93 autoritratti raccontano la grande fotografa Vivian Maier a partire dai primi lavori degli anni ’50 fino alla fine del Novecento
“La scoperta tardiva del lavoro di Vivian Maier, che avrebbe potuto facilmente scomparire o addirittura essere distrutto, è stata quasi una contraddizione. Ha comportato un completo capovolgimento del suo destino. Perché grazie a quel ritrovamento, una semplice Vivian Maier, la tata, è riuscita a diventare, postuma, Vivian Maier la fotografa”. Così la curatrice Anne Morin introduce la mostra “Vivian Maier. Shadows and Mirrors”, in programma dal 23 marzo al 11 giugno presso Palazzo Sarcinelli a Conegliano. 93 autoritratti, per raccontare la grande fotografa e “la sua ricerca incessante di trovare un senso e una definizione del proprio essere”.
La mostra ripercorre l’opera della famosa tata-fotografa. Che, attraverso la fotocamera Rolleiflex e poi con la Leica, trasporta idealmente i visitatori per le strade di New York e Chicago. Dove i continui giochi di ombre e riflessi mostrano la presenza-assenza dell’artista che, con i suoi autoritratti, cerca di mettersi in relazione con il mondo circostante. Vivian Maier fotografò per più di quarant’anni, a partire dai primi anni ’50, pur lavorando come bambinaia a New York e a Chicago. Spese la sua intera vita nel più completo anonimato, fino al 2007, quando il suo corpus di fotografie vide la luce. Un enorme e impressionante mole di lavoro, costituita da oltre 120.000 negativi. E poi film in super 8 e 16mm, diverse registrazioni audio, alcune stampe fotografiche e centinaia di rullini e pellicole non sviluppate.
L’allestimento di Palazzo Sarcinelli esplora quindi il tema dell’autoritratto di Vivian Maier a partire dai suoi primi lavori degli anni ’50, fino alla fine del Novecento. Un nutrito corpus di opere caratterizzato da grande varietà espressiva e complessità di realizzazione tecnica.