Nel 2023 lasceranno i loro incarichi Richard Armstrong, direttore del Guggenheim, e Daniel H. Weiss presidente e CEO del Metropolitan
Ormai i musei, quelli statunitensi in primis, sono più “soggetti sociali” che luoghi dove cercare arte, storia, scienza. Se ne rende facilmente conto chiunque abbia seguito le cronache culturali degli ultimi anni. Fra cancel culture, gender equality, #metoo e soprattutto questioni razziali, queste istituzioni sono più coinvolte in faccende sociali che culturali, intese in senso “classico”. Se ne ha conferma ora, che due dei più importanti musei americani – e mondiali -, Guggenheim e Metropolitan, annunciano prossimi cambi nelle posizioni di vertice. E nel farlo, elencano gli immancabili successi ottenuti dai due – Richard Armstrong direttore del Guggenheim, Daniel H. Weiss presidente e CEO del Metropolitan – nei rispettivi mandati.
Clamorose acquisizioni? Incrementi senza precedenti di visitatori e di introiti? Mostre che hanno fatto la storia? Non troppo, ad essere rimarcati – anche dalla stampa – sono come dicevamo più i loro inchini al politically correct. Ad accomunare i due, ad esempio, c’è la rimozione del nome Sackler da ogni coinvolgimento con il museo. Sicuramente necessaria, dopo che la celebre e munifica famiglia è sotto accusa per aver causato negli States un’epidemia di oppioidi distribuendo l’antidolorifico OxyContin. Ma siamo sicuri che sia un fatto qualificante nell’operato di un dirigente?
Ed i toni sono questi, anche per altri aspetti. Di Armstrong, che lascerà nella prossima primavera dopo oltre 14 anni alla guida del Guggenheim, si loda la pronta risposta alle richieste di cambiamento sulle disuguaglianze razziali, il rafforzamento delle politiche di denuncia di discriminazione e l’analisi di mostre e acquisizioni attraverso la lente dell’equità e della diversità. Di Weiss, che lascerà il Metropolitan nel giugno 2023, i documenti rimarcano fra l’altro l’aver assunto il primo chief diversity officer del Met e la risposta alle proteste di Black Lives Matter…
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