18 ottobre 2012 – 17 febbraio 2013, MAXXI, Roma
“Questa mostra non è sull’architettura di Le Corbusier, ma sulla cultura italiana e l’influenza che questa ha esercitato sull’opera di quell’architetto”, annuncia Margherita Guccione, Direttrice del MAXXI Architettura, durante la conferenza di presentazione alla stampa dell’esposizione “L’Italia di Le Corbusier” che, dal 18 ottobre 2012 al 17 febbraio 2013, occuperà le sale al pian terreno del Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma. Quello che il pubblico potrà ammirare, dunque, è “un Le Corbusier insolito”, aggiunge Marida Talamona, curatrice della mostra, “meno conosciuto, ma di grandissima rilevanza”. Un Le Corbusier che, come afferma Antonia Pasqua Recchia, Commissario Straordinario della Fondazione MAXXI, “sintetizzando in sé la professionalità dell’architetto, la ricerca dell’artista, la curiosità dell’uomo”, grazie alle suggestioni della nostra cultura e alle relazioni instaurate con artisti ed architetti italiani suoi contemporanei, riuscì a scrivere alcune tra le pagine più luminose dell’architettura del Novecento. “L’Italia -resterà per Le Corbusier fonte inesauribile d’ispirazione” conclude Jean-Pierre Duport, Presidente della Fondation Le Corbusier di Parigi che, insieme ad altre prestigiose istituzioni pubbliche e private sia italiane che straniere, ha fornito l’abbondante documentazione che rende particolarmente ricca questa mostra.
320 documenti originali e 300 fotografie, infatti, sono i testimoni di quel grand tour che, nella più antica tradizione, ha visto artisti ed architetti stranieri scendere lungo la nostra penisola per completare il loro percorso di studi e a cui anche le Corbusier non è riuscito a sottrarsi.
L’Italia, dunque, appena reduce dai festeggiamenti dei 150 anni della sua esistenza con i suoi paesaggi e le sue architetture capaci di ispirare suscitando nostalgie, è al centro di due belle mostre aperte a Roma quasi in contemporanea che indagano sui legami praticamente sconosciuti tra due artisti del Nord, Le Corbusier, appunto, e Paul Klee, due protagonisti indiscussi della scena mondiale che, più o meno negli stessi anni, vennero nel nostro Paese traendone linfa per la loro opera. “L’anima anela al Sud” scriveva Paul Klee in una sua lettera prima di raggiungere, nel 1901, le nostre coste. Lo stesso anelito colse Le Corbusier sei anni più tardi con conseguenze fondamentali per tutta l’architettura mondiale dell’ultimo secolo.
È dal 1959 che Roma non ospitava una retrospettiva sul grande architetto. Nel 2007, in occasione del primo viaggio di Le Corbusier in Toscana, si era svolto a Roma il XV degli incontri annuali organizzati dalla Fondation Le Corbusier che può ritenersi una anticipazione dell’attuale esposizione. Grazie alla collaborazione della Facoltà di Architettura di Roma Tre, l’Accademia Nazionale di San Luca, la Casa dell’Architettura di Roma e la Villa Adriana, già quell’incontro aveva cominciato ad indagare le relazioni che Le Corbusier intrattenne per tutta la vita con gli architetti, i responsabili politici, gli industriali e gli intellettuali italiani che sono oggetto dell’attuale rassegna romana.
Una reading room offerta da Cassina, uno degli sponsor della mostra, fa da anticamera all’esposizione: tavoli essenziali, impreziositi da pubblicazioni di e su Le Corbusier che il visitatore può liberamente consultare, seduto su semplici sgabelli in legno a forma di cassette della frutta stranamente lucidate. Una citazione che prelude a quella che l’architetto Umberto Riva ha tratto da Le Corbusier e dai suoi studi sui materiali e che gli ha ispirato l’allestimento della rassegna, organizzata su pareti in tavolato grezzo, capaci sia di mettere in risalto i disegni e le foto eseguite dal maestro svizzero che di creare un dialogo perfetto tra queste e lo spazio espositivo circostante, concepito da Zaha Hadid.
Il percorso della mostra, cronologico e tematico, suddiviso in sezioni che corrispondono ai viaggi che Le Corbusier fece in Italia, va dal 1907 al 1965, anno della sua morte. La stessa suddivisione si riscontra nel corposo catalogo a cura sempre di Marida Talamona ed edito da Electa, che si avvale di importanti saggi firmati, oltre che dalla stessa Talamona, da studiosi di calibro internazionale scelti tra i massimi conoscitori dell’opera del maestro, quali Giorgio Ciucci e Jean-Louis Cohen che, insieme a Barbara Cinelli, Benedetto Gravagnuolo, Giuliano Gresleri, Francesco Passanti, Stanislaus von Moos e, naturalmente, Marida Talamona fanno parte del consiglio scientifico dell’esposizione.
Charles-Edouard Jeanneret (solo nel 1920 assunse lo pseudonimo di Le Corbusier in ricordo dei suoi avi paterni) nacque il 6 ottobre 1887 a La Chaux-de-Fonds in Svizzera dove, presso la locale scuola d’arte, studiò orientando i suoi interessi verso l’architettura, su consiglio del suo maestro, Charles L’Esplattenier. Nel 1906, la cassa di un orologio disegnata e realizzata da Le Corbusier (in mostra) fu presentata nella sezione svizzera dell’Esposizione internazionale di Milano. Oltre che architetto e urbanista, infatti, Le Corbusier fu anche designer nonché scrittore, scultore e pittore e i suoi acquerelli, studi e schizzi (raccolti su quaderni con a margine annotazioni e appunti su materiali, colori e forme) realizzati durante i suoi viaggi in Italia ne sono valida testimonianza.
