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Vent’anni senza Francis Bacon

“Siamo potenziali carcasse” Francis Bacon

Una tela bianca. Questo si trova davanti ogni pittore prima di lasciare il proprio segno su un quadro. Il vuoto. Il nulla. Il bianco. Il nero. La vita. La morte. Quello che scaturirà dalla tela non lo sanno bene neanche gli artisti stessi. L’idea iniziale può cambiare infinite volte e da un errore può nascere qualcosa di magnifico e inaspettato. E le emozioni e gli stati d’animo variano in continuazione, soprattutto se abbiamo a che fare con una mente complessa e unica come quella di Francis Bacon, per esempio. Per il ventennale dalla sua morte Artslife ha deciso di dedicare uno speciale a questo pittore. Rappresentante eclatante della crudeltà e della brutalità della vita. Un grande amante dell’esistenza, un curioso, ma troppo consapevole, sensibile e intelligente per non riuscire a vedere che la vita è più dolore che altro. E lui, omosessuale dichiarato, di sofferenze ne patì eccome. Tragedie, sesso, solitudine, violenza, disgrazie, morti, amori intrisi di follia, ossessioni, gelosia. Il tutto rappresentato in maniera eccezionale nei suoi dipinti. Perché se il mondo fosse chiaro l’arte non esisterebbe, come diceva Albert Camus. Un artista rappresentante del secolo scorso Francis, che delineò forse meglio di chiunque altro la realtà e gli stati d’animo di molti in quegli anni. E non a caso tantissimi si ritrovano e si specchiano ancora oggi dentro i suoi quadri, forse ancor più che in passato. Perché il disagio che abbiamo dentro è dilagante, come un virus che ci divora silenziosamente. E non c’è arte più all’avanguardia e attuale di quella di Bacon. Un artista di certo non semplice, al quale si dedicano meno mostre ed eventi rispetto ad altri, perché non ha un nome di richiamo come Picasso. Perché la sua pittura non è semplice e conciliante. Lui ti provoca, con una pittura straziante che ti pone di fronte la cruda realtà delle cose, la caducità della vita, un mondo senza dio -come lo era lui stesso. Corpi deformati, scomposti, mutilati. E quindi possiamo capire che sia meglio andare al museo per una mostra di impressionisti, ad ammirare un Monet con un’ipocrita pace nel cuore per riuscire a tornare a casa felici e contenti -almeno apparentemente- piuttosto che fermarsi a riflettere dinnanzi a un inquietante Bacon. In compenso, almeno nel 2012, una mostra su questo artista è stata fatta. Si intitola “Francis Bacon e la condizione esistenziale nell’arte contemporanea” a Firenze, presso il Centro di cultura contemporanea di Palazzo Strozzi, fino al 27 Gennaio 2012. Una mostra molto interessante che mette a confronto alcuni artisti di oggi con le opere di Francis, i quali, per l’occasione, si sono messi a indagare la sua arte. Si tratta di Nathalie Djurberg, Adrian Ghenie, Arcangelo Sassolino, Chiharu Shiota e Annegret Soltau. L’evento è curato da Franziska Nori e Barbara Dawson e tra le opere di questi giovani artisti si trovano anche otto grandi tele di Bacon, fotografie, autoscatti, bozzetti, reperti che arrivano direttamente dal suo atelier, materiale prestato dal Dublin city gallery the Hugh Lane che dal 1998 è entrato in possesso di tutto il materiale proveniente dallo studio dell’artista.

E noi, per non dimenticarci di lui e dell’immenso contributo che questo pittore ha dato all’arte e al mondo intero vi proponiamo -anche se in breve- la sua intensa storia, quello che alcuni suoi ammiratori o amici hanno detto di lui e un piccolo resoconto sulle valutazioni dei quadri di Bacon negli ultimii anni.

Study for Portrait II

Francis Bacon nacque il 28 ottobre del 1909 a Dublino. Suo padre Anthony Edward Mortimer Bacon e sua madre Christina Winifred Loxley Firth, erano di origine inglese, avevano già un figlio di quattro anni di nome Harley e successivamente nacquero anche Francis, due femmine, Ianthe e Winifred, e un altro maschio, Edward. Vivevano a Cannycorurt House, una bellissima casa di campagna con a fianco un centro di notevole importanza per l’allevamento dei cavalli e il loro allenamento. Francis però ben presto scoprì -a causa dell’asma che lo attanagliò per tutta la vita fino alla sua morte- che gli era impossibile ogni contatto con cavalli e cani. Non si sentì mai veramente a suo agio in quella magione. Di origini nobiliari, i soldi a Bacon non mancarono mai, tranne quando decise di andarsene via di casa molto giovane. Il ragazzo non soffrì mai di stenti, ma i ricordi della sua infanzia non furono certo dei migliori, soprattutto per l’ostico rapporto con il severo padre. A quindici anni fu mandato in collegio, anche a causa del suo asma e perché il ragazzo non sembrava affatto interessato all’allevamento e cose simili. Ma neanche qui le cose andarono bene e Bacon non conservò bei ricordi neanche dei tempi del collegio. Tornato a casa, e dichiarato al padre la sua intenzione di dedicarsi all’arte, i rapporti si fecero ancora più tesi.

