Parola ai film, il nuovo libro di Umberto Curi che legge il cinema attraverso lo sguardo della filosofia
Dal 1995 al 2019, ogni novembre, a Padova si è svolta un’iniziativa che ha unito il mondo del cinema a quello della filosofia: ogni sera, per quattro settimane, veniva proiettato in un cinema del centro un film al quale veniva fatto seguire un ampio intervento di Umberto Curi. Titolo del ciclo di incontri: “Un filosofo al cinema”. Tutti questi interventi sono stati ora raccolti in Parola ai film, un libro a cura di Bartolo Ayroldi Sagarriga (in libreria con Mimesis) che ha integrato tutte le argomentazioni di Curi con sinossi dettagliate e schede tecniche per ogni film, in modo da rendere la lettura il più accessibile a tutti, anche a quei lettori che non hanno (ancora) visto tutti i titoli selezionati nel corso degli anni.
Ne nasce un’esplorazione curiosa e avventurosa, che ha come l’obiettivo quello di “restituire” la parola ai film stessi, interpretandoli attraverso un’analisi concettuale, per leggeri quindi nella loro essenza. Ogni capitolo (sei in tutto) attraverso alcune pellicole, affronta un tema in particolare, il primo è – significativamente – dedicato alla parola: la parola come profezia, Ordet di Carl Theodor Dreyer (inquadrato attraverso l’opera di Søren Kierkegaard), la parola come poesia, Uccellini e uccellacci di Pier Paolo Pasolini, la parola come preghiera, Lourdes di Jessica Hausner.
Attraverso la lente della filosofia Umberto Curi ci permettere di guardare a questi film, quasi tutti capolavori della storia del cinema (ma distanti e diversissimi tra loro), con occhi nuovi, ponendo l’attenzione sui loro temi fondanti e a come questi hanno preso forma e corpo attraverso le scelte di registi e sceggiatori. Ogni film è un racconto (non solo una storia) che utilizza un linguaggio specifico che di questo racconto è parte inegrante.
Il cinema ha il grande potere di rinnovare miti e mitologie, di intercettare la contemporaneità e di leggere la realtà attraverso sguardi laterali ed eccentri, Parola al cinema si pone l’obiettivo di restituire i contenuti formali e intellettuali alla base di alcune pellicole chiave. Intervento dopo intervento, passando da un film all’altro – che all’apparenza sembrano avere poco in comune – emerge un discorso che fa (ri)emergere i presupposti filosofici impliciti (alla base di quindi, non come estensione o proiezione di) che hanno ispirato i loro autori.
Capitolo 6, Il sesso; Sesso e religione, Ida di Paweł Pawlikowski: «È possibile formulare il tema di fondo attraverso un interrogativo: Come si determina la propria identità? L’identità di ciascuno di noi che caratteristiche ha? Il film lavora su questo interrogativo […] è un interrogativo di grande rilevanda dal punto di vista strettamente filosofico e non a caso è al centro non solo di una lunga tradizione di pensiero […], ma, in particolare, centrale per esempio nella filosofia francese della seconda metà del Novecento». Così Curi, per esempio, affronta uno dei temi centrali del film del regista polacco, dopo averne osservato gli aspetti formali, come la fotografia e le scelte di montaggio. E, andando oltre, il filosofo legge le risposte (sulle quali non faccio spoiler) che il film tenta di dare a questi interrogativi sull’identità dell’individuo e sui meccanismi che ne comportano la costruzione (assieme a Ida, nel capitolo sul sesso troviamo Come pietra paziente di Atiq Rahimi e Viviane di Ronit e Shlomi Elkabetz).
Bartolo Ayroldi Sagarriga con Parola ai film aggiunte un nuovo tassello, accessibile con praticità anche ai cinefili non filosofi, al ricco percorso “filmico” di Umberto Curi, che da anni si occupa con assiduità di cinema & filosofia, prima guardato con sufficienza dai colleghi e ora con al seguito già diversi epigoni: «oggi è più chiaro a tutti il vincolo che c’è tra la filosofia ed il cinema – ha spiegato l’autore – In questi anni ci sono stati molti convegni, sono stati pubblicati libri […]; insomma la cultura italiana comincia a superare i suoi storici pregiudizi verso il cinema. Da un lato c’è la condanna del cinema come strumento di manipolazione delle coscienze da parte della industria culturale, dall’altra il rifiuto di considerare i film come opere d’arte perchè troppo contaminati dalla tecnica».