A 20 anni, nel 1907, Jeanneret giunse in Toscana, prima e fondamentale tappa del suo percorso di formazione italiano che durò fino al 1922 e si avvalse di apporti derivati soprattutto da Firenze e dai suoi dintorni, Pisa, Roma,Villa Adriana, Pompei, Venezia, città, quest’ultima, che nel 1962, in una lettera indirizzata al suo sindaco, datata 3 ottobre e riportata su una gigantografia, Le Corbusier asseriva dovesse essere dichiarata “sacra”.
Un reliquario medioevale proveniente dal museo del Bargello (ad esso e all’importanza che ebbe sull’opera di Le Corbusier è dedicato il saggio scritto da Benedetta Chiesa, presente nel catalogo) ed esposto nella prima sezione della mostra fa da splendido contraltare ai numerosi disegni acquerellati e agli schizzi che Corbu dedicò alla Toscana nel suo primo viaggio italiano. Da Peter Behrens, conosciuto in un suo precedente soggiorno a Vienna e a Berlino, l’artista svizzero aveva tratto l’interesse per l’architettura classica che non era solo quella dell’antica Roma, ma anche quella di Palladio e Michelangelo a cui Le Corbusier in seguito si paragonerà. Affascinato da quanto lo circondava, schizzava velocemente e senza sosta ogni particolare in una sorta di diario che interpretava graficamente e non con le parole il suo pensiero.
Di tutti i grandiosi monumenti che incontrerà nel suo itinerario italiano del 1907, sarà una semplice cella della Certosa di Galluzzo a colpirlo a tal punto che le sue forme costituiranno l’idea base della casa tipo dell’operaio da lui progettata nel 1922 così come la domus pompeiana, ammirata nel suo viaggio del 1911, influenzerà i suoi progetti futuri di ville.
In mostra, oltre alle foto scattate dallo stesso architetto, tantissimi acquerelli di cui quelli eseguiti nel 1922 e dedicati al paesaggio toscano mostrano evidenti influenze tratte della rappresentazione della montagna Sainte-Victoire di Cézanne. Questi ci riportano a Le Corbusier pittore e all’esperienza legata alla rivista L’Esprit Nouveau che diresse con Ozenfant dal 1920 al 1925 nonché alla querelle sulla “proporzione” con Gino Severini la cui opera, insieme a quella di Carrà e Morandi, viene messa a confronto con quella del Corbu purista che mostra un’indubbia assonanza con la visione spaziale semplificata espressa dalle Nature morte dei due italiani.
Se gli anni fino al 1922 furono quelli della formazione, gli anni Trenta rappresentarono per Le Corbusier la ricerca di realizzazione. L’architetto anelava ad ottenere una commissione sia pubblica che privata nel nostro Paese; a questo scopo, prese parte al concorso per il Palazzo del Littorio, redisse un piano urbanistico per Roma, schizzò un gruppo di abitazioni, forse, per Messina, partecipò nel 1933 al IV Congresso Internazionale di Architettura Moderna e nel 1934 alla conferenza di Milano venendo in contatto con gli architetti Piero Bottoni, Luigi Figini, Alberto Sartoris, Gino Pollini e Giuseppe Terragni, rappresentanti di quella nuova idea di architettura che andava facendosi strada in Italia, in contrapposizione a quel tradizionalismo e a quei legami col passato che contraddistinguevano da sempre il costruire e che il regime fascista, però, sembrava favorire. Era proprio in Italia che l’architetto svizzero sperava di riuscire a realizzare la sua Ville radieuse che voleva proporre come piano di costruzione di Pontinia, terza città di fondazione del Lazio mai edificata, a Mussolini senza mai riuscire ad incontrarlo. In quegli anni, contattò anche grandi industrie private come FIAT e Olivetti alla ricerca di commissioni e sovvenzioni anche per l’Esposizione Universale di Parigi del 1937 senza ottenere, però, grandi risultati e lasciando sulla carta tutti i suoi progetti.
Nel secondo dopoguerra e fino alla sua morte, Le Corbusier tornerà più volte nel nostro Paese mantenendo vivi i rapporti con i suoi estimatori che nel 1963, a Firenze, gli dedicarono una esposizione, la prima realizzata sul suolo italiano. La speranza di erigere qui qualcosa di suo non lo abbandonò mai tanto che progetterà il Centro Calcolo Olivetti a Rho e il Nuovo Ospedale di Venezia,mai realizzati forse a causa della sua morte prematura, i cui plastici vengono oggi esposti al pubblico.
A ulteriore prova degli infiniti legami che univano Le Corbusier all’Italia, in mostra si possono ammirare i disegni preparatori di due sue sculture, realizzate negli anni ’60 in vetro di Murano.
Nuova luce sulla poliedrica figura di Le Corbusier viene, dunque, gettata da questa mostra che dimostra, senza tema di smentita, come il maestro non si sia limito a copiare l’antico che tanto lo affascinava nel nostro Paese, ma lo abbia piuttosto attualizzato. Ridando vita a quel passato di cui l’Italia è simbolo Le Corbusier ha di fatto forgiato il presente.
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INFORMAZIONI UTILI:
“L’Italia di Le Corbusier”
MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo
18 ottobre 2012 – 17 febbraio 2013
Via Guido Reni 4A – 00196 Roma
www.fondazionemaxxi.it – www.romaexhibit.it
Tel.: 06 3225178 – 06 39967350 – e-mail: info@fondazionemaxxi.it
Orario di apertura: 11-19 la domenica e dal martedì al venerdì – 11-22 il sabato
Giorni di chiusura: il lunedì e il 25 dicembre
Biglietto: intero 11€ – ridotto 8€