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È morto a 80 anni Pier Luigi Tazzi, eclettico critico d’arte e filosofo

Pier Luigi Tazzi Pier Luigi Tazzi
Pier Luigi Tazzi
Pier Luigi Tazzi

Curatore e critico d’arte fuori dagli schemi, Tazzi curò mostre alla Biennale di Venezia e a Documenta di Kassel. Lo ricorda Fabio Cavallucci

L’esperienza non è chiusa: continua”. Così Pier Luigi Tazzi concludeva un approfondito testo nel quale sviscerava uno dei fulcri dei suoi sconfinati interessi, la fotografia. E ci piace pensare che questo statement sia valido in assoluto, ora che l’eclettico critico d’arte (e filosofo) ci ha lasciati, all’età di 80 anni. Era con gli amici di sempre nella sua Toscana, dove tornava dalle sue peregrinazioni in Oriente, specie in Thailandia, dove a NongPrue aveva fissato una sua residenza che alternava a quella di Capalle. L’esperienza continua: e la sua, quella che lascia in eredità a tutti noi, è quanto mai ricca e feconda.

In un mondo dell’arte folto di prime donne, lui – che vantava successi alla Biennale di Venezia, a documenta Kassel, nei più importanti musei del mondo – era la persona più disponibile al dialogo e all’accoglienza dell’altro. Molti, anche giovani quando lui aveva già raggiunto i migliori traguardi, possono ricordare le cene nelle quali lui si sedeva in gruppi di critici esordienti. Prontissimo a scendere da un immaginario “piedistallo” da lui mai calcato, per distribuire perle di saggezza e di etica sociale e culturale. Ed a suggerire percorsi che per lui sono sempre stati autonomi, sinceri e al di luori dei vari “pensieri correnti”.

È questo il più diretto ricordo che ci torna ora alla mente, nel momento del distacco. Un distacco che fisicamente era frequente, dato che Pier Luigi Tazzi spariva nel suo Oriente per mesi, anche per anni. Oggi quindi riserviamo solo poche righe a ricordare lo spessore di un personaggio che del resto non necessita di dati. Curatore e critico d’arte, dal 1976 al 1986 è stato professore alla Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze. Ed è stato Lecturer in numerose università straniere, dal Goldsmith College di Londra alle Università di Stoccolma e Kassel. Ha collaborato con numerose riviste italiane e straniere, tra cui Ottagono, Casabella, Art Forum. Ha curato una sezione della XLII Biennale di Venezia, 1988, e nel 1992 la Documenta IX di Kassel, assieme a Jan Hoet e altri. E alla 49° Biennale di Venezia il progetto Refreshing, con Fabio Cavallucci.

 

Fabio Cavallucci
Fabio Cavallucci

Per me è stato una guida, ha fondato un metodo”, lo ricorda ora Cavallucci per ArtsLife. “Partiva dalle proposte artistiche reali per sviluppare una visione generale. I due punti estremi (l’attenzione alla pratica artistica e la teoria) erano compresenti e bilanciati nel suo operato. Attraversava le generazioni, gli spazi e i valori artistici con la curiosità di un giovane alle prime armi. Lo potevi incontrare a discutere con Marina Abramovic o a dedicarsi allo studio di un giovane artista appena uscito dall’Accademia con la stessa dedizione. In questo sistema italiano che guarda più al vestito che al contenuto è stato fortemente penalizzato”.

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