L’incredibile evento riporta l’attenzione sulla street art e sul senso di strapparla dai muri per esporla in un museo. Gonzalo Borondo, l’artista autore del gesti, ha le idee ben chiare.
Quale può essere il senso di portare la street art all’interno di un museo? Appropriazione, accumulazione, arroganza. Di certo, l’operazione assottiglia il proprio valore artistico sfiorando lo zero. Però accade, sempre più spesso. Anche con il benestare degli stessi artisti. Vedasi Banksy, che da anni ormai commercializza le stampe delle sue opere – distanti dal contesto originali che le ha ispirate ma molto più adatte all’esposizione museale e galleristica. Oltre che al successivo passaggio in asta.
Ma d’altra parte, in linea con l’ascendenza urban in cui si sono formati, molti street artist continuano a rifiutare la musealizzazione coatta. Tra questi c’è l’artista spagnolo Gonzalo Borondo. Borondo ha 32 anni e nel corso della sua carriera ha realizzato opere in molti paesi del mondo: in Florida, a Kiev, a Barcellona, a Delhi, a Roma e a Segovia, nella comunità autonoma di Castiglia e León, dove è cresciuto.
Ognuno di questi luoghi – lo stato, la città, ma anche la via o il muro stesso dove l’opera viene realizzata – è parte integrante del murale realizzato. Il contesto dell’opera alimenta, se non addirittura fonda, il senso della stessa. E a sua volta l’ambiente giova della creazione, espressione visiva capace di sintetizzare istanze centrali per la cittadinanza. Per questo Borondo non concepisce i suoi lavori al di fuori del luogo per cui sono stati concepiti.
Così un murale dell’artista spagnolo è stato cancellato per volontà dello stesso autore. Un uomo si è introdotto nel teatro Colosseo, a Torino, dove l’opera era esposta, e l’ha ricoperta di vernice spray bianca. Non è chiaro se l’uomo fosse Borondo, che ha rivendicato la cancellazione, avvenuta nello scorso fine settimana, oppure un suo collaboratore. Il murale era stato staccato dal luogo in cui era stato realizzato senza il consenso dell’autore, ed era stato esposto alla mostra Street Art in Blu 3, la terza rassegna di opere d’arte realizzate da 36 tra i più noti street artist del mondo.
«Più che una difesa di quella precisa opera, il nostro gesto è stata una presa di posizione contro la pratica di “strappare” le opere dai muri ed esporle», spiega Borondo affidandosi al suo profilo Instagram. «È una moda molto pericolosa, perché questi lavori nascono da un dialogo diretto con la superficie e con il contesto. Portandole via da quel contesto spariscono come opere. Non sono fatte in studio, in un monologo con me stesso: sono il risultato di un dialogo con una parete, un museo, un cortile, un cimitero, un mercato».
La ragione principale della cancellazione del murale, che raffigurava una donna e un uomo seduti a un tavolo, è che, oltra ad essere stato tolto senza permesso dal muro su cui era stato realizzato. è stato poi esposto a pagamento.
«Anche se è una somma simbolica, il denaro diventa un limite», spiega. Inoltre dobbiamo considerare che il mondo del mercato dell’arte è già molto complicato: il fatto che alcune persone prendano le tue opere senza consenso e decidano un prezzo può danneggiare il percorso e la traiettoria di un artista. Eticamente lo trovo estremamente scorretto, soprattutto nel momento in cui è molto facile contattare direttamente un artista. La nostra azione vuole essere un segnale per queste persone, un invito a riflettere su quello che stanno facendo»
Segnale probabilmente inascoltato, dal momento che nemmeno dopo la cancellazione lo staff della mostra si è messo in contatto con Borondo. Speriamo almeno si stiano godendo la loro opera imbiancata.