Amarcord 64 – Un nuovo appuntamento con la rubrica di Incontri, Ricordi, Euforie, Melanconie di Giancarlo Politi: Dakis Joannou, il più grande collezionista dei nostri tempi
Io e Helena abbiamo conosciuto Dakis Joannou nel 1983 ad Atene. Efi Strousa, autorevole critica d’arte greca, nostra amica e collaboratrice, ci invitò appunto ad Atene in occasione della mostra di artisti greci voluta da Dakis e coordinata da lei all’Hotel Intercontinental di proprietà dello stesso Dakis. Pur collocata in un hotel, la mostra aveva una sua dignità formale (come tutti gli eventi successivamente realizzati da Dakis, sempre estremamente curati con un grande senso dell’allestimento, a cui lui, pluriarchitetto, partecipava direttamente). E proponeva un eccellente panorama della giovane arte greca che cercava di affacciarsi sul palcoscenico internazionale. L’hotel era un cinque stelle lusso e la nostra stanza si affacciava sull’Acropoli e per me e Helena fu un’esperienza sconvolgente.
Ci affacciavamo alla finestra e con l’Acropoli avevamo di fronte la grandezza e l’apoteosi della nostra prima vera civiltà e premendo un tasto dell’ascensore ci trovavamo al piano terra, immersi nella Grecia dei giorni nostri. Un salto culturale e storico di 2.500 anni in pochi secondi. Un turbamento inaudito da lasciarti senza fiato. In quell’occasione, grazie alla solerte Efi Strousa e alla “grandeur” di Dakis Joannou (mai abbiamo incontrato nella nostra vita un imprenditiore e collezionista più generoso e illuminato), entrammo nel forte cuore antico e in quello fragile della nuova Grecia. E l’ottimo ristorante dell’Intercontinental, per noi gratis e a portata di mano, sempre con vista sull’Acropoli, era una favola. In quel maggio del 1983, dopo sei anni dal matrimonio, ci sembrò di aver realizzato quel meraviglioso viaggio di nozze che non avevamo mai effettuato per superficialità e fretta giovanile e accanimento nel lavoro.
Inoltre Dakis ci metteva a disposizione un comodo taxi per visitare le gallerie d’arte e i siti archeologici di Atene. Insomma un sogno quel nostro primo approccio con l’Atene dei nostri ricordi mitologici ma anche dei giorni nostri. Dakis Joannou era un imprenditore di successo che realizzava opere importanti nel Medio Oriente ma anche, già nel 1983, un appassionato neofita di arte contemporanea. Il suo primo incontro con l’arte avvenne a Roma, da studente di architettura, con un’opera di Lucio Del Pezzo, Valerio Adami e una scultura di Giorgio de Chirico. Che ci mostrò orgogliosamente nella sua splendida casa di Atene.
Un episodio curioso: Dakis volle invitarci – me, Helena ed Efi Strousa – in un tipico e famoso ristorante greco, mèta ambita dall’elite culinaria e snob della città. Ambiente spartano (ad Atene?), tavoli e sedie di legno, tovaglie di carta, acqua del rubinetto in caraffa e vino sfuso. Tutto come si conviene a un ottimo ristorante che vuol ritenersi “tipico” ma anche un po’ bohémien. Ottima cucina mediorientale con specialità regionali. Io e Helena apprezzammo molto la cena, pur rimpiangendo lo straordinario ristorante dell’hotel di Dakis, con pasta italiana e pesce ottimo e vini prelibati.
Tornato in hotel mi sentii stanchissimo, ma pensavo fossero le emozioni e il viaggio. Durante la notte ebbi un attacco di dissenteria con febbre a 41°. Il mattino successivo Dakis mi mandò un solerte dottore che conosceva bene quei sintomi, dovuti all’acqua del rubinetto che avevo bevuto durante la cena e mi curò adeguatamente. Ma io restai a letto distrutto almeno un paio di giorni, mentre Helena e Dakis ed Efi se la spassavano visitando artisti e gallerie. La cosa strana fu che soltanto io fui colpito da quel vitus, mentre Helena, in genere molto più sensibile di me, ne restò immune. Forse bevvi troppa acqua del rubinetto in luogo dell’ottimo vino rosso locale.
DESTE, 1983-2015, un catalogo ma anche il percorso dell’arte degli ultimi 50 anni
Ma quel primo viaggio suggellò una fraterna amicizia tra noi e Dakis Joannou che ci invitò successivamente e sempre lussuriosamente a numerose mostre della DESTE Foundation (così infatti si chiama l’istituzione di Dakis che poi ha fatto storia) di cui voglio ricordare, anche se un po’ in ritardo per qualche strano lapsus, un prestigioso libro/catalogo dal titolo DESTE, 1983-2015. Volume magistralmente progettato da Dan Friedman che consiglio a chi avesse la fortuna di incrociarlo, di non lasciarselo sfuggire, a qualsiasi prezzo, perché è certamente il miglior libro sull’arte degli ultimi 50 anni. Con illustrazioni splendide e testimonianze preziose e non faziose di critici e artisti. 850 pagine sorprendenti, che nessuna mostra d’arte né museo potrebbero offrirvi.
