Alla fine la fotografia è solo una questione d’amore
Paolo Roversi
Fino al 10 gennaio 2021 il Museo d’Arte di Ravenna ospita la monografica più completa di Paolo Roversi (1947, Ravenna), curata da Chiara Bardelli Nonino. Il titolo della mostra è Studio Luce, che prende il nome dall’atelier del fotografo a Parigi, dove abita dal 1973.
Un incontro con la bellezza si sviluppa nei tre piani espositivi che ospitano le 270 immagini che Paolo Roversi ha scattato durante tutta una vita di lavoro. “Felici come le vedo qui… non le avevo mai viste”, spiega riferendosi a queste ultime.
La mostra è un ritorno a casa, non solo simbolico ma anche fisico: dopo una vita trascorsa al di fuori di Ravenna, la città dove affonda le sue radici, e dell’Italia, il suo paese natale, Roversi vi fa ritorno proponendo al visitatore un viaggio attraverso e nella luce, che vuole porsi come atto d’amore verso la sua città.
Ed è proprio l’amore per la luce, che deriva dalla paura del buio, che dà l’avvio alla sperimentazione di Roversi, a partire dalle foto scattate affacciato da casa sua, in piazza dell’Aquila, ora piazza XX Settembre, nel centro storico di Ravenna. Le ispirazioni giovanili di Roversi emergono dalle fotografie di Diane Arbus, Irving Penn, Richard Avedon, August Sander e Nadar, secondo il quale “La fotografia […] si impara in un’ora. Ciò che non si impara, è il sentimento della luce […]”.
A partire dai primi tentativi fino a oggi, la luce ha guidato la produzione artistica del fotografo, le cui opere in mostra al MAR desiderano riassumere e rappresentare i risultati più importanti. Il suo Studio Luce, in Rue Paul Fort a Parigi, dove sono scattate la maggior parte delle fotografie in mostra, non vuole assumere la valenza di ambiente asettico che riporti un’immagine senza difetti, e quindi falsata, della realtà e delle figure umane. Al contrario, vuole porsi in quanto luogo che catalizza la potenza dei soggetti immortalati, in quanto teatro che “non serve più a isolare gli uomini dal mondo e a dar loro apparenze diverse da quelle abituali, ma a rivelarne la loro più intima natura”, come scrive Emanuele Coccia nel testo Light from light, soul from soul.
Lo studio è un angolo della mia mente
Lo studio è un palcoscenico dove tutto può accadere
Paolo Roversi
In francese, per dire “fare una foto”, si utilizza letteralmente il verbo prendere. Secondo Roversi, noi “non prendiamo un’immagine, diamo un’immagine”, poiché “l’immagine è sempre dentro di noi”. Il suo lavoro si concentra nella volontà di rappresentare le anime dei soggetti attraverso contrasti tra luce e ombra, che le immagini in bianco e nero fanno emergere in maniera chiara.
La fotografia di Roversi si prefigge di portare in superficie i caratteri che accomunano gli esseri umani – passione, paura, amore, sensualità, e infiniti altri – e a mostrare la luce che ognuno di noi possiede e trasmette all’esterno, creando delle opere atemporali, pronte a adattarsi allo spazio e al tempo in cui sono calate in quel preciso istante. La luce è vita e dà vita.
Mi piace isolare il mio soggetto, farlo diventare il centro dell’intero mondo
Paolo Roversi
L’allestimento, presso il Museo d’Arte di Ravenna, è frutto di oltre dodici mesi di lavoro. Gli sponsor che hanno fornito il loro indispensabile contributo sono Dior, Pirelli e Dauphin. La curatrice Nonino ha tenuto a sottolineare come la competenza di molti professionisti si sia dimostrata fondamentale per portare a compimento la mostra. Le scenografie sono state progettate da Jean-Hugues de Chatillon, set designer; le cornici sono state fabbricate a Parigi e l’illuminazione ha visto come coordinatore lo stesso Roversi.
Il percorso espositivo si apre al piano terra con le prime fotografie di moda e i ritratti di amici e artisti, quali Robert Frank e Peter Lindbergh, assieme a still life di sgabelli raccolti nelle strade parigine. Sono presenti alcuni autoritratti con la storica fotocamera di Roversi, la Deardoff.
Il primo piano omaggia la figura della musa e della Beatrice cantata nella Divina Commedia, a 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, spentosi proprio a Ravenna. La reinterpretazione contemporanea della musa viene incarnata da donne quali Kate Moss, Naomi Campbell e Rihanna.
In qualche modo, il cielo stellato che Dante ammira, in compagnia di Virgilio, funge da fil rouge dell’esposizione di Roversi, tanto è centrale il contrasto tra luce e ombra, sogno e realtà che si compenetrano. Anche la città di Ravenna e il suo passato bizantino vengono celebrati: le foglie d’oro sovraimpresse su una serie di foto onorano i mosaici dorati e le figure femminili ritratte in essi.
Nello stesso piano sono presenti varie fotografie di moda, anche mai esposte prima, risultato di collaborazioni con i brand Dior e Comme des Garçons, e il magazine Vogue Italia. La postproduzione, atta a modificare il prodotto fotografico finale, viene sfruttata il meno possibile a dimostrazione delle abilità tecniche di Roversi.
L’allestimento raggiunge il suo climax nel secondo piano: qui è esposta la ricerca che ha preceduto il Calendario Pirelli 2020 è un finto casting per la Giulietta shakespeariana, calendario engagé, che vuole approfondire la figura femminile attraverso le sue infinite sfumature. Le fotografie di moda a colori mostrano abiti che si astraggono dalla realtà quotidiana, diventando quasi splendide sculture, che non rientrano nei canoni imposti dalla società.
Per concludere la conferenza stampa, Roversi cita la poesia Casa mia di Giuseppe Ungaretti. Mentre la recita, si commuove:
Sorpresa
Dopo tanto
D’un amore
Credevo di averso sparpagliato per il mondo
“E invece è tutto qui”, commenta il fotografo toccandosi il petto.
INFORMAZIONI UTILI
Paolo Roversi – Studio Luce
MAR, Museo d’Arte di Ravenna
Via di Roma 13, Ravenna
Dal 10 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021
A cura di Chiara Bardelli Nonino
Dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 18
Lunedì chiuso