un’inedita Elena vestita oltre che di paillettes dorate anche di grande sensualità, ironia e caparbia. E’ una Elena casta e devota alla memoria del marito lontano, così diversa dalla sua abituale immagine di maliarda traditrice. Il mito della doppia Elena è qui continuamente sottolineato dai riflessi dell’acqua e da giochi di specchi.
Nello svolgersi della trama che vede una grande mescolanza tra tragedia e commedia, Livermore gioca calcando la mano sui toni ironici e grotteschi, portando situazioni e personaggi ai limiti del surreale. Il Re Teoclimeno (Giancarlo Judica Cordiglia), che dovrebbe essere il malvagio della storia, è agghindato con vesti settecentesche. I suoi toni forzatamente leziosi sono accompagnati dal suono di violini con costanti richiami alla reggia di Versailles. Non c’è nulla di filologico in questa interpretazione, come non vi è nelle movenze dei ragazzi del coro che accennano passi di danza spagnola non si sa bene per quale richiamo.
Un lungo maxi schermo alle spalle degli attori trasmette immagini di cielo, di stelle, di onde – placide, minacciose, tinte di rosso per il sangue degli uomini morti in quel mare, mentre la musica originale del compositore Andrea Chenna ha un ritmo battente, ipnotico, incessante, che il più delle volte distrae dall’ascolto della recitazione.
Indubbiamente non si può negare che lo spettacolo regali delle suggestioni. Ma sono suggestione più da show televisivo che da teatro. Il “teatro”, termine complesso che cela significati nascosti, che oltrepassano e squarciano la materialità, che unisce lo spazio fisico alla metafisicità della rappresentazione, non ha bisogno di questo. Riconosciamo quindi a Livermore quel coraggio che ha sempre dimostrato nel suo azzardare. Sono notevoli le sue capacità di mescolare la tecnologia alla storia antica, ma il risultato è solo semplicemente ”spettacolare”.
Elena è in scena al teatro Ivo Chiesa di Genova fino al 12 ottobre 2020.