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Alighiero Boetti attraverso la collezione del suo assistente Salman Ali. La mostra a Milano

Alighiero Boetti, Seicentoventicinque lettere dai cento colori del mondo nel mese di marzo dell'anno mille, 1989, ricamo su tessuto, cm 101,7x103,5
31.01.1975, Alighiero Boetti, Salman Ali nello studio – Photo©Giorgio Colombo

Salman Ali è stato amico e assistente di Alighiero Boetti. La collezione di opere che ha raccolto stando accanto all’artista per 23 anni diventa oggi una mostra, ospitata da Tornabuoni Arte Milano dall’11 novembre al 9 dicembre 2020.

Il mondo del collezionismo è ampio e variegato. Le ragioni per cui si viene a formare una collezione sono molteplici e spesso irrazionali, ma nella quasi totalità dei casi esse sono espressione di chi le ha formate. Che siano emanazione dello spirito del collezionista o un impulso quasi maniacale al quale è impossibile resistere, le collezioni trovano inevitabilmente valore nel rapporto con il loro possessore. Collezionista che, molto spesso, vede nella sua raccolta una vera e propria opera, una manifestazione di sé. É ben più raro invece, e forse di più complessa e sfaccettata analisi, il caso che Tornabuoni Arte ci presenta in mostra a Milano.

Salman Alighiero Boetti è infatti un’esposizione unica, dal momento che raccoglie la collezione privata di Salman Ali, frutto di regali da parte dell’amico fraterno Alighiero Boetti. Come intendere allora l’essenza di questa raccolta di opere?

Ma partiamo dal principio. Salman Ali conobbe Boetti nel 1971 a Kabul dove l’artista aveva aperto il famoso One hotel, albergo nel quale Salman trovò velocemente un impiego. Qui si sviluppò un rapporto di collaborazione e amicizia, di cui Boetti non riuscì più a fare a meno. Tanto che, nel 1973, l’artista propose a Salman Ali di seguirlo a Roma. Qui continua ad affiancare Boetti nel lavoro e anche nella vita, quasi a diventare un vero e proprio membro della famiglia. Seguiva l’artista nei suoi viaggi e gli faceva da assistente nel suo studio, si occupava della casa e anche dei bambini. Si assicurava insomma che “tutto andasse bene e che capo fosse tranquillo”.

Nel corso di questi anni Salman è stato dunque testimone diretto della vicenda umana e artistica di Boetti. Una testimonianza unica che si riversa in un’autobiografia – edita da Forma – e nella mostra di Tornabuoni Arte. Questa si compone di opere di altissimo livello, le quali certificano il rapporto di stima e fiducia che legava l’artista al suo assistente. A queste si aggiunge una selezione di fotografie di Salman: alcune molto note, altre inedite, scattate, tra gli altri, da Giorgio Colombo che permettono di raccontare la straordinaria vicenda dell’uomo più vicino ad Alighiero Boetti e del rapporto con lo stesso artista.

Per queste ragioni la vicenda della collezione è quasi unica e rintracciarne la sostanza è più difficile che in altre circostanze. Non si tratta di un’ossessione, non si tratta di un’espressione dello spirito del collezionista, non c’è intento economico-speculativo. Cosa rappresenta allora? Rappresenta la gratitudine, l’amicizia, la stima, la fiducia, la condivisione, la grazia. Rappresenta il rapporto unico tra due uomini, l’incontro tra due anime.

Alighiero Boetti, Seicentoventicinque lettere dai cento colori del mondo nel mese di marzo dell’anno mille, 1989, ricamo su tessuto, cm 101,7×103,5
Alighiero Boetti, Segno e disegno, 1994, ricamo su tessuto, cm 28,3×29

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