Matteo Garrone firma un nuovo short film per Dior, ambientato in un quattrocento esoterico e fiabesco. Il mondo dei tarocchi incontra quello della moda in un viaggio simbolico alla ricerca di se stessi.
They did it again. Dopo il cortometraggio realizzato nel giardino del Ninfeo, Matteo Garrone torna a collaborare con Dior per la presentazione della collezione haute couture primavera-estate 2021. Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa della maison, sceglie nuovamente il regista romano per un altro short film dall’atmosfera fiabesca. Il tema è affascinante e misterioso, dall’elevato valore simbolico: il mondo dei tarocchi. Antica ma in qualche modo eterna, l’arte della divinazione aveva conquistato Christian Dior, che ci era affidato in un momento di crisi come la Seconda Guerra Mondiale.
«In tempi incerti, pensare che esista il soprannaturale, qualcosa che sia al di là del nostro controllo, e che appellandosi a certe forze si possa conoscere il futuro, è rassicurante. L’ignoto spaventa tutti, e se non è ignoto il momento che stiamo vivendo oggi, allora non so cosa possa esserlo» racconta Maria Grazia Chiuri, annodando l’originale scelta artistica ai tempi che stiamo vivendo. Perciò immaginiamo la stilista – che ammette di essersi fatta leggere le carte ossessivamente in questi ultimi tre mesi – interrogare il futuro e al contempo prendere spunto dalle sue simboliche figure per realizzare la nuova collezione.
In principio ci sono i 22 (21 più il Matto) arcani maggiori dei tarocchi viscontei (disegnati da Bonifacio Bembo per i Duchi di Milano nella metà del XV secolo); a questi si ispira la collezione primavera estate 2021 di Dior; infine la catena si conclude con il cortometraggio di Garrone, Le Château du Tarot.
Un’anima in cerca di risposte entra in un solitario castello avvolto dalla nebbia. É una fanciulla che desidera conoscere se stessa, chi è realmente. Così vaga per i corridoi e le stanze in cerca di una strada, interroga un’indovina che la indirizza in un percorso di autoconoscenza. Le figure dei tarocchi – La Papessa, l’Imperatrice, la Giustizia, il Matto, il Diavolo, la Morte, la Stella – si presentano dunque alla ragazza, ecclettica nel trasformarsi in fanciulla spaventata o seduttrice, o nel vestire gli abiti dell’io maschile. L’attrice è Agnese Claisse, figlia primogenita di Laura Morante e George Claisse; il castello è quello di Sammezzano, in Toscana.
Garrone porta in scena un medioevo esoterico, fumoso ed evanescente, creando una fiaba visiva dove le suggestioni della moda incrociano quelle della divinazione. Dopo che la fanciulla estrae dal mazzo la Papessa, simbolo della conoscenza segreta, della dualità tra l’universo terreno e l’universo spirituale, inizia un percorso allegorico tra gli interni maestosi del castello, che la porteranno a confrontarsi con le altre figure del mazzo. Ognuna di loro indossa il proprio abito, ricamato e miniato come un arabesco antico.
Non s’è mai trattato di riprodurre ogni arcano per filo e per segno. Il Diavolo, per esempio, che per me rappresenta la sensualità, è una tunica leggera che scopre il corpo, mentre la Stella è un abito blu notte laccato in argento che si illumina a seconda del movimento
Maria Grazia Chiuri
Come ogni opera d’arte, Le Château du Tarot assorbe e trasforma, si ispira e trasfigura. Il risultato è un labirinto di abiti e anime, che riporta alle atmosfere de Il castello dei destini incrociati di Italo Calvino. É un luogo archetipale, inesistente eppure universale, dimora di domande eterne e risposte vaghe. Senza accorgersene, però, da questa esperienza si esce differenti – l’ultima figura a comparire è la Morte, simbolo di cambiamento – e con la consapevolezza che l’ignoto può essere ricolmo di bellezza.