Portrait of Henrietta Moraes, 1963

Era il 1926 quando Francis decise di trasferirsi a Londra, dove vivevano molti dei parenti di sua madre. Le tre sterline settimanali che lei gli passava gli permisero di mantenersi in qualche modo. Iniziò a frequentare il giro gay della città inglese e fece i più disparati lavori per mantenersi. Poi fu la volta di Berlino, dove il padre di Bacon lo spedì per cercare di fargli recuperare “la retta via”, in compagnia di un parente della madre ma dove Francis trovò ancora più stimoli e libertà riguardo l’omosessualità e l’arte. I rapporti con lo zio, che doveva un po’ fargli da balia, si interruppero ben presto e Bacon decise di trasferirsi a Parigi, vera culla culturale. In queste capitali l’artista entrò in contatto con i pittori, visitando musei e gallerie ed iniziò a capire quale fosse la strada che anche lui avrebbe dovuto perseguire. A circa vent’anni Bacon decise di tornare a Londra e aprire (pare sempre grazie ai soldi della madre) un suo piccolo studio a 17 di Queensbury Mews West, a South Kensington. Non molto portato per gli studi accademici e abbandonata la passione per il design, per Francis conoscere il pittore Roy de Maistre fu una vera svolta. Di quindici anni più grande di lui, fu proprio de Maistre a fargli conoscere le prime conoscenze tecniche riguardo la pittura. Nel 1933, inoltre, riaprì la Mayor Gallery, che decise di proporre una collettiva di artisti britannici. E fu proprio questa galleria ad esporre i primi oli su tela di Francis Bacon. Un’inaugurazione che non ebbe molto successo, almeno, non per Francis. Dopo un inizio abbastanza fallimentare e dopo le incomprensioni da parte della critica che portarono l’artista addirittura ad allontanarsi dalla pittura per un lungo periodo, fu però la volta dei primi successi. L’incontro con Erich Hall, molto più grande di Bacon, fu molto importante nella sua vita. Hall decise di investire su Bacon come artista, iniziando anche a pagargli l’affitto di una casa e convincendolo a dipingere ancora qualcosa. I due diventarono amanti, anche se Erich era sposato e aveva dei figli e di lì a poco decisero di prendere casa insieme, una casa che divenne l’atelier dell’artista, luogo dove iniziò a dare vita ai suoi immensi capolavori e che in breve tempo lo fecero diventare famoso e apprezzato anche dalla critica, e dove riuscì a trovare uno stile completamente suo. Tra mediatori e collezionisti il nome di Bacon iniziò a girare e i prezzi delle sue opere a salire. Per scoprire e conoscere veramente il pensiero, le opinioni di Bacon sulla sua arte, sulla sua concezione della vita ecc. non possiamo non consigliarvi di leggere le interviste registrate e scritte con il grande David Sylvester.

francis-bacon-study-for-a-self-portrait-1964

Negli anni ’50 Francis era un’artista affermato, anche a livello internazionale. In quegli anni aveva aumentato la produzione artistica, viaggiava molto, anche per andare a trovare la madre che nel frattempo si era trasferita in Sud Africa dopo la separazione dal marito e per andare a trovare il suo nuovo amante Peter Lacy, un pilota collaudatore che prese una casa a Tangeri e nel 1962 arrivò una grande notizia per Francis: la sua personale alla Tate Gallery di Londra. Un immenso riconoscimento per l’artista che in un attimo si trasformò in un incubo. Insieme alle infinite congratulazioni, infatti, arrivò anche una terribile notizia, proprio il giorno dell’inaugurazione. Peter Lacy era morto nella sua casa a Tangeri. Il loro rapporto fu sempre molto burrascoso, ossessivo. I due praticavano anche sesso sadomaso ma Francis lo amò alla follia fin all’ultimo e non si riprese mai totalmente da questa tragedia.
Non ci furono mai più problemi economici per Bacon -non che ne avesse mai avuti seriamente- ma non fu certo il denaro a renderlo felice. Era un alcolizzato, che passava la sua vita tra locali e storie d’amore intrise di pazzia, gelosia, di ossessioni che lo rendevano dipendente dai suoi compagni. Rapporti malati con uomini di ogni tipo che spesso venivano anche ritratti nei suoi quadri. Il suo studio rappresentava il caos interiore che quest’uomo aveva dentro. Un piccolo studio dove Bacon passò la maggior parte della sua vita, sempre a South Kensington, anche se avrebbe potuto permettersi grandi e lussuosi loft a Londra. Uno studio dove avevano accesso pochissime persone e amici fidati, tra cui anche il suo nuovo amante George Dyer, con il quale intraprese un altro rapporto impetuoso e che di lì a breve si sarebbe suicidato, nel 1971, proprio nella stanza che i due condividevano presso l’Hotel des Saints-Pères a Parigi. Indovinate un po’? Proprio due giorni prima dell’apertura della prima personale di Bacon in Francia, al Grand Palais. Di nuovo, ironia della sorte.

