Questo articolo è frutto dell’operato degli studenti del Laboratorio di scrittura, iscritti al Master Post Laurea “Management della Cultura e dei Beni Artistici” di Rcs Academy”, tenuto nel mese di gennaio 2021 da Luca Zuccala, vicedirettore della nostra testata. La collaborazione tra ArtsLife e Rcs Academy ha dato la possibilità agli studenti partecipanti al Master, dopo le lezioni di introduzione, pianificazione e revisione dei contenuti proposti, di pubblicare il proprio elaborato sulla nostra piattaforma.
L’artista americana, ora in esposizione alla Fondazione Merz di Torino (PUSH TE LIMITS, fino al 28 febbraio 2021), continua a “stravolgere” l’arte con le sue parole pungenti, superando ogni confine.
Artista e attivista a livello internazionale da più di trent’anni, Jenny Holzer (Gallipolis, 1950) è in scena fino a fine febbraio a Torino con una delle sue ultime creazioni, assieme ad altre sedici voci femminili che non temono di “spingersi oltre”. Oltre i limiti culturali, geografici, identitari, sessuali, sociali e di visione che ognuno di noi affronta ogni giorno. In quest’occasione la Holzer ha voluto segnalarci l’ingiustizia dei nostri giorni, in merito all’impunità di cui gode il personale militare americano di fronte alle accuse di abuso sistematico ai detenuti nella guerra in Afghanistan, ma negli ultimi anni sono stati parecchi i momenti nei quali l’artista ha professato il proprio pensiero liberamente attraverso lo strumento potentissimo quale è l’arte.
Ritenuta una delle pioniere dell’arte contemporanea più apprezzate d’America (le sue opere raggiungono le centinaia di migliaia di dollari) al pari di Barbara Kruger, Cindy Sherman, Sarah Charlesworth e Louise Lawler, sin dalla fine degli anni ’70 si occupa di temi pubblici e privati, di entità politiche e statali, di fatti reali e illusori attraverso aspetti presi in prestito dalla cultura dei mass media, sfidando i preconcetti legati all’arte e al suo ruolo nella società odierna, spaziando da secche e brevi frasi a veri e propri flussi di coscienza legati alla condizione umana.
Giusto nell’ottobre 2020, poco prima delle elezioni del nuovo presidente Biden, Holzer, a Chicago, in collaborazione con gli studenti dell’Università cittadina, ha invitato con il progetto “You Vote” il popolo americano a votare tramite messaggi, quasi considerati slogan e domande introspettive, schierando una “flotta” di veicoli pubblicitari a LED, mezzo da lei già utilizzato in passato. Ma partiamo dall’inizio.
Per gli USA (e ormai non solo) Jenny Holzer è considerata come un “tesoro nazionale”: partita come studentessa del Whitney Museum Of American Art’s Independent Study Program, ha mosso successivamente i suoi primi passi verso le teorie sociali e culturali con la serie “Truism”(1977-79):slogan familiari, brevi frasi ma pungenti, simbolo del “guerrilla marketing” di massa, sono stati presentati in origine su manifesti anonimi, magliette, cartelloni pubblicitari e cartellonima anche ai musei di fama internazionale come il Pompidou di Parigi, il MoMa di New York, l’Oslo Museum of Contemporary Art e la Neue Nationalgalerie di Berlino.
Furono un successo non per l’audience di pubblico, ma per la ricezione del messaggio: dal momento che lo si leggeva, non si faceva altro che pensarci, causando vortici di pensiero (nel 1982 bastava alzare la testa a Times Square per trovarsi a tu per tu con l’installazione “Spectacular Board”, un pannello elettronico al LED acceso 24/h dove comparivano in sequenza frasi forti come “Abuse of Powercomesas no surprise”, e cosa fai, non ci pensi?) Due anni dopo, nel 1979, si unisce ad un gruppo di artisti Colab (di cui ne faceva parte anche Basquiat), con i quali condivide l’interesse per i luoghi urbani e metropolitani nei quali diffondere le proprie creazioni, evitando le gallerie e i musei, percepiti come inadatti.
Testi cinici e duri, ricchi di polemica, sono stati successivamente ripresi in “Inflammatory Essays” (1979-82), in “Living series” (1981-82) e in “Survivalseries” (1983-85), integrandoli in paesaggi urbani come targhe e segni, occupandosi in prima linea dei testi per le sue opere. Nel 1990 è diventata la prima donna a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia, vincendo il premio “Leone d’oro” con “Venice Installation”, “parole vere” scolpite su lapidi, e da lì anche nel nostro territorio la sua presenza è stata costante.
Jenny Holzer è più che “un’artista”: è una femminista convinta che si batte per le proprie idee. Storia già sentita mille volte, ma poche donne hanno avuto il coraggio di portare a termine le loro intenzioni di rivolta e ribellione contro le ingiustizie che attanagliano la vita di ciascun singolo.
Ripercorrendo un’altra tappa fondamentale della sua carriera, a Firenze nel 1996, ha presentato per la prima volta quello che possiamo definire come suo simbolo distintivo: proiezioni allo zeno di frasi che formano lunghi testi luminosi che scorrono sulle superfici urbane, dando forma a particolari sfondi di grande suggestione visiva e che agiscono sull’uomo seguendo la sua volontà, come meditazioni verbali su potere, trauma, conoscenza e speranza, presentando i propri lavori in luoghi pubblici che richiedevano attenzione da parte degli spettatori.
La tecnica, dato anche l’apprezzamento riscontrato da parte del pubblico, che a detta dell’artista non deve coinvolgere solo chi capisce e legge l’arte, è stata poi ripetuta in disparate zone del mondo, come ad esempio duratura è la “partnership” con i musei Guggenheim. Holzer, che definiamo indefinibilmente “artista neo-concettuale”, “attivista”, “poetessa dell’arte”, è una donna che oltre a non riconoscersi in queste banali attribuzioni, “la solitudine dei numeri primi” non sa cos’è: questa volta non manca di essere la prima ospite femminile allo storico Blenheim Palace, nello Oxfordshire, luogo di nascita di Churchill, dove ha avuto l’occasione nel 2017 di confrontare l’importante tradizione storica del Palazzo dell’ottocento con importanti nomi dell’arte contemporanea, valorizzando la tradizione militare e politica del luogo e del palazzo, attraverso i LED e numerose proiezioni notturne.
Con il passare degli anni la sua fama cresce, diventa una delle curatrici del Guggenheim di New York nel 2019, e nello stesso anno le sue opere vengono esposte pure a Bergamo al Palazzo della Ragione, per restare in tema nazionale. Jenny Holzer la paroliera e poetessa artistica è il tipico esempio di “unstoppableperson”, più una realtà cruda come quella che stiamo vivendo a livello globale toglie all’uomo, più un’artista come lei ne trova da dire, su tutti gli ambiti che compongono la nostra vita. Nel futuro della Holzer si palesa un ritorno al Guggenheim di Bilbao il prossimo anno, sperando che sia di buon auspicio per un ritorno alla normalità, d’altronde “PROTECT ME FROM WHAT I WANT” non ci suggeriva altro che di proteggerci da quello che desideriamo di più.