In scena al Teatro Ivo Chiesa a Genova fino al 20 novembre per la regia di Filippo Dini un testo tra i più noti e tra i meno rappresentati del drammaturgo americano Arthur Miller: Il crogiuolo del 1953, che affronta una vicenda realmente accaduta nel 1692 in Massachusetts, nota come la storia delle “Streghe di Salem”
Arthur Miller come molti membri del mondo del cinema, dello spettacolo e dell’arte, fu vittima di quello stato di persecuzione e isteria collettiva che fu l’attività della commissione presieduta dal senatore Joseph McCarthy negli anni ’50 del secolo scorso. Furono anni in cui gruppi e singoli vennero accusati e processati per atteggiamenti ritenuti anti-americani, filo-comunisti e quindi sovversivi, un fenomeno che dal nome del senatore venne appunto denominato maccartismo. Il prolifico drammaturgo, saggista e sceneggiatore americano, scrivendo uno dei testi teatrali più significativi, lo intitolò ll crogiuolo (in originale The Crucible: A Play in Four Acts) usando quel tale sostantivo in termini sarcastici: “L’America è il crogiolo di Dio, il grande crogiolo in cui tutte le razze d’Europa si fondono e si riformano. Ma così non era proprio, anzi! Capeggiavano intransigenza e intolleranza all’interno della società americana del suo tempo.
Quello che si era verificato in quegli anni infatti fu una vera “caccia alle streghe”, paragonabile per le evidenti analogie, con una vicenda del 1692 quando il comportamento disinibito di un gruppo di ragazzine adolescenti del villaggio di Salem nel Massachussets venne visto come possessione demoniaca e scatenò una serie di denunce e processi che condussero al patibolo decine di persone e altre centinaia in prigione con l’accusa di stregoneria.
Lo spettacolo messo in scena dal regista Filippo Dini (utilizzando il testo tradotto da Masolino d’Amico) che ha inaugurato lo scorso 3 ottobre in prima nazionale la Stagione 2022/2023 del Teatro Stabile di Torino ed attualmente è sul palco del Teatro Ivo Chiesa a Genova (fino al 20 novembre), è senza dubbio di grande impatto come dimostra la prima scena, quella di un “sabba”. Da tutti i lati della sala cinque ragazze corrono con lampade in mano verso il palco, dove vediamo già posizionata una donna nera (Fatou Malsert), che emette versi e vaneggia mentre danza ed è in preda a forti convulsioni. Il fumo che invade il palcoscenico fuorisce e si spinge verso la platea mentre tutte le donne iniziano ad avere spasmi e delirano, accompagnate da una forte musica generata dalle corde di una chitarra elettrica.
Questo rito tribale termina quando cadono tutte al suolo. Solo qui entra su una sedia a rotelle il narratore e vicegovernatore Danforth (un bravissimo Nicola Pannelli), che pare chiedere il benestare del pubblico per scagionare la propria anima, per quelle condanne a morte emesse. Il racconto di Danforth è una sorta di flashback e come in una nuova Antologia di Spoon River vengono elencati i nomi e i ruoli di coloro che, per una follia generale, sono morti.
La regia di Filippo Dini ci conduce pian piano nel vortice di questa follia, facendoci percepire come subdolarmente la paura riesca ad innescare all’interno della comunità una cecità tale da portare a vedere quello che non c’è. Nessun spirito maligno dentro la testa delle ragazzine, solo gioco. Un gioco feroce ad opera di adolescenti provocatorie ed irresponsabili. Un gesto che però porterà a conseguenze estreme.
Il testo di Miller naturalmente conduce a riflettere sui temi che, purtroppo, risultano attuali in ogni momento storico: come la società abbia sempre bisogno di un capro espiatorio per giustificare quel meccanismo diabolico di autodistruzione che una volta innescato è difficile da fermare.
Lo spettacolo di Dini parte con ritmo serrato, ma non riesce a mantenerlo nel secondo atto che risulta un po’ lungo e stanco. Delle volte occorre anche tagliare il testo se questo alleggerisce la messa in scena. Ma nel complesso è uno spettacolo riuscitissimo, grazie anche alla bravura del cast composto da: Virginia Campolucci, Gloria Carovana, Pierluigi Corallo, Gennaro Di Biase, Andrea Di Casa, Didì Garbaccio Bogin, Paolo Giangrasso, Fatou Malsert, Manuela Mandracchia, Nicola Pannelli, Fulvio Pepe, Valentina Spaletta Tavella, Caterina Tieghi, Aleph Viola e lo stesso Dini nel ruolo del protagonista John Proctor.