Tryptych, 1976

Pare che George, prima di uccidersi, si sarebbe portato un altro uomo in stanza, facendo così andare Francis su tutte le furie e costringendolo a dormire in un’altra camera d’albergo. I due si erano conosciuti in un pub a Soho. Anche Dyer era un uomo dipendente dall’alcol e con non poche turbe psichiche. George divenne una vera e propria ossessione per Francis, tanto da ritrarlo in un’infinità di quadri, anche dopo la sua morte.
Francis recuperò un po’ di serenità solo quando incontrò John Edwards, un semplice cameriere, ma dal quale Bacon non riusciva a separarsi. Lo assisteva in studio, fu anche il suo fotografo personale e quando Bacon morì fu John a essere designato come suo unico erede. Francis lavorò fino al suo ultimo giorno di vita e nel frattempo era diventato un’icona in tutto il mondo, l’artista vivente più famoso al mondo. Ma una visita a Madrid gli fu fatale. La prima volta che Francis si recò nella capitale spagnola, fu quando lo convinsero a vedere dal vivo i dipinti di Velàsquez in una grande mostra, uno dei suoi maestri ispiratori, pittore che lo ossessionò per tutta la vita, soprattutto a causa del Ritratto di papa Innocenzo X di Velàsquez che rivisitò in infinite maniere e infinite volte cercare di sfigurare l’immagine perfetta di quel papa che non rappresentava assolutamente il tormento del ventesimo secolo. La seconda volta che Bacon si recò a Madrid fu soltanto per una semplice vacanza, ma durante il suo soggiorno nella città Francis ebbe un malore. Ormai anziano, nel 1992 fu ricoverato in in una clinica assistito da due suore dell’ordine delle Serve di Maria dove morì il 28 aprile 1992 a causa di un fortissimo attacco d’asma. In una clinica assistito da due suore. Proprio lui, il senza dio, l’ossessionato dal papa di Velasquez.

Francis Bacon da Sothebys, giugno 2012-Study for Self-Portrait

Bacon è uno degli artisti da record anche nel mondo delle aste. I privati lo amano. Eccome se lo amano. Basti pensare all’olio su tela “Self Portrait” datato 1978 venduto in asta da Sotheby’s il 21 Giugno 2007 nella evening sale di arte contemporanea per ben £21,580,000 ($43,000,308), la stima era di £8,000,000 – £12,000,000. Ignota l’identità del compratore del “ Tryptych, 1976”, venduto a New York sempre da Sotheby’s per 86 milioni di dollari nel 2008.
Il 9 febbraio 2007, invece, è stato venduto un dipinto di Bacon per la cifra record di 14,2 milioni di sterline. L’attrice italiana Sophia Loren ha venduto all’asta da Christie’s a Londra un prezioso pezzo della collezione Loren-Ponti dal titolo ”Study of Portrait II’, dipinto realizzato nel 1956 da Francis Bacon. E poi ancora, “Study for Head of George Dyer”, suo amante, era stata venduta per 13,7 milioni di sterline (circa 17,2 milioni di euro) nel 2008 da Sotheby’s. “Study for Self-Portrait” (1980) venduto a un singolo bidder al telefono al di sotto della stima minima per £ 4,5 milioni, highlights della vendita di arte contemporanea che si è tenuta da Sotheby’s il 26 giugno 2012.

Study after Velazquez I, 1950

Recentemente, il 14 febbraio 2012, sempre a Londra e sempre da Christie’s, un dipinto di Francis Bacon, “Portrait of Henrietta Moraes” del 1963, è stato aggiudicato a un anonimo per 21.3 milioni £, durante l’asta di arte contemporanea e del dopoguerra. Cifre da capogiro per un artista di grande valore, anche commerciale.

