Quando folklore, storie tramandate oralmente, racconti della quotidianità e ogni piccolo elemento di una realtà soggettiva riflette frammenti della coscienza collettiva, allora lo sguardo sul mondo diventa poetico. Lo dimostra Thao Nguyen Phan (1987) con la mostra “Reincarnations of Shadows” organizzata da Pirelli HangarBicocca, Milano a cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli (in collaborazione con Kunsthal Charlottenborg, Copenaghen), dove ombre, luci, video, acquerelli su seta, fronde di juta grezza essiccata, tende in tessuto, balestre in madreperla e lacca, e tanto altro ancora materializza la storia non ufficiale del Vietnam e della più estesa regione del Mekong.
L’artista vietnamita debutta a Milano con un progetto speciale in cui mescola con estrema fluidità diversi media: video, pittura, disegno, scultura e installazioni, che intrecciano eventi storici, tradizioni popolari e narrazioni fiabesche, aprendo riflessioni sulla possibilità di reincarnazioni di simboli e di rituali nascosti, tramandati attraverso racconti orali condizionati dagli effetti del colonialismo.
Phan ha lavorato per due anni con Joan Jones (1936), maestra americana della videoarte e della performance, già protagonista di una mostra al Pirelli HangarBicocca (2014), è nota a livello internazionale, riconoscibile per un immaginario onirico e la sua capacità ripercorre gli eventi storici del Vietnam con poetica sensibilità.
L’artista forte della suo potente immaginario visivo, ci racconta gli eventi centrali del Vietnam, attraverