L’importante mostra GOYA-GROSZ “Il sonno della ragione” ha inaugurato a Palazzo Pigorini, nel centro storico di Parma, lo scorso settembre e si concluderà il prossimo 13 gennaio 2023. Indicando una corrispondenza ben attuale tra i due artisti e il nostro presente
L’esposizione, nell’ambito della programmazione culturale del 2022, è promossa dal Comune di Parma e vede dialogare opere di George Grosz (1893 – 1959), con opere di Francisco Goya y Lucientes (1746 – 1828).
La mostra è a cura di Didi Bozzini e Ralph Jentsch che illustrano quanto il confronto tra i due artisti e la portata del loro lascito sia attuale oggi, a distanza di anni dai loro rispettivi percorsi artistici: “L’attualità ha proiettato una luce diversa su ciascuna delle opere esposte e sulla mostra nel suo insieme, perché tutti i vizi e le perversioni dipinte da Goya e Grosz non sono di certo scomparsi, ma avvelenano ancora e sempre i giorni nostri. […] Le incisioni di Goya e i dipinti di Grosz non ci parlano di una storia antica, ma di quella che stiamo vivendo quotidianamente. Il sonno della ragione e i mostri che esso produce sono sempre gli stessi, a Madrid nel 1799 come a Berlino negli anni Venti o nell’intero Occidente oggi”.
Le opere dei due artisti in mostra sono infatti accomunate da un forte impegno politico e da una satira sociale eclatante, nonché caratterizzate da un’innovazione formale precorritrice dei tempi.
Tra le numerose opere facenti parte dell’esposizione, disposte sui due piani di Palazzo Pigorini, spiccano I Capricci (Los Caprichos) di Francisco Goya, datati 1799. I Capricci in mostra sono una serie di ottanta tavole eseguite da Goya durante gli anni Novanta del XVIII secolo; le lastre originali furono realizzate ad acquaforte e acquatinta, con interventi a bulino o puntasecca. Goya li realizzò con l’intento di esplicitare con immagini forti e talvolta disturbanti una grande varietà di superstizioni, vizi, miserie e volgarità della Spagna di tale periodo storico. Ogni Capriccio presenta, unitamente all’illustrazione, una didascalia esplicativa ad opera dell’artista che, mescolando sapientemente ironia e critica sociale, mette in luce una feroce satira che tocca temi salienti nella società a lui contemporanea.
Goya supera così con sarcasmo la sua prima fase produttiva legata al lascito dell’Illuminismo e si dedica ad un nuovo impulso irrazionale vicino, per fattezze, tecnica e tematiche, ai prodromi del Romanticismo.
Il 6 febbraio 1799 infatti Goya presenta al pubblico I Caprichos e li mette in vendita in un negozio di vini e coloniali di sua proprietà in Calle del Desengaño (Via del Disincanto) a Madrid. Lo stupore è suscitato dal fatto che le ottanta incisioni raffiguranti scene grottesche, bizzarre e al limite della censura, siano prontamente descritte dall’artista nel Diario de Madrid come “inventate ed incise all’acquaforte da Don Francisco Goya” che sceglie come soggetto della sua opera, tra “le stravaganze e i falli comuni in ogni società civile”, proprio quelli che ha ritenuto “più idonei a fornir materia per il ridicolo e a esercitare al tempo stesso la fantasia dell’artefice”.
Il primo Capricho è un autoritratto di Goya, rappresentato di profilo, con occhi aperti, quasi sbarrati, un autoritratto che si presenta come una maschera parlante; egli stesso fiero osservatore dei vizi della società, introduce il fruitore alla scoperta del disgusto che i successivi sveleranno.
Il percorso espositivo a Palazzo Pigorini si apre proprio con questo autoritratto o Capricho No.1 affiancato dal Capricho No.43, il celeberrimo El sueño de la razón produce monstruos, Il sonno della ragione genera mostri; in quest’opera la figura di un uomo -si tratta del secondo autoritratto dell’artista- è dormiente, la figura è colta da un sonno profondo e poggia il gomito su un tavolo, ma viene assalita da creature mostruose e animali notturni terrificanti.
L’opera risulta quindi suddivisa in due parti: un primo piano caratterizzato proprio dal sonno della ragione, esplicitato dalla figura addormentata, e un secondo piano in cui da un orizzonte spaventoso si generano mostri che metaforicamente rappresentano le brutture e i peccati della società in cui Goya vive.
A questi due autoritratti fa da contraltare l’autoritratto di George Grosz realizzato nel 1940, dal titolo Self-Portrait with Bird of Prey and Rat; anche in questo caso la figura apparentemente tranquilla dell’artista che fissa l’osservatore con uno sguardo magnetico, intenta nella realizzazione di un’opera, al lavoro tra pennelli e colori, è minacciata da un contorno confuso fatto di figure animalesche poco rassicuranti. Questo autoritratto dell’artista esplicita quanto affermato nel memento in apertura della mostra: “Ritengo che il disegno sia un buono strumento nella lotta contro l’attuale Medioevo. È vero che la vita sarebbe futile e priva di senso se non avesse un unico significato, la lotta contro la stupidità e l’arbitraria brutalità di chi è oggi al potere”. George Grosz, Berlino, 1925.
Grosz è certamente un artista più esplicitamente politico rispetto a Goya, un disegnatore e caricaturista che dal 1916 al 1932 è costretto, a causa della persecuzione nazista, a rifugiarsi negli Stati Uniti.
Una fredda e distaccata descrizione pittorica della realtà, con l’utilizzo degli stilemi di Cubismo e Futurismo, lo porta a profetizzare l’avvento del Nazismo e della stessa Seconda guerra mondiale. Grosz, fondatore del movimento Dada berlinese, mette in luce l’immensa tragedia della Germania del secondo dopoguerra, con un’attenta analisi delle miserie che colpiranno le persone e i luoghi segnati dal conflitto.
I due artisti, separati da 150 anni di storia, riescono attraverso la caricatura a descrivere il “mostruoso verosimile”, ossia un “mondo difforme e alla rovescia […] un capovolgimento carnevalesco della realtà in cui satira e dramma convivono”. Nei pannelli descrittivi a corredo della mostra, è esplicitato che “Il concetto di ‘mostruoso verosimile’, vero punto di contatto tra il realismo e il fantastico nell’arte, assumerà un peso determinante nell’evoluzione del pensiero estetico, perché in esso si riassumono e si coniugano i due temi fondamentali che appassioneranno i posteri di Baudelaire: l’analisi dell’Io profondo e i progetti utopici di creazione dell’avvenire.”