In occasione del ventennale dalla sua morte abbiamo anche assistito alla proiezione del documentario “Bacon’s Arena” presso lo Spazio Oberdan di Milano. Mai distribuito in Italia e realizzato da Adam Low con musiche di Brian Eno, il filmato ci ha letteralmente illuminato sulla vita dell’artista anche grazie ad immagini, interviste e dichiarazioni di Bacon in persona che non si erano mai viste prima. Un documentario magnifico e a tratti commovente, che ci racconta la vita di Francis dettagliatamente e che ci ha dato la possibilità di sentire la sua voce, esprimendo personalmente la sua concezione e visione della vita e dell’arte. Immagini e interviste inedite. Testimonianze mai sentite prima da parte di parenti, amici, amanti. Un filmato da recuperare, davvero imperdibile.

Bacon’s Arena

R.: Adam Low v.o. sott. it.
Mont.: Sean Mackenzie
Musica: Brina Eno
Voce narrante: David Warner
Int.: Francis Bacon, Peter Beard, Paul Danquah, Daniel Farson, David Sylvester
GB, 2006, col., 95’

Tre-Studi-Per-Figure-Alla-Base-Di-Una-Crocifissione-1944

Hanno detto di lui:

DAMIEN HIRST, The Observer, domenica 10 Agosto 2008
“È l’ultimo bastione della pittura. Prima di allora la pittura sembrava morta. Completamente morta.”
“Penso che Bacon sia uno dei più grandi pittori di tutti i tempi. È in cima con Goya, Soutine e Van Gogh: pittori sporchi che lottano con il lato oscuro delle cose. È complicato. Non si tratta di abilità formali o di tecnica o destrezza. Si tratta di fede. Io credo! E di lotta (…).
Questo è ciò che trovo entusiasmante, insieme al coraggio assoluto di confrontare il lato oscuro, le ombre, la forza piena della psiche umana. (…) è così tremendamente potente. Il suo lavoro devia sempre nell’immaginazione. C’è sempre questo potere grezzo, oscuro, questa energia viscerale che è trainante. Il dipinto è vivo.
Ho cinque Bacon adesso. (…) Ne ho uno sul muro vicino la televisione. Guardo più quello che la tv. Non puoi non guardarlo. Chiede la tua attenzione, ti fa avvicinare. È incredibile per me pensare che li possiedo.”
Da “He’s one of the greatest painters of all time”

LUCIAN FREUDintervistato da Sebastian Smee e David Dawson
“Ero amico del pittore Graham Sutherland, ed ero solito andare a trovarlo nel Kent. Essendo giovane e senza tatto, gli chiesi: “Chi pensi sia il più grande pittore in Inghilterra?” che, naturalmente, lui sentiva di essere, e iniziava ad essere considerato come tale. Mi disse, “Oh, è qualcuno di cui non hai mai sentito parlare. È l’uomo più straordinario. Passa il suo tempo a giocare d’azzardo a Monte Carlo, e ogni tanto ritorna. Se disegna qualcosa, di solito la distrugge,” e così via. Sembrava così interessante. Così gli scrissi, o lo chiamai, e questo è il modo in cui l’ho conosciuto”
“Mi sono reso conto che il suo lavoro si riferiva in modo immediato alla maniera in cui lui si sentiva rispetto alla vita. Il mio lavoro, al contrario, sembrava molto elaborato. Questo perché era un enorme lavoro per me fare qualcosa – e lo è ancora. Francis, al contrario, buttava giù idee che distruggeva e poi rimetteva giù velocemente. Era la sua attitudine che ammiravo. Il modo in cui era completamente spietato rispetto al suo lavoro. Del resto, quasi ogni artista che ho incontrato ha un “punto debole” rispetto al suo lavoro. Con Francis, non c’era niente del genere.”

HENRIETTA MORAES, Paperback da “Henrietta”(1995)
“A diciott’anni avevo passato tutti i miei pomeriggi, le serate e le mattinate in compagnia di Francis. […] A volte restavo senza parole, raggelata dal sarcasmo pungente che di tanto in tanto sibilava tra le sue battute, ma che non rivolse mai contro di me. […] Ogni volta in cui Francis entrava in una stanza, l’atmosfera si elettrizzava, la gente cominciava a discutere animatamente, come se una nuova energia si agitasse nell’aria; ovunque si materializzavano bottiglie di champagne”

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2 Commenti

  • Condivido il commento di Zamir! Bravi, davvero bello entrare un po’ in profondita’ nel mondo di Francis Bacon!

    Portrait of Henrietta visto dal vivo e’ un capolavoro… e l’asta da Christie’s e’ stata elettrizzante!!

    G

  • Molto bello, siete veramente bravi!
    Con rispetto!
    Zamir

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