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Flashback, Artissima, MDC, NFT. Motel Nicolella alla Torino Art Week 2021

Artissima

Scrivo queste brevi e molto personali impressioni dopo una tre giorni abbastanza densa alla settimana dell’arte torinese. Le mostre e le fiere in città sono moltissime, il riassunto è inevitabilmente parziale e non si può qualificare come obiettivo quello di piacere a tutti, nessuno di quelli che leggerete on line lo sarà comunque.

Il fermento a Torino c’è, va ammesso e va sottolineato, ma è tutto forestiero. Dopo due anni a secco sono moltissimi i visitatori, gli appassionati, gli “art lovers” (che brutta definizione) che si aggirano bulimici per una città che a tratti pare disabitata. Perché mentre Milano ha saputo rinnovarsi dall’EXPO in avanti, sembra che Torino abbia smarrito il suo ruolo di ex regia capitale, nell’industria, nell’innovazione. Una passeggiata per le vie del centro dopo le nove vi farà capire quello che sto cercando di dire: sembra più un film western di Sergio Leone che una metropoli. I lati positivi sono che si trova sempre posto al ristorante, si mangia benissimo e si spende il giusto. La spinta che c’è nell’offerta gastronomica non la si scorge negli altri settori, sarà contento Massimiliano Tonelli.

Per quanto riguarda le venues da non perdere, come ogni anno ho voluto cominciare da FlashBack.

La fiera delle brave direttrici Stefania Poddighe e Ginevra Pucci ha cambiato sede, la si trova nell’ex caserma Dogali, accanto alla Gran Madre. Lontano dal caos del Lingotto, offre come sempre una visione boutique delle cose. Una quarantina di espositori selezionati che in stanze contenute ma non anguste propongono opere dall’antichissimo ai giorni nostri. Il cuore della questione sono gli Old Masters, ca va sans dire, e allora segnalo lo stand per me migliore, quello di Flavio Gianassi di Londra. Dopo la lunga palestra nella galleria più importante del mondo per i fondi oro rinascimentali (Moretti Fine Art) ha fatto il grande passo e si è messo in proprio, in un momento complesso, armato di una culturaccia importante e di una gran voglia di eccellere.

Flavio Gianassi – FG Fine Art

Mea Culpa, non ho avuto il tempo e la voglia di avventurarmi nelle altre fiere satelliti The Others e Paratissima, dunque non ne posso parlare. Idem per le troppe iniziative collaterali che avrebbero potuto essere sostenute soltanto dal mio motorino. Alla prestigiosa cena chez Sandretto Re Rebaudengo invece ho dovuto con rammarico rinunciare per doveri famigliari, ma da quello che si intuisce on line la mostra è di alto livello, come sempre da loro.

Ho preferito raccogliere quindi  le energie per visitare questa attesissima Artissima, forse l’ultima del ciclo di Ilaria Bonacossa al timone.

Un’immagine della fiera Artissima all’Oval, Torino

Le gallerie sono una quantità esorbitante, serve una giornata intera per provare a far fuori tutto l’Oval, ed è impossibile mantenere la lucidità tra una chiacchiera e l’altra. Posso però segnalare la tendenza, e quella è inequivocabile. Proprio mentre alle aste internazionali è da ormai dodici mesi che vediamo tanta pittura figurativa, tanta arte proveniente dalla coda lunga del movimento me too che ha dato voce a molte minoranze inascoltate, in fiera sembra di passeggiare indietro nel tempo. C’è per carità attenzione, quantità e laddove anche qualità, ma i residui minimal-concettuali-post arte povera sono immensi. E’ molto più semplice imbattersi in un’installazione, in una scultura minimale, che in un’opera di quelle che passa Christie’s.

Alla fine, se ci riflettiamo, le case d’asta fanno da secoli lo stesso lavoro: propongono quello che sul mercato si vende. Mi chiedo dunque come mai molte gallerie, non tutte ma molte, si ostinino a offrire una visione ormai datata dello scenario, e che soprattutto non avvicina la clientela odierna alto spendente. Perché quelli, i collezionisti pesanti, comprano ancora moderno negli stand dei soliti noti, oppure addirittura fuori fiera, nella villa storica in cui Massimo De Carlo ha organizzato una mostra vip in totale autonomia, imponendo il suo standing ormai di caratura internazionale. Perché lui è così forte che la fiera se la fa da solo.

Ecco dunque che, alla domanda “ti è piaciuta la fiera?” è difficile dare una risposta univoca. Non si può dir nulla alla Bonacossa, ha fatto quello che doveva fare e l’ha fatto bene. Non stanno al passo invece le gallerie, che si aggrappano con le unghie a quello che hanno commerciato negli ultimi 30 anni, senza accorgersi che stanno lucidando le maniglie sul Titanic. Già, perché se le nuove generazioni spendono e spandono Ethereum sui marketplace mondiali, quelle over 70 comprano il Realismo Magico, gli Spazialisti, i Dorazio, i Burri, e le carte intelate a buon prezzo.

Francamente ho trovato infine veramente scariche le sezioni dedicate all’arte digitale e agli NFT, molto poco rappresentative di quello che sta succedendo in questo settore, e soprattutto relegate ad una piccola quarantena. I display delle opere sono insufficienti, e le opere non sono quelle di chi l’arte digitale la sta facendo e la sta portando avanti. Ad ogni modo è solo la mia visuale, viziata dal fatto che mi sono occupato moltissimo di digitale e crypto nell’ultimo anno. Mi aspettavo qualcosa di più. Qualche big in più.

Allego qui, per chiudere, una delle opere che ho apprezzato di più, quella di un bravo artista italiano che sta facendo bene, come la sua galleria.

Nicola Samorì, Chimera, oil on alluminium, Courtesy of the artist and Monitor Rome, Lisbon, Pereto, Size 150x100x3 cm

Per approfondimenti più tempestivi, se vi va, potete seguirmi su Instagram @giacomonicolellamaschietti

Qui sto apprezzando un bel Sandro Chia alla Galleria dello Scudo di Verona.

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