Per oltre trent’anni, il fotografo ceco Josef Koudelka ha setacciato 200 siti archeologici intorno al Mediterraneo, catturandone la bellezza attraverso spettacolari panoramiche in bianco e nero. Alla Bibliothèque Nationale de France, a Parigi, la mostra Ruines espone 110 di queste immagini, riaffermando la potenza di uno degli ultimi grandi maestri della fotografia moderna.
Un’unica, enorme, sala buia. A indicare la strada, come le stelle per i marinai, sono le rovine del tempio di Apollo a Corinto, o quelle dell’Anfiteatro Flavio a Pozzuoli. O ancora, quel che resta del teatro romano di Petra, in Giordania. Disposte fronte-retro, le immagini calate e illuminate dall’alto, come ballerini su un palcoscenico, scandiscono il ritmo lento di una camminata, un dolce vagabondaggio che potrebbe durare all’infinito. Il percorso immersivo invita a perdersi, a fluttuare tra luci e ombre finché gli occhi non si ritrovano stanchi, esausti: è allora che si può interrompere questo viaggio nel tempo per uscire, a respirare il contrasto tra il sapore grezzo della storia e il moderno quartiere in cui ci si trova rigurgitati. A ospitare la mostra Ruines di Josef Koudelka è infatti la nuova Bibliothèque Nationale de France François-Mitterand, inaugurata dall’omonimo presidente nel 1995. Un tempio del libro in vetro, legno e acciaio progettato dall’architetto Dominique Perrault e situato nella zona più “newyorkese” di Parigi.
Nato a Boskovice (Cecoslovacchia) nel 1938, dopo aver passato anni a fotografare la storia e i personaggi che si muovono sullo sfondo di essa, Josef Koudelka ha quasi del tutto abbandonato la presenza umana: quest’ultima è diventata via via più evanescente, lasciando posto ai paesaggi. Ruines è il risultato di un lavoro durato oltre trent’anni: il fotografo ceco ha setacciato 200 siti archeologici sparsi per 20 paesi intorno al Mediterraneo, alla rincorsa di quei luoghi propri della cultura greca e latina, culla della nostra civiltà. Un progetto senza equivalenti che va dalla Francia alla Siria, passando per il Marocco, la Sicilia, la Grecia, la Turchia: esposte alla BnF sono 110 fotografie panoramiche in bianco e nero che restituiscono lo sguardo di Koudelka sulla bellezza caotica e decadente delle rovine. Monumenti sfigurati dal tempo, dalla natura e dalla mano dell’uomo a ricordarci il valore di ciò che ci ha preceduti.
Henri Cartier-Bresson, che considerava Koudelka come un fratello (i due furono colleghi a Magnum per oltre dieci anni), aveva individuato in questo ragazzo esiliato dalla Cecoslovacchia “l’occhio da pittore”. Infatti, se il formato panoramico consente allo spettatore di proiettarsi nella veduta, il fotografo propone talvolta prospettive insolite e svianti: immagini storte, visuali raso suolo, panorami frammentati o close-up ingannevoli, come il dettaglio di una pavimentazione che a primo impatto sembra la veduta area di un campo arato. “Se fotografi paesaggi è il sole a farti da padrone”, racconta l’autore nel film Shooting Holy Land proiettato alla fine del percorso. Luci, ombre, acqua che bagna le pietre rendono queste immagini maestose, conferendo alla rovine una sacralità che le esula del tutto dall’immagine-cartolina a cui siamo abituati.
L’intento non è quello di immortalare questi siti archeologici per relegarli a un’usurata visione romantica della storia. Bensì, gettare luce sul passaggio del tempo che sciupa, dell’uomo che distrugge, della natura che rivendica il proprio dominio. Oltre a questo, Ruines ci interroga sulla necessità impellente di salvaguardare questa eredità: alcuni resti fotografati qualche anno fa sono infatti già scomparsi oggi, distrutti da guerre e terrorismo, come nel caso del sito archeologico di Palmira, in Siria.
Informazioni
fino al 16 dicembre 2020
BnF | François Mitterand, Quai François Mauriac, Parigi
dal martedì al sabato 10-19, domenica 13-19