Un percorso vivo ed emozionante, attraverso le scelte magistrali del suo protagonista, quel Dakis Joannou che dopo il nostro primo incontro del 1983 intraprese con una intelligenza e velocità mai vista, anche attraverso la stretta collaborazione con Jeffrey Deitch (che forse noi stessi gli suggerimmo) a cui va il merito, in qualità di consulente, di averlo indirizzato verso gli artisti seminali del momento, a partire da Jeff Koons di cui Dakis possiede circa 40 opere. E la consuetudine con Jeff Koons aiutò Dakis a crescere nella conoscenza e valutazione dell’arte del momento. Ma il rapporto con gli artisti da parte di Dakis è stato sempre speciale e cruciale. Sembrerebbe quasi lui sia più interessato all’artista come persona, con cui lui si immedesima sempre, che alla sua opera, che però custodisce religiosamente e in modo impeccabile. Ma per Dakis l’opera d’arte rappresenta una chiave di lettura del mondo e della vita, soprattutto attraverso il pensiero degli artisti.
Ed è curioso vedere questo grande imprenditore, uno dei maggiori del Medio Oriente, con impegni in numerosi paesi, dedicarsi a te, amico o artista, con attenzione e una umiltà assoluta. Mai una telefonata ha disturbato i nostri incontri. Per Dakis, in qualsiasi momento viene prima il suo interlocutore, poi il suo lavoro. Cosa mai vista, abituati come siamo alla paranoia di collezionisti imprenditori, frettolosi e superficiali. Invece Dakis ha sempre, ma proprio sempre voluto conoscere l’artista di cui ha acquistato le opere. Acquistava in galleria o in asta solo su indicazione dell’artista, quando questi non disponeva di una certa opera. Perché Dakis non acquistava semplicemente un’opera dell’artista, ma solo quell’opera con quello specifico significato e contenuto.
Non ho mai conosciuto un collezionista che si sia evoluto e aggiornato con la passione, l’amore e velocità di Dakis. Una sua citazione che sottoscrivo pienamente: “… Importante è il Sistema dell’arte ed è importante farne parte. Voglio dire che tu non puoi lavorare da solo nel centro dell’Africa, non parlare con nessuno, non conoscere nessuno, non importa quanto sia eccellente il tuo lavoro, nessuno ti conoscerà mai. La struttura del sistema dell’arte ti può aiutare, anche se non sei un bravo artista, Ma per quanto tempo? Un anno, due anni, poi sarai dimenticato. Ma se tu sei veramente bravo e solido, il sistema dell’arte ti collocherà nella posizione che tu meriti. Perché il vero giudice di ogni cosa è il tempo. Non lo sono io o nessun altro. Non lo è un critico o gallerista. Solo il tempo è il vero giudice”.
Tutti gli artisti più bravi, creativi e anarchici sono entrati nella immensa collezione di Dakis Joannou attraverso le grandi mostre che lui organizzava ad Atene ma anche a Hydra, isola deliziosa, dove Dakis possiede una grande residenza per la sua famiglia e per gli amici. E dove noi per anni abbiamo trascorso le più belle vacanze della nostra vita, nella magnifica villa di Dakis che dominava la cittadina e il porto. 300 scalini per arrivarvi, talvolta faticosi per me, ma poi era il Paradiso.
Potrei e dovrei scrivere un libro su Dakis: ma per sintetizzare l’incontro con questo magnifico volume che è DESTE 1983-2015 trascrivo qui alcuni nomi. Solo una minima parte, degli artisti che fanno parte della vita e della collezione di Dakis. Non sempre i più famosi o costosi. Ma sempre i più rappresentativi del momento in cui hanno operato, snodi fondamentali del pensiero e dell’arte del nostro tempo. La collezione di Dakis Joannou è il vero Zeitgeist dell’arte degli ultimi 50 anni. E ancora oggi, malgrado le obsolescenze a cui assistiamo, sfogliare DESTE 1983-2015 significa attraversare in assoluto tutta l’arte e le sue tempeste dagli anni ’80 ad oggi. I disastri e le speranze di un cinquantennio che ormai ci appare lontano un millennio.
Alcuni artisti della sua collezione: Alighiero Boetti, Joseph Kosuth, Bruce Naumann, Gilberto Zorio, Marina Abramovic, John Armleder, Jeff Koons, Haim Steinbach, Vanessa Beecroft, Robert Smithson, Peter Fischli, David Hammons, Katharina Fritsch, Peter Halley, Martin Kippenberger, Pino Pascali, Edward Ruscha, Charles Ray, Cady Noland, Robert Gober, Paul McCarthy, Mike Kelley, Matthew Barney, Damien Hirst, Chris Ofili, Chen Zen, Nari Ward, Shirin Neshat, Mariko Mori, Cindy Sherman, Rosemarie Trockel, Christofer Wool, Kiki Smith, Gabriel Orozco, Pavel Althamer, Tino Sehgal, Urs Fischer, Roberto Cuoghi (suo amore particolare), Andro Vekua… E tante, tante opere particolari di Maurizio Cattelan.
Chi ha un po’ di dimestichezza con la grande arte internazionale si renderà conto della portata della collezione di Dakis Joannou. Perché agli artisti da me quasi casualmente indicati ne andrebbero aggiunti almeno un centinaio altrettanto interessanti. E che hanno contribuito a scrivere la storia dell’arte dell’ultimo cinquantennio.
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