La donna del mistero (Decision to Leave), arriva al cinema il nuovo film di Park Chan-wook. Da febbraio al cinema
Funestato dal titolo italiano (La donna del mistero), a febbraio arriva in sala il nuovo film di Park Chan-wook, Decision to Leave. Dopo una pausa di sei anni (era il 2016 quando è uscito The Handmaiden) e un detour sul piccolo con The Little Drummer Girl, miniserie targata BBC con Florence Pugh, tratta da le Carré, il regista sudcoreano torna al grande schermo con un thriller gelido e infuocato, da rivedere all’infinito.
Dopo l’entusiasmo suscitato da Old Boy (su Prime Video e NowTV), diventato un istante cult del cinema contemporaneo, Park Chan-wook sembra aver navigato tra consensi sempre più tiepidi, mai apertamente ostili, ma generalmente accolto con più diffidenza rispetto all’exploit del polpo mangiato vivo sotto ipnosi, declassato (ingiustamente) da regista crudele e geniale a “semplice” esteta. Stoker (2013), sua prima produzione internazionale (con Nicole Kidman e Mia Wasikowska), e The Handmaiden (2016) sembrano aver fatto rimpiangere l’efferatezza della trilogia della vendetta e il gusto per l’horror barocco di Cut (segmento del film a episodi Three… Extremes – su Infinity).
Park Chan-wook prosegue però la sua strada scansando il pericolo del manierismo e lasciando alle immagini il ruolo primario di protagoniste della narrazione, procedendo per sottrazione e dimostrandosi un autore dall’intelligenza sottile e sempre diabolica. Le carni vengono risparmiate forse più di quanto succedesse in precedenza, ma sotto una superficie all’apparenza calma c’è un groviglio di budella che sanguina senza sosta.
Un uomo muore cadendo da una montagna. Un incidente, sembrerebbe. Qualcosa però non torna. Forse si tratta di un omicidio. Il detective incaricato delle indagini si innamora della vedova della vittima, che ben preso diventa la principale sospetta. Inizia così un valzer distruttivo, in cui i sensi si accendono, l’intelletto si appanna, le carni cedono e il baratro incombe.
Si torna a Hitchcock, certo (come già in Stoker), ma non nei pressi dell’omaggio (o peggio ancora del citazionismo), è più un humus comune che vive di ossessioni e paranoie. Decision to leave mette in scena un piano criminale e una storia d’amore, o forse un piano criminale che è una storia romantica, in una narrazione labirintica, anticlassica (per una storia, al contrario, classicissima di amore e morte) fatta di ellissi, frammenti, deviazioni e cambi di prospettiva, come un puzzle intricato e ambiguo. La pellicola gioca così con il tempo e con lo spazio, articolando una geografia complessa, tracciata passo dopo passo con l’ausilio dei più diffusi device tecnologici.
Con una dark lady che rispetta tutti i crismi del caso, manifestazione di pulsioni represse e perverse (il detective con lei può fumare, con la moglie no), e che va ad aggiungersi alla galleria di protagoniste memorabili che il regista ha saputo allestire nel corso degli anni, La donna del mistero è un noir che sembra scappato dalla Golden age hollywoodiana e mutato nella sua genetica attraverso la lente del cinema di Park Chan-wook, sfuggente, velenoso, a tratti disdicevole, sempre magistrale.
Guardare, vedere, capire, in Decision to leave l’occhio è l’ossessione manifesta del suo autore, spione d’eccezione che infarcisce questo noir di telecamere, specchi e binocoli – ma chi spia spesso non sa di essere spiato a sua volta. Spingendosi in territori in cui la morale diventa duplice e labile, i personaggi diventano protagonisti impenetrabili, per loro stessi quanto per lo spettatore, che deve saper cogliere ogni indizio, ogni sfumatura, per riuscire a (ri)leggere la storia da un punto di vista più ampio.
Quello in cui ci trascina Park Chan-wook è un thriller gelido, fatto di sguardi e di silenzi, di desideri sottaciuti e ardenti, un racconto tortuoso e stratificato, un indovinello crudele che rimane insoluto fino al crudelissimo finale, uno dei più memorabili degli ultimi anni. Il vero mistero resta la natura dell’amore.