Scivola placida la Mosa colorandosi degli intarsi azzurro caldi dei cieli di Maastricht dipinti di sbruffi di nubi flamboyant. Sopra, livello ponte strada, gli stendardi floreal fiamminghi firmati TEFAF campeggiano per le vie della città tirate a festa, dalla turrita Staationsplein ferroviaria al centro storico medievale che gravita sulla severa San Servazio. Tefaf is terug! titolano a caratteri cubitali gutturali le riviste di settore appese per le edicole della città. Tefaf is back! si legge sulle locandine appiccicate con orgoglio alle vetrine degli amabili negozietti del paese, tra una sfilata di marmellatine di rabarbaro e un compendio di giochi artigianali di legno rigorosamente ad incastro. La più importante fiera del mondo di arte e alto antiquariato è tornata a popolare il centro fieristico MECC (dal 25 al 30 giugno), contaminando mezzo Limburgo. In presenza (dopo oltre due anni), e in un’insolita parentesi di prima estate. Caldissima. Com’è stato per Art Basel dieci giorni fa, e BRAFA a Bruxelles settimana scorsa. Temperatura inusuale per una trasversale atmosfera cittadina collaterale, dai bagni e gli sguazzi nelle fontane pubbliche di Basilea a una Grand Place notturna satura di gente ai piedi del gotico fiammeggiare della Tour Inimitable. Fino alle feste in giro per Maastricht ad ogni ora, corredate a canti e balli nudi e selvaggi che fanno da mirabile contraltare alla litania ostriche e reali della vip preview da fiera, venerdì 24 (da segnalare, all’anteprima, la presenza in massa di collezionisti e direttori di musei americani e europei come nei tempi d’oro pre-pandemia, e il conseguente giubilo di bollini rossi alle pareti dei booth come costellazioni durante la strawberry moon).
TEFAF versione solstizio d’estate chiude così un trittico fieristico irripetibile condensato in meno di due settimane a giugno, causa posticipazioni per Covid di inizio anno (un tris d’assi anticipato dal prezioso preludio di carta del Salon du Dessin a Parigi e chiosato dall’altra parte della Manica con Masterpiece a Londra, da giovedì). Prima e ultima volta. Tutto, dalla prossima stagione, ci assicurano, tornerà come sempre. Brafa a fine gennaio, TEFAF a inizio marzo, all’alba della primavera il delizioso Salon parigino. Per quest’anno niente tulipani, a parte quello screziato e sgualcito che lacrima rugiada d’opale sulla immagine guida dell’evento. Tinte fresche e corolle di seta piovono dai soffitti in sospensione appena varcati i tornelli d’ingresso. Gigli, fresie, peonie, clematis e viburni assemblati in eleganti provette di vetro cascano festanti dai cieli del MECC nel più classico tripudio vegetale che accoglie il visitatore in fiera. Foto di rito sotto il tappeto di fiori e via per gli stand, tra le soffici temperature di grigi che scaldano il pavimento a moquette. 243 le gallerie quest’anno (23 le italiane). Una cinquantina meno dell’anno passato. Motivo: la concomitanza di altri eventi fieristici e quindi la necessaria riduzione del tappeto calpestabile. Meno spazi espositivi (e meno giorni, solo 6 al posto dei tradizionali 9) ma qualità sempre altissima, il livello è costantemente museale. Grazie al leggendario vetting: due giorni di spietato controllo qualità da parte del comitato scientifico. Ne si vedono le conseguenze sui cartellini didascalici frettolosamente cambiati e/o modificati all’ultimo. Unica pecca, la sezione di arte moderna e contemporanea (le altre sono le solite perenni Dipinti, Antichità, Alta Gioielleria, Arte tribale, Arte Antica, Design, Opere su Carta e la sezione Showcase, con 6 gallerie emergenti che partecipano per la prima volta). Ma oramai ci si deve abituare, e convivere. Per quanto l’offerta sia elevata -tante cose si erano già state viste tra Basel e Brafa- questa tipologia di proposta si discosta totalmente dall’identità della fiera, snaturandone unicità e coerenza globale. Se voglio vedere il contemporaneo vado a Frieze, Basel o nelle mille fiere e fierette che popolano il sistema dell’arte ad ogni latitudine. TEFAF è antico, la regina dell’antico. E la si ama incondizionatamente, molto più che Maxima d’Olanda, la regina consorte.
Di seguito il meglio visto in questa 35esima edizione.
David Teniers II, Natura Morta, 1635 circa (Caretto & Occhinegro)
Juana Romani, Erodiade, 1890 (Daniel Katz)
Ter Brugghen, Crocifissione, 1624-1625 (Adam Williams-Amells Konsthandel)
Willem Van de Welde, La partenza della flotta olandese, 1645 (Colnaghi)
Giovanni Castrucci, Veduta di Praga, inizio ‘600 (Galerie Gismondi)
Jan Lievens, Uomo anziano, 1629 (Lullo Pampoulides)
Pietro Papi, Coppia di anfore istoriate, Urbania, 1670 (Alberto Di Castro)
Antonio Rasio, Figura Antropomorfa, XVII secolo (Trinity Fine Art)
Jacopo de’ Barbari (attribuito), Architetto, 1501-1505 (Caretto & Occhinegro)
Vittore Carpaccio, Madonna con Bambino, 1495-1500 ca (Nicholas Hall)
Gesina Ter Borch (attribuito), Ritratto di Moses Ter Boch, ‘600 (Salomon Lilian)
Goya, Ritratto di Juan Lopez Robredo, 1799 (Caylus)
Procaccini, Sacra Famiglia, 1620-1625 (Sarti)
Bernard van Orley, Madonna con Bambino, primi del ‘500 (Agnews)
Maestro dell’Atelier di Saint-Léger, Madonna con Bambino, Francia, 1540 ca (Stuart Lochhead)
David Rijckaert il Giovane, Natura Morta, ‘600 (De Jonckheere)
Giovanni Francesco Travani, Piatto d’argento di presentazione papale recante lo stemma della Famiglia Tavora, 1670 (Galerie Kugel)
Nikolaus Pfaff, The Grimacing Goblet, Praga, 1608 (Kunstkammer Georg Laue)
Breviario gotico francese decorato in ogni pagina, 1300 circa (Les Enluminures)
Fede Galizia, Natura Morta, 1625-1630 ca (Colnaghi)
Filippo Passarini, Cornice di legno di cipresso, metà del 18° secolo (Enrico Ceci)
Jacopo e Francesco Bassano, Mosè colpisce l’acqua dalla roccia, 1575-1578 ca (Lullo Pampoulides)
Apollinaire, Calligrammi, 1918 (Libraire Clavreuil)
Felix Vallotton, Natura Morta con Fragole, 1921 (Didier Aaron)
Vincenzo Castellini, Vergine in preghiera, 1779 (Alessandra Di Castro)
Tappeto Millefiori, Francia, 16° secolo (De Wit)
Michael Sweerts, Allegoria del Tatto, 1655-60 (Robilant + Voena)
Giovanna Garzoni, La Vergine della Sedia, 1649 (Rob Smeets)
Christoffel Pierson, Natura Morta con strumenti di falconeria, ‘600 (Salomon Lilian)
Regina (pezzo di scacchi), Norvegia, XII secolo (Brimo De Laruossilhe)
Fragonard, San Pietro, 1768-1770 ca (Wildenstein)
Salvator Rosa, Annuncio ai Pastori, ‘600 (Porcini)
Trittico di Jan Brueghel il Vecchio, 1594 (Richard Green)
Giovanni da San Giovanni, Annunciazione, 1600-1620 (Galerie Kugel)
Jan Bogaerts, Natura Morta, 1939 (Bies Kunsthandel)
Dirck Santvoort, Giovane ragazza, 1632 (Richard Green)
Paul Heermann, Scacchiera in ebano e avorio, Dresda, 1705 (Kugel)