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Balthazar vs EO. Candidato all’Oscar l’ultimo film di Jerzy Skolimowski, la nostra recensione

Un frame di EO (2022) di Jerzy Skolimowski

È la fine del 1966 quando Jerzy Skolimowski, allora semi-sconosciuto e da poco reduce da Walkover (1965) – come racconta il regista polacco oggi 84enne, ospite lo scorso autunno della 60esima edizione del New York Film Festival –, riceve una chiamata da Parigi: a contattarlo sono gli editori dei Cahiers du Cinéma. Vogliono intervistare Skolimowski: il suo film d’esordio si è guadagnato il secondo posto nella classifica dei migliori dieci film dell’anno. Dopo una lunga pausa, Skolimowski cede alla curiosità: “Chi è arrivato primo?”. Risposta: Au hasard Balthazar (1966), capolavoro indiscusso di Robert Bresson.

Un frame di EO (2022) di Jerzy Skolimowski

Balthazar vs EO

Stacco. È il 2022 e, dopo essere passato a Cannes (Premio della GIuria), esce nelle sale italiane EO, ultima fatica di Skolimowski. Il rimando al film del cineasta francese è evidente: come allora, anche oggi il protagonista della vicenda è un asino, in questo caso di nome EO. Lo incontriamo sin dalla visionaria sequenza di apertura, caratterizzata da rapidissimi lampi di colore scarlatto ed ambientata nel tendone di un circo itinerante di cui l’asino fa parte. Tuttavia EO è tutt’altro film rispetto ad Au hasard Balthazar e lo dimostra poco dopo, quando EO viene sequestrato ai suoi proprietari circensi a causa delle proteste di un gruppo di animalisti.

Laddove la pellicola di Bresson raccontava sì l’umanità e la sua capacità di essere inspiegabilmente crudele, ma si asteneva da un vero giudizio nei suoi confronti, assumendo così un carattere di narrazione universale, il film di Skolimowski prende posizione e si schiera in modo netto dalla parte della natura: lo dimostra, tra le altre, la scena in cui l’innocuo EO, ritrovandosi in un allevamento di animali da pelliccia, decide di assestare un sonoro calcio sul volto del gestore che lo stava incoraggiando a riprendere la marcia fra le gabbie che imprigionano le bestiole in attesa di essere uccise.

Un frame di EO (2022) di Jerzy Skolimowski

Un film corale

L’affresco della natura dipinto da Skolimowski va però oltre la semplice difesa degli animali e culmina in una scena ambientata in un bosco immerso nella notte, tra ragni che tessono la propria tela al chiaro di luna, lupi ululanti e vigili civette. Tale sequenza – interrotta dai laser dei fucili di alcuni cacciatori, i cui colpi lasciano esanime una volpe a pochi centimetri dal ruscello in cui EO si sta abbeverando – racconta di più della semplice poesia che la contraddistingue.

Nella foresta, così come nel resto del film, a esaltare la natura sono, tanto quanto la mano del cineasta, i contributi dei suoi principali collaboratori: il compositore Pawel Mykietyn, la montatrice Agnieszka Glinska  e il DOP Michal Dymek, classe 1991, autore di disturbanti riprese che fotografano paesaggi filtrati di rosso e popolati da pale eoliche a cui la cinepresa sembra incollarsi nel loro vorticare. Insieme allo stile di regia deliberatamente poco invasivo, EO denota un’altra presenza particolarmente rarefatta, ovvero la scrittura, o meglio, la recitazione: i dialoghi, costruiti in poche battute sparse lungo il film, fanno solo da contorno a quello che invece si vede e si sente e che, con grande efficacia, permette a un inconsapevole animale di essere un soggetto più espressivo di qualsiasi attore.

Un frame di EO (2022) di Jerzy Skolimowski

Le anime di EO

Skolimowski riesce nell’impresa di far convivere all’interno di EO diverse anime: da quella più esplicitamente ambientalista – lo stesso regista ha dichiarato di aver ridotto notevolmente il suo consumo di carne negli ultimi tempi – a una dal sapore surreale – evidente quando EO si trova ad assistere a una bizzarra partita di calcio locale, diventando eroe di una tifoseria e acerrimo nemico, con conseguenze drammatiche, di quella opposta. Nota stonata la sequenza ambientata in Italia, dove la presenza di Isabelle Huppert sembra fine più a sé stessa che motivata da un qualsiasi scopo narrativo.

Un frame di EO (2022) di Jerzy Skolimowski

L’epilogo del film non fa che confermare la grande differenza che corre tra Au hasard Balthazar e EO: se il primo si chiude con l’asino che, seppur colpito a morte per mano dell’uomo, spira circondato dal belare di un gregge di pecore su di un bucolico prato di montagna, EO  si spegne nell’oscurità di un mattatoio: è cambiata la natura umana o solo le modalità con cui il cinema la mette in scena?

La locandina di EO (2022) di Jerzy Skolimowski

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