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L’arte è liberazione, l’artista un testimone, il nuovo libro di Montanari e Bigalli

L'arte è liberazione L'arte è liberazione
Firenze, Chiesa di Santa Maria del Carmine, Cappella Brancacci, Storie di San Pietro, Masaccio.
Firenze, Chiesa di Santa Maria del Carmine, Cappella Brancacci, Storie di San Pietro, Masaccio.

La buona arte non può essere immorale. Per buona arte intendo l’arte che porta una vera testimonianza, intendo l’arte che è più precisa.” EZRA POUND

Che cos’è l’arte? Chi può essere definito un artista? Qual è lo scopo del processo di produzione di un’opera d’arte?

A quest’ultima domanda, darei la seguente risposta: il fine dell’attività artistica è portare testimonianza, una dichiarazione su ciò che è accaduto e di cui si è stati spettatori. Di conseguenza, il soggetto che rende la dichiarazione, cioè l’artista, è un testimone. La documentazione consapevole di un episodio, una circostanza o un fatto, arreca inevitabilmente, necessariamente, una emancipazione del soggetto testimone: la sua liberazione e indi la liberazione – riscatto e affrancazione da una condizione di non sapere – dei soggetti a cui egli porta testimonianza.

L'arte è liberazione
L’arte è liberazione

La redenzione – che nel Cristianesimo indica il sacrificio di Cristo, figlio di Dio, per liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato e del male,“per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone” (Lettera a Tito 2:14; cfr. Lettera ai Romani 7) – che il testimone determina è fonte di liberazione e salvezza per il popolo destinatario.

Ebbene, possiamo giungere alla seguente conclusiva definizione: arte è liberazione.

Questo il titolo del libro scritto a due mani – entrambe fiorentine – quella di Tomaso Montanari, uno dei più autorevoli e stimati esperti di storia dell’arte europea dell’età barocca e professore ordinario di Storia dell’arte moderna all’Università per gli stranieri di Siena e quella di Don Andrea Bigalli, parroco dal 1995 a Sant’Andrea in Percussina, docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Toscana, giornalista, critico cinematografico e opinionista presso Radio Toscana e referente regionale di LIBERA – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.

Il libro, edito da Edizione Gruppo Abele, si configura come un’antologia fotografica, riproducente l’immagine di venti opere d’arte, una per ogni regione italiana – dai Bronzi di Riace all’Abbazia di Novalesa, dal toscano Masaccio  a Lucania ’61 di Carlo Levi.

Un percorso transtorico e trans-territoriale, che attraversa la storia dell’umanità e i confini territoriali, con lo scopo di illustrare la vita dell’individuo e della società – intesa come insieme di individui che vivono associati istituendo tra di essi rapporti di natura pubblica e culturale – e di raccontare il loro – nostro – continuo e mai concluso cammino di liberazione e di presa di coscienza di sé medesimi e del mondo in cui si vive. Dunque, un libro sull’arte che parla di noi ed è a noi rivolto.

Novalesa (TO), Abbazia dei Santi Pietro e Andrea, Cappella di Sant’Eldrado
Novalesa (TO), Abbazia dei Santi Pietro e Andrea, Cappella di Sant’Eldrado

«L’emozione e l’incanto che proviamo di fronte a certe opere d’arte nasce dal fatto che in esse sentiamo il fremito della vita che esce dal guscio, s’interroga, cerca una direzione», scrive don Luigi Ciotti nella prefazione al libro.

Un itinerario nel nostro patrimonio storico-artistico, addentrandoci all’interno di un complesso di beni pubblici che possiede valore culturale e che appartiene all’intera comunità.

Storia sì, ma anche futuro, perché guardarci indietro, alla ricerca di modelli da seguire ma anche di errori da evitare, è funzionale alla realizzazione di un mondo futuro prossimo più giusto e onesto. L’osservazione di un’opera d’arte – intesa come opera aperta – ci permette di conoscere qualcosa del modus vivendi della società che l’ha prodotta e ciò deve essere riportato alla dimensione che stiamo vivendo adesso, cercando di mutare in meglio ciò che si può.

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