La prima 21st Century Evening Sale della storia di Christie’s si chiude con un ricavato di $210.471.500. Record per Casteel e Woods e buoni risultati per i super contemporanei, in un’asta costellata spesso anche da tempi morti.
Lanciata in occasione della 20th/21st Century Week, l’asta è l’effettiva concretizzazione delle scelte riorganizzative prese da Christie’s nell’ultimo anno e mezzo. Tempo fa, la casa d’aste aveva infatti reso pubblica la propria decisione di abbandonare la tradizionale divisione nei dipartimenti di “Impressionist and Modern Art” e “Post-War and Contemporary Art” a favore di un contenitore più inclusivo e flessibile, rispondente a un “modus collezionandi” sempre più svincolato dalla singola corrente o dal periodo.
Una decisione che, secondo la maison, è anche funzionale a enfatizzare l’influenza che i grandi maestri moderni hanno avuto (e continuano ad avere) sugli artisti contemporanei, oltre a dare spazio a personalità per lungo tempo rimaste in ombra.
Nonostante queste premesse, l’asta ibrida -con operatori in presenza nella sala newyorkese- ha faticato a decollare, arrancando per circa due ore tra i «Give me a sign» e gli «Are you joining us?» rivolti insistentemente dalla battitrice ai collaboratori impegnati al telefono. Nessun invenduto ma tanti i tempi morti e lunghe le attese tra un rilancio e l’altro, molti dei quali si sono concretizzati in prezzi di aggiudicazione inferiori alle stime pre-asta.
Dopo un inizio rumoroso, con le offerte di Londra e New York che si sovrapponevano per Night Vision di Alex Da Corte, venduto a $150.000 (stima iniziale $60-80 mila), e un po’ di lentezza nel piazzare il secondo lotto (un Salman Toor da $380.000), al terzo posto arriva Amoako Boafo, un nome che negli ultimi due anni è stato sulla bocca di tutti gli “insider” del mondo dell’arte. Astro nascente della sempre più ricercata arte contemporanea africana, il suo Blue Pullover, partito da una stima di $200-300.000 è stato aggiudicato per soli $500.000, anche se tra pause e incertezze.
Subito dopo viene un’altra rappresentante del mondo (afro-)americano, Jordan Casteel, che, reduce dalla sua prima personale al New Museum (conclusasi lo scorso febbraio) raggiunge la stima massima di $550.000 per il suo Jiréh.
Segue Two Tables with Floral Pattern, il coloratissimo interno firmato Jonas Wood presentato all’incanto con una stima che andava dai 2 ai 4 milioni di dollari. Un “combattimento” più acceso rispetto ai precedenti, che si conclude con una cifra di $5,4 milioni, miglior risultato mai registrato in asta dall’artista.
Dopo l’accesa contesa intercontinentale per Untitled (XXXXXX) di Nina Chanel Abbey (assegnato per $800.000 contro una stima $200-300.000) e i $520.000 pagati per il cimitero haitiano di Henry Taylor (stima iniziale $450-650.000), si arriva finalmente al lotto “caldo” della serata, che tanto ha fatto parlare di sé nei giorni passati.
In any case, grande tela di 2 metri per 2 dipinta da Jean-Michel Basquiat nel 1983, arriva in sala con una stima di $50 milioni, una cifra importante anche per un’artista del calibro del celebre graffiataro newyorkese, la cui aggiudicazione migliore è attualmente rappresentata dai $110,5 milioni pagati nel maggio 2017 per Untitled (1982). L’interesse dei collezionisti tarda però a concretizzarsi in rilanci significativi, e il lotto si assesta presto tra i 60 e i 70 milioni di dollari, riuscendo infine ad arrancare fino a $81 milioni ($93,1 con buyer’s premium), che, nonostante la poca vivacità della vendita, portano l’opera al secondo posto tra i top lot di Basquiat.
Prima che il martelletto di Christie’s ne decretasse la nuova proprietà, l’opera era stata per 14 anni parte della collezione di Giancarlo Giammetti, celebre co-fondatore della maison Valentino, il quale aveva acquistato il quadro nel 2007 presso la galleria Gagosian.
Sempre Basquiat torna a pochi lotti di distanza, quando Untitled (Soap) lascia la sala per un’aggiudicazione di $11,2 ($10-15 milioni di stima iniziale).
Dopo Basquiat è di nuovo il turno dell’arte della diaspora africana. Il clima si scalda con Lynette Yadom-Boakye, $1,6 milioni contro una stima di $7.000-1.000.000, un risultato che, aumentato delle commissioni di vendita ($1.950.000) batte di pochissimo il precedente record dell’artista, i 1.575.000 di dollari registrati da Sotheby’s nel 2017.
Si prosegue poi con i $4,2 milioni pagati per Amendment #1 stem di Mark Bradford e Nat-Shango (Thunder), l’opera di Kerry James Marshall aggiudicata per $6,5 milioni, pari alla sua stima minima.
Seguendo la moda del momento, non poteva mancare un pizzico di NFT ad animare la serata. A essere venduti, nove dei Cryptopunks creati da Larva Labs (numeri 2, 532, 58, 30, 635, 602, 768, 603 e 757), per i quali si è registrata una veloce crescita rispetto all’iniziale stima di $7-9 milioni, arrivando a $14.500.000. Segno di un interesse ancora ben lontano dallo spegnersi.
Segue Anxious Red Painting December 18th, opera che l’artista Rashid Johnson ha scelto di donare a beneficio dell’associazione CORE, impegnata nel sostegno delle comunità locali durante l’emergenza sanitaria. Vuoi l’eccitazione ancora in circolo dopo la comparsa dell’opera NFT, vuoi la buona causa sostenuta, il prezzo dell’opera si è rapidamente gonfiato rispetto alla stima iniziale di $200-300.000, arrivando in breve tempo a $1,6 milioni.
Ed eccoci arrivare ai grandi maestri moderni, il quali però, nella maggior parte dei casi, non sono riusciti a superare di molto la stima più bassa. Fa eccezione un Richard Prince da $1,8 milioni (Untitled (Cowboy), che partiva da una stima di $1-1,5 milioni). Forse un segno di come l’entrata sempre più incalzante delle nuove tecnologie nel mondo dell’arte stia scalzando le opere più “classiche” dal cuore (e dal conto) dei collezionisti.
Da buona asta di arte contemporanea che si rispetti non poteva poi mancare Bansky, che non riesce però a risollevare le sorti della serata, registrando un risultato di $1,7 milioni contro i $2-3 milioni stimati per il suo Laugh Now But One Day We’ll Be In Charge.
L’asta procede tra risultati al ribasso e alcune conquiste, come un El Anatsui da $1,6 milioni al lotto numero 25, seguito a poca distanza dai $2,7 milioni pagati per Untitled di Mark Grotjahn.
Successo anche per la seconda opera donata all’associazione CORE: New York, New York di Joel Mesler batte la stima iniziale di $40-60.000 per arrivare a 220.000 dollari.
Gli ultimi lotti sembrano rivitalizzare parzialmente il clima della sala. È battaglia tra Londra e New York per Racquel Reclining Wearing Purple Jumpsuit (stima $400-600.000), l’opera di Mickalene Thomas che, dopo l’offerta di $1,5 mila, resta sul suolo americano.
L’asta si chiude con un ultimo sprizzo di vivacità per Dana Schutz e il suo The Fishermen, partito da una stima di $400-600,000 per arrivare a infine a 2.450.000 dollari.