Il Kröller-Müller Museum di Otterlo, Paesi Bassi racconta il Futurismo in relazione alla rete di rapporti e reciproche influenze che l’avanguardia italiana ha avuto con le altre avanguardie europee. Dalla pittura e scultura al cinema, dall’architettura alla moda e alle arti applicate. Il futurismo & l’Europa. L’estetica di un nuovo mondo è in mostra fino al 3 settembre 2023.
La mostra che non ti aspetti per questa primavera-estate si trova in Olanda, al Kröller-Müller Museum, di Otterlo, nei Paesi Bassi. Non ancora spenta l’eco della grande mostra di Vermeer al Rijksmuseum di Amsterdam (e di quella associata a Delft) l’Olanda resta un punto di riferimento per chi ama cogliere al volo l’opportunità di mostre originali e sostanziose di contenuti.
In questo caso, si tratta di un museo nato da una grande collezione privata, frutto della squisita sensibilità artistica di Helene Kröller-Müller (1869-1939), moglie di Anton Kröller-Müller, direttore della compagnia di navigazione Wm H. Müller & Co.. Helene cominciò sin dagli inizi della sua avventura di collezionista acquistando opere – che si sarebbero rivelate capolavori – con l’intento di rappresentare gli sviluppi dell’arte a lei contemporanea. Con un tassello mancante: il Futurismo, di cui non aveva fatto in tempo a cogliere la portata.
Solo negli anni Settanta, il museo ha cominciato ad acquistare i primi lavori di artisti come Giacomo Balla, Umberto Boccioni, l’ucraino Oleksandr Bohomazov e il belga Jules Schmalzigaug, tra gli altri. La mostra in corso, Il futurismo & l’Europa. L’estetica di un nuovo mondo, in un certo senso colma la lacuna e indaga l’avanguardia futurista in relazione agli altri movimenti artistici europei coevi, come sarebbe piaciuto di certo alla fondatrice.
Il curatore Fabio Benzi, con un enorme lavoro di ricerca, ha ricostruito la rete di scambi e contatti che collegava intellettuali e artisti, mettendo in luce quanto il Futurismo italiano abbia influenzato il Bauhaus in Germania, De Stijl in Olanda, l’Esprit Nouveau in Francia e il Costruttivismo in Russia. Tra arte, grafica, architettura, teatro e cinema, moda, design e arti applicate, il movimento fondato da Tommaso Marinetti, annunciato nel Manifesto del Futurismo, del 1909, e da quello del 1915 intitolato Ricostruzione futurista dell’Universo, a firma di Giacomo Balla e Fortunato Depero, gettò le basi di una nuova estetica.
“I rapporti tra le varie avanguardie e il mutuo scambio tra gli artisti, a volte dichiarato a volte più sottile, è l’elemento di novità di questa esposizione. Si trattava di rapporti intensi, che non si sospettavano prima d’ora, sia epistolari sia di persona. Tutti viaggiavano, si incontravano, simpatizzavano e a volte litigavano molto”, racconta il prof. Fabio Benzi. Marinetti spese una fortuna in spedizioni di materiali e viaggi, dilapidando il suo patrimonio.
Tra gli esempi più significativi, esito dell’influenza futurista, gli edifici che compaiono negli studi plastico-architettonici e La Città Nuova del geniale Antonio Sant’Elia (disegnati nel 1913 e 1914), i cui riverberi si riconoscono ne La Città contemporanea di Le Corbusier, del 1922. Un’ispirazione mai ammessa dal grande architetto francese. Il ritmo della Sedia per la sala da pranzo per Casa Zampini, del 1925 di Ivo Pannaggi, è alla base della famosa Zigzag Chair, del 1932 di Gerrit Rietveld. Pannaggi, a sua volta, aveva ampiamente tratto ispirazione dalla Berlin Chair rietveldiana, del 1923, per disegnare un’altra sedia destinata all’entrata della medesima casa, nel 1925-26.
Si potrebbe continuare. Pezzi forti della mostra, opere tra le più importanti della produzione futurista come la Bambina che corre sul balcone di Giacomo Balla, del 1912, o la scultura in bronzo Forme uniche della continuità nello spazio di Umberto Boccioni, del 1913. O ancora, La rivolta, di Luigi Russolo, del 1911. Per citarne solo alcuni. Ma anche protagonisti europei come Fernand Léger, Sonia Delaunay, Wassily Kandisnsky, Lászlo Mohololy-Nagy, Kazimir Malevich. Accanto, pezzi rari e preziosi: i paraventi e gli abiti disegnati da Balla, ma anche le foto di Wanda Wulz, che ritraggono la sorella Marion con indosso gli abiti della stilista Anita Pittoni e quest’ultima con il vestito disegnato e dipinto dal pittore Marcello Clarion, nel 1930.
Non manca neppure l’iconica bottiglietta di Depero per il Campari Soda. Più un consistente apparato di documenti e filmati che provano quanto l’arte italiana avesse influenzato cinema – vedi le scenografie di Fritz Lang per Metropolis (1927) – e teatro, per il quale Enrico Prampolini scrisse il testo Scenografia e coreografia futurista, nel 1915. In questo contesto, viene menzionato anche il Bal Tic Tac, cabaret di grande successo negli anni Venti a Roma, arredato e decorato da Giacomo Balla. Nel 2018 durante i restauri di una palazzina della Banca d’Italia, sono stati scoperti una larga porzione di muro e il soffitto affrescati dall’artista, che si trovavano all’entrata del locale.
Già che si è qui, bisogna dare un’occhiata alla struttura del museo, inaugurato nel 1938, progettato da Henry van de Velde, e poi ampliato nel 1977 con un’ala a firma di Wim Quist. Nel 1935 l’intera collezione era stata donata ai Paesi Bassi. Da non perdere, la più grande raccolta di Van Gogh esistente dopo quella del Museo di Amsterdam (che quest’anno compie 50 anni). Una preziosa opportunità per scoprire la prima produzione dell’artista che in pochi anni matura lo stile che tutti conosciamo, in una parabola folle e geniale. Helene Kröller-Müller, poco dopo la morte dell’artista e quella del fratello Theo, aveva acquisito dalla vedova di quest’ultimo molte opere per cifre ancora irrisorie, concorrendo all’ascesa di Van Gogh sul mercato.
Prima di partire, il grande parco che circonda il museo riserva molte sorprese con le sculture en plein air di mostri sacri come Auguste Rodin, Henry Moore, Jean Dubuffet, Lucio Fontana, Claes Oldenburg, Richard Serra, Marta Pan, Aristide Maillol, per citarne alcuni. Anche il Jachtslot St Hubertus, dell’architetto Hendrik Petrus Berlage, un tempo residenza di campagna della famiglia Kröller-Müller, fa parte oggi del complesso museale e si può visitare.