L’inaugurazione del Monfest 2022 non avrebbe potuto avere un esito migliore con oltre 4 mila visitatori nei soli primi due giorni. In totale sono 13 le mostre da ammirare negli affascinanti spazi di Casale Monferrato.
La città si presta come un palcoscenico davvero straordinario per le location spettacolari che offre: il Castello, la Sinagoga, la Cattedrale di Sant’Evasio, il Teatro, chiamato La Piccola Scala, e Palazzo Gozzani Treville, dove ha sede l’Accademia Filarmonica. Un’imperdibile occasione per conoscere meglio gli artisti protagonisti assoluti di questa prima biennale internazionale di fotografia, che si terrà dal 25 marzo al 12 giugno prossimi.
Casale Monferrato è un vero contenitore di storia. La città è costruita in mattone e pietra arenaria dal sedimento marino, il Po fungeva da autostrada, un punto di controllo, ma anche di fuga. Un luogo fiabesco, ricco di scorci storici e paesaggi mozzafiato che rinnova il suo antico splendore attraverso l’arte e la fotografia contemporanee. La volontà non era quella di creare una mostra-evento, ma di coinvolgere la città nel festival.
La prima mostra fotografica del festival è quella di Gabriele Basilico a cura di Andrea Zanini, che celebra i luoghi più importanti di questa cittadina. Vi è anche una fotografia di Beirut, inserita per il legame che possiede con il drammatico scoppio della guerra in Ucraina avvenuto lo scorso 24 febbraio.
Nelle fotografie eseguite dall’artista nel 2006 si raccontano le piazze, i vicoli e le architetture non solo di Monferrato, ma anche di Tortona, Ovada ed Alessandria.Nel 2009, ispirato dai ritratti documentaristici di Pietro Donzelli, l’artista passa da un’indagine sulla forma e l’identità delle città in costante mutamento fino agli immobili e silenziosi paesaggi dell’Adriatico.
Nella sala adiacente alla prima, vi è un lavoro molto poetico, curato da Giovanna Calvenzi e intitolato Il Tanaro a Masio di Vittorio Fossati. Il Tanaro a Masio sono una serie di appunti visivi nei quali l’artista fotografa i rami, gli alberi, la sponda del Canaro. É una sorta di pittura di luce nella quale la natura si riappropria degli spazi cittadini ed il confine tra terra e acqua si esaurisce in un gioco di riflessi.
Un salto all’indietro nella storia avviene grazie a Claudio Sabatino, che conduce lo spettatore all’interno delle rovine pompeiane. Sabatino non fotografa solamente la catastrofe di questa città, ma anche tutto ciò che vi è intorno, ovvero la speculazione edilizia. L’allestimento voluto dalla curatrice Renata Ferri unisce di conseguenza due realtà contrastanti, la magnificenza dell’antica Pompei e la parte di più recente costruzione di questa città, che consente una riflessione sulla relazione mutevole del paesaggio tra passato e presente.
Di fianco a Sabatino vi è Valentina Vannicola, una delle promesse dell’arte fotografica italiana che presenta il lavoro Living Layers, una materializzazione del lungo rapporto dell’artista con il quartiere di Tor Pignattara. Vannicola è una rappresentante della “staged photography”. In queste foto mette in scena gli abitanti del luogo all’interno di un tempo sospeso e un po’ surreale. Sono fotografie estranianti che rappresentano un territorio. Vi sono anche una bacheca con dei plastici, i suoi album e degli schizzi preparatori. L’artista riesce a trasmettere il patrimonio intangibile di questo quartiere, costituito dallo stato emotivo che ogni luogo proietta in chi lo abita. Valentina rivela le inquietudini più profonde, il disagio esistenziale del sentirsi intrappolati in un luogo che diventa una prigione, la volontà di disfarsene, partire per non tornare più e infine il ritorno nello spazio mentale in cui tutto questo viaggio è iniziato.
Un altro ciclo di opere con una parvenza surreale è quello di Silvio Canini. Il territorio preso in analisi questa volta è la riviera romagnola, attraverso scatti in cui traspare tutto l’amore del fotografo per il mare. La malinconia è la regina indiscussa di queste fotografie, in particolar modo in Mare di Silenzio, nelle quali la spiaggia è ritratta durante un inverno nevoso che la ricopre totalmente di bianco. Una visione silenziosa di magica solitudine. Nella serie Venditori d’ombra la medesima spiaggia è descritta in modo opposto, il candido riflessivo è soppiantato dalla vivacità dei colori estivi e dai bagni di folla che la popolano con divertimento e leggerezza, restituendo una serie di scene molto pittoresche.
Fotomorfosi Infernot è una mostra curata da Simona Ongarelli, l’artista Ilenio Celora fotografa le piccole architetture apogee denominante Infernot.
Gli infernot sono piccoli manufatti di 4/5 metri quadrati, scavati nella pietra da cantoni, e destinati alla conservazione delle bottiglie di vino. Nel 2014 sono stati riconosciuti Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Delle cantine silenziose che ospitano il vino più pregiato, poiché mantengono una temperatura costante tutto l’anno, costruiti a cavallo tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento, sono architetture spontanee realizzate all’interno delle case. Le immagini che li rappresentano vengono dal buio, in quanto non vi era la luce artificiale e vi si scendeva con una candela, dunque si è deciso di non incorniciarle. Nella seconda sala dell’infernot dove la mostra è esposta, vi è una proiezione stereografica, che dona un’immagine simile a quella della realtà virtuale, realizzate con una ripresa sferica a 360°.
Non poteva mancare un Omaggio a Francesco Negri, avvocato, Sindaco di Casale Monferrato dal 1881 al 1888, noto soprattutto per la sua attività instancabile di fotografo e di sperimentatore. I suoi esperimenti nel campo della microfotografia, ad esempio, gli consentirono di fotografare, tra gli altri, il bacillo della tubercolosi e di entrare in contatto epistolare con Robert Koch. Queste microfotografie, le stereoscopie, le tricomie e allo stesso modo il teleobiettivo da lui brevettato, gli consentirono uno sguardo sul mondo più da vicino, un’immersione all’interno dell’invisibile, arricchita da una profonda capacità empatica, in grado di cogliere l’espressività camuffata degli adulti e di rubare quella spontanea ed effimera dei bambini.
Nella sala consiliare del Comune è stata proclamata la vincitrice, autrice del migliore tra i 37 lavori pervenuti. Si tratta di Silvia Camporesi e del suo Domestica, un diario per immagini di 30 giorni casalinghi durante il primo lockdown, nella primavera 2020. L’intima e delicata serie fotografica della Camporesi è un’indagine sulla condizione esistenziale di disagio e paura con il compito taumaturgico di frammentare la quotidianità e ricomporla pezzo per pezzo nel tentativo di creare una realtà fantastica. Si tratta di un diario personale, un viaggio immersivo nel flusso di coscienza che mira alla costituzione di equilibri inediti, l’aspirazione a nuova conoscenza resa possibile grazie a un’interpretazione rivitalizzante. Silvia plasma il linguaggio fotografico per restituire un’esperienza umana, personale, un affresco di questo periodo di isolamento, della vita di ogni giorno, fatta di emozioni semplici, ma autentiche.
Il fotografo milanese Raoul Iacometti, quando un silenzio mortale inghiottiva i teatri durante il periodo di chiusura per la pandemia, ha creato un set fotografico a casa sua e nelle case dei grandi protagonisti della danza internazionale: ha poi collegato i due spazi con un telefono, simbolo dei rapporti in quel periodo di limitazioni. #homeTOhome è il titolo di questo progetto realizzato su un palcoscenico virtuale, che frantuma qualsiasi barriera architettonica senza l’utilizzo di Photoshop, ma attraverso vere interazioni realizzate durante interazioni su Whatsapp. Ne è nato un progetto artistico in cui i grandi ballerini diventano parte della quotidianità casalinga. Gli artisti coinvolti sono più di quaranta e a loro volta hanno scelto varie ambientazioni all’interno delle loro abitazioni nelle quali si sono fatti fotografare mentre assumevano pose plastiche.
Nelle maestose logge del Duomo cittadino, i candidi colonnati ritrovano una rinnovata spiritualità grazie alle opere di Maurizio Galimberti. L’artista onora e reinterpreta L’Ultima Cena con l’opera Tributo a Leonardo grazie alla Polaroid, che riutilizza per reinventare la tecnica del “Mosaico Fotografico” che adatta alle figure del celebre dipinto. Il frutto del progetto nasce da un’idea del collezionista e amico Paolo Ludovici, che mette in sinergia per l’appunto la Polaroid/Fuji Instax con il digitale.
La sinagoga di Casale ospita Il ciclo di opere Viaggio in Israele e Palestina dell’artista di origine ebraica Lisetta Carmi. La forte pulsione della Carmi nei confronti delle problematiche sociali, la spinge a rappresentare i contrasti esistenti tra Israele e Palestina e la difficile convivenza di queste due culture agli antipodi ritratta con forte sensibilità, spirito artistico e una profonda empatia dell’artista nei confronti di chi è emarginato e lotta contro le ingiustizie.
All’interno dell’Accademia Filarmonica vi è la mostra Future armonie a cura di Benedetta Donato che comprende la già citata mostra personale di Silvia Camporesi, Domestica – Vincitrice del Premio Soroptimist Storie di donne, la videoproiezione di Daniela Berruti, Una storia d’amore – Menzione Speciale Progetto dedicato a Casale Monferrato con i progetti di altre cinque autrici finaliste: Anne Conway, Isabella De Maddalena, Isabella Franceschini, Patrizia Galliano, Antonella Monzoni, a cura di Stefano Viale Marchino e la mostra collettiva, Guardarsi per rinascere. Ritratti e autoritratti al femminile, realizzata dalle studentesse dell’Istituto d’Istruzione Superiore Leardi – Liceo Artistico Angelo Morbelli, a cura di Ilenio Celoria.
Con questa iniziativa Casale Monferrato si configura come una tappa fondamentale all’interno del mondo dell’arte contemporanea, le sue mostre resteranno godibili oltre le giornate del Festival fino al 12 giugno 2022 e naturalmente saranno accompagnate da workshop, letture, portfoli e talk con il fine di realizzare un’esperienza fruibile a 360° in termini di pubblico e tematiche presentate.
Questo il link per consultare il programma completo.