Peter Doig e Alighiero Boetti protagonisti della 20th / 21st Century: Evening Sale Including Thinking Italian di Christie’s. L’asta, di cui parte del ricavato sarà devoluta al supporto dell’arte canadese in tutto il mondo, è programmata per il 15 ottobre a Londra.
Christie’s presenta, in concomitanza con la Frieze Week di Londra, la 20th / 21st Century: Evening Sale Including Thinking Italian. L’incanto raccoglie una serie di opere iconiche di artisti del XX secolo, autori precursori di stili e contenuti che anche nel secolo successivo continuano a essere al centro del dibattito artistico. Si tratta di figure radicali, innovatori capaci di condurre la storia dell’arte su strade mai percorse. Tra le opere proposte spiccano Hill Houses (Green Version) (1991, estimate: £3,500,000-4,500,000) di Peter Doig e Mappa (1988-89, estimate: £1,200,000-1,800,000) di Alighiero Boetti.
Hill Houses (Green Version) è un’opera particolare, rara. Si tratta di una delle prime circostanze in cui Peter Doig sperimenta il tema della “capanna”, ovvero la rappresentazione di un edificio, spesso in legno, costruito nel cuore di un bosco dalla fitta vegetazione. L’opera era stata acquistata da Donal R. Sobery nel 2003. Mappa, conservata nella stessa collezione per vent’anni, ma concessa in prestito a lungo termine al MART di Rovereto, è parte della celebre serie, Mappe appunto, che ha impegnato Alighiero Boetti per più di due decenni di carriera.
Hill Houses (Green Version)
Hill Houses (Green Version) testimonia il dialogo che Peter Doig intrattiene con la pittura nei suoi aspetti tematici e tecnici. Per lui, le qualità malleabili e versatili del mezzo imitano il modo in cui la mente elabora pensieri, immagini ed eventi passati. Nell’opera una velatura verde dalle fluorescenze allucinate avvolge un edificio isolato, sospeso nel paesaggio come un riflesso nell’acqua. Uno stagno ghiacciato brilla in primo piano, mentre la strada in salita si trasforma in un miraggio fiammeggiante e astratto, con striature verticali che paiono tracce di un incendio. Completato nel 1991, anno della prima grande mostra di Doig alla Whitechapel Art Gallery di Londra, l’opera può essere associata al suo iconico Iron Hill (1991) o alla Hill Houses della British Council Collection (1990-1991).
Tutti e tre le opere nascono infatti da fotografie tratte dal National Geographi, raffiguranti case lungo la strada nel Maine, New England, le quali ricordavano a Doig il Quebec rurale, ovvero il paesaggio della sua giovinezza. Ed è proprio qui che risiede il nucleo tematico di molte opere di Doig: una sinergia complessa tra memoria, visione e pigmento pittorico. Tra le numerose illusioni che compongono le sue opere, si intravedono sempre le mutevoli ombre del ricordo.
Nella confluenza di tecniche figurative e astratte di Doig confluiscono echi storico-artistici di varia natura: i deliquescento paesaggi di Bonnard e Cézanne, le intense visioni cromatiche di Emil Nolde e Die Brücke, gli psicodrammi atmosferici di Hopper e Munch, le superfici trascendentali dell’espressionismo astratto e le texture marmorizzate di Gerhard Richter. Gli strati di vernice, quelli più vecchi e quelli più nuovi, vengono sovrapposti e ricombinati in una pratica che ricorda molto l’atto di ricordare. Questa relazione unica tra stile e contenuto è un elemento tra i più iconici e trainanti della pratica di Doig.
Mappa
Mappa di Alighiero Boetti appartiene ai bellissimi arazzi ricamati a mano da tessitori afgani di Kabul, e poi di Peshawar, in Pakistan, seguendo le indicazioni dell’artista. Rappresentano i continenti frammentati nei vari paesi, regni e unioni. Le bandiere di ogni nazione si sfiorano fino a urtarsi e sovrapporsi leggermente. Ne risulta un miscuglio abbagliante di colori, motivi e simboli. Lunga più di due metri, Mappa rappresenta i continenti alla deriva in un suggestivo oceano azzurro pallido, incorniciato da un bordo multicolore. Su metà di esso, con i caratteri a scacchiera tipici dell’artista, si legge in italiano Alighiero e Boetti / a tempo / in tempo / col tempo / il temporale (“al tempo / nel tempo / con il tempo / la tempesta”), con la data di esecuzione in basso a destra.
Nell’altra metà troviamo invece una scritta in persiano recita: Work of Alighiero Boetti, in the date one thousand three hundred and sixty, in Afghanistan. / Homeland, oh what a beautiful name you have Afghanistan – Your weather is pleasant, your scenery is landscapes. Oltre al fascino per il tempo, la mappa incarna il concetto che Boetti chiamava di “ordine e disordine”. Il paesaggio si presenta come una serie di instabili confini, regioni ridefinite e bandiere fratturate, un mondo come esistente in un vibrante stato di flusso. Le Mappe evidenziano quindi l’arbitrarietà delle divisioni politiche, risultato delle mutevoli strutture di potere che separano e organizzano in nostro mondo.
Significativo inoltre il rapporto tra Boetti e l’Afghanistan. La prima volta che l’artista arrivò a Kabul era il 1971. Lì trovò una via di fuga dal teso clima politico italiano, dal quale si allontanò prendendo le distanze anche dal movimento dell’Arte Povera.