Palazzo di Varignana, un progetto di recupero e rigenerazione che unisce ospitalità e agricoltura, eccellenza enogastronomica e immersione nella natura
Ci sono i Colli Bolognesi, che invitano alla quiete con la loro avvolgente bellezza. Ci sono le vigne e gli uliveti, curati come fossero giardini. E poi ci sono tre ristoranti gourmet, che utilizzano i prodotti che offre la terra: l’olio extra vergine di oliva, il vino, la frutta, i pistilli di zafferano, il miele e le erbe officinali. Tutto questo e molto altro ancora è il Palazzo di Varignana, che prende nome dalla frazione di Castel San Pietro Terme intorno a cui si sviluppa l’intera proprietà.
La tenuta è il risultato di un ambizioso progetto di recupero e rigenerazione che unisce ospitalità e agricoltura, eccellenza enogastronomica e immersione nella natura, resort e wellness. Tutto comincia nel 2013 con il restauro del Palazzo Bentivoglio, una dimora storica risalente al 1705 che rappresenta il cuore di ogni attività. Nel 2015 nasce l’azienda agricola, che ha permesso il ripristino di antiche colture autoctone. Oggi gli oliveti occupano circa 200 ettari, a cui si aggiungono i 50 ettari destinati ai vigneti, che insieme formano grandioso anfiteatro naturale dove i visitatori possono passeggiare.
«L’amore per la terra mi ha spinto in questi anni a cercare un nuovo equilibrio tra paesaggio e bellezza, mettendo a dimora antiche varietà e collezioni di alberi rari, mandorleti e frutti dimenticati», spiega il fondatore di Palazzo di Varignana Carlo Gherardi. «Nel 2017 è partito il progetto enologico, che oggi viene presentato ufficialmente. È un nuovo capitolo che ci spinge ancora una volta ad unire la tecnica con la sensibilità per dar vita a una collezione di bollicine, vini bianchi e rossi che avremo la pazienza di accompagnare nella loro maturazione». A Palazzo di Varignana, infatti, la lentezza è il principio ispiratore di un’enologia che rispetta le stagioni, l’ambiente e la sua straordinaria biodiversità.
Il paesaggio è caratterizzato dai calanchi, affioramenti gessosi che circondano le colline creando delle grotte suggestive. La ricchezza dei suoli spazia dalle argille azzurre alle sabbie gialle: un mosaico di conformazioni geologiche che dona ai vini forza e complessità aromatica, ma anche eleganza e profondità minerale. Per lasciar parlare il terroir, in vigna l’intervento dell’uomo viene ridotto al minimo. Il winemaker Giovanni Sordi ha deciso di puntare innanzitutto sull’uva Sangiovese, che in questa zona ha la sua terra di elezione e può fregiarsi della Denominazione Sangiovese Superiore Romagna. Tra le varietà messe a dimora c’è anche il Pinot nero, da cui nasce uno spumante Metodo Classico di notevole finezza chiamato Villa Amagioia. Ma c’è spazio anche per lo Chardonnay, che si esprime in un bianco ricercato e succoso.
La nuova cantina è una struttura parzialmente ipogea, con vasche di cemento e di acciaio inox di ultima generazione. Tra gli ambienti chiave c’è la barricaia con le sue imponenti volte in mattoni rossi. È il luogo in cui riposano silenziose le botti in legno di rovere che ospitano i vini rossi da invecchiamento di Palazzo di Varignana. Il tour alla scoperta della tenuta prosegue all’altezza della scenografica terrazza affacciata sulle vigne dove sono organizzate le “esperienze enogastronomiche” con possibilità di assaggiare sia la produzione enologica che quella di olio extra vergine.
Ma Palazzo di Varignana è sinonimo anche di alta ristorazione, grazie all’expertise dell’executive chef Davide Rialti, affiancato dai colleghi Francesco Manograsso, Roberto Cortesi e Alessandro Gabrieli. Il comun denominatore della cucina dei tre ristoranti è la valorizzazione del territorio attraverso l’utilizzo di prodotti a km 0 a cominciare dell’olio extra vergine di oliva aziendale, che in questi anni si è aggiudicato numerosi premi e riconoscimenti internazionali. In particolare il Ristorante Aurevo offre una cucina contemporanea e sostenibile in cui l’oro verde valorizza proposte genuine e gustose. Chi cerca una proposta più informale, ma non meno sfiziosa, può optare per la Trattoria Le Marzoline che celebra le ricette delle azdore, le celebri massaie della tradizione emiliano-romagnola. La punta di diamante è rappresentata dal ristorante fine dining Il Grifone, inaugurato nei mesi scorsi all’interno delle sale di Palazzo Bentivoglio. Accanto ai piatti à la carte, gli ospiti possono scegliere tra un menu da 4 e 7 portate (rispettivamente a 80 e 95 euro vini esclusi). Tra i piatti più interessanti troviamo il baccalà con cavolfiore fermentato, caviale e arance, ma anche le animelle arrostite con finocchi, polvere di vongole, patate e zafferano. Ottima anche la rivisitazione dell’anatra, in versione classico-moderna.