Print Friendly and PDF

Montagne, care, voi non mi mentite. La natura nella pittura di Sandra Tenconi

Ghiacciaio in Adamello, 2019. Acrilico su tela; cm 80 x 120.
Passo Sella, Bormio, 2008. Acrilico su tela; cm 50 x 70.

La mostra di Sandra Tenconi prosegue a Piacenza, alla Galleria Biffi Arte, fino al 7 maggio

È bello immaginare Sandra Tenconi (Varese, 1937) nel rigoglioso giardino della casa di Varese che lasciò un solco profondo nel suo immaginario e da cui nacque il suo rapporto viscerale con la natura. Lei stessa lo ricorda con nostalgia mista a rimpianto.
Certamente quando nel 1956 si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Brera la memoria degli anni dell’infanzia trascorsi fra alberi, piante e fiori non si era per nulla offuscato e la verità del suo sentimento nei confronti di quanto di più autentico potesse esistere intorno a lei – la natura stessa, in primis – non poteva che essere vivificato dalle frequentazioni che a Milano l’avrebbero accompagnata nel suo percorso espressivo.
In particolare, quella di Aldo Carpi, titolare della cattedra di Pittura, che le fu maestro. Guido Ballo proprio in quell’anno scriveva di lui: “Aldo Carpi, nella vicenda lombarda, mentre influisce su alcuni giovani – e basterebbe il caso di Morlotti – per il sottofondo romantico, scapigliato, nel valore della luce e nell’improvviso abbandono a un estro coloristico nell’attimo, resta una figura tipica…”. 
Che la figura di Carpi, così amato dai suoi allievi – non solo perché uomo di alto valore artistico ma anche perché pittore dotato di forte spessore morale –, abbia profondamente inciso sulla personalità di Tenconi non è difficile da ipotizzare.

Mattino d’estate, 2011. Acrilico su tela; cm 100 x 150

L’ “estro coloristico nell’attimo”, di cui parla Ballo, intride, fin dagli esordi, anche le rappresentazioni pittoriche ispirate alla pittrice dalla natura – siano montagne, vallate o calanchi – tanto quanto un sottile humour noir, con ogni probabilità di matrice scapigliata lombarda, si sprigiona dai suoi disegni al tratto: in particolare, dai suoi autoritratti a inchiostro o sanguigna, talora cupi talaltra dolorosi – 31 realizzati in un solo anno, il 1991 –, e dalle immagini in punta di matita di tronchi contorti, radici intrecciate, foglie accartocciate raffigurate nella serie dei Roccoli – dedicata al Roccolo Moroni di Bosco Valtravaglia, nel Varesotto, da lei scoperto alla fine degli anni Cinquanta –, come anche in cicli posteriori.

Ghiacciaio in Adamello, 2019. Acrilico su tela; cm 80 x 120.

In essi l’artista concretizza al meglio, tra estasi e senso di smarrita solitudine, la drammatica inquietudine che la pervade, anzi dà pienamente corpo a stati d’animo ancor più che a diorami di terre e cieli. 
Oggi nella mostra “Montagne, care, voi non mi mentite. La natura nella pittura di Sandra Tenconi”, allestita a Piacenza alla Galleria Biffi Arte (fino al 7 maggio), ricca di un’ottantina di opere fra acrilici e disegni, lo sguardo si concentra – come il titolo indica – soprattutto sulle vette da lei tanto amate e immortalate moltissime volte. Ma non solo.

Nelle rappresentazioni montane si succedono così, in decenni di instancabile lavoro, forme e non forme, spesso “forme sospese”, come le definisce l’artista stessa, ma anche suggestioni d’atmosfera e accenti realistici: tutto sviscerato nell’essenza, tra figurativismo e astrazione, tra distacco originato dall’estasi del sublime e precisa riconoscibilità di luoghi e cime: il Monte San Martino in Val Cuvia, i monti della Valtellina, l’Adamello, le Dolomiti, il Passo Sella, le Alpi Apuane, fino alla vetta del Clariden e alla catena del Weisshorn in Svizzera, o alla vallata del fiume Shenandoah in Virginia.
La materia cromatica – ora addensata, là dove la roccia si svela nelle sue tormentate asperità, ora morbida e suadente, là dove un ghiacciaio o una distesa nevosa si snoda come un manto avvolgente sulle pendici scoscese – è strumento linguistico e al tempo stesso finalità espressiva. In nessun’altra opera come nei “ritratti” di montagne si avverte infatti, proprio grazie al colore, lo slancio mistico assecondato dall’artista che però dagli zenith celesti presto fa ritorno, quasi tattilmente, alla fisicità dell’hic et nunc. 
L’ansia di coinvolgimento affettivo-sentimentale, non a caso, si avverte in lei sempre intenso e prepotente – si pensi ai dipinti dedicati al tenero tema degli orsetti di peluche, i Teddy Bear, una quarantina dei quali è in mostra ora a Piacenza –, ed è proprio nella quotidianità “materiale” che essa si giustifica e prende vigore. Ascesi spirituale e immanenza: un dilemma insanabile, di cui Tenconi si fa sempre più fine interprete.

Autoritratto scontento, 1991. Disegno a carbone su carta giallina, cm 50 x 35.
Albero di Roccolo, 2004. Disegno a matita; cm 24 x 32,7.
Forme sospese, 2022. Disegno a penna; cm 8,2 x 13,2.
Teddy Bear n. 11, 2016. Acrilico su tela; cm 30 x 30

Commenta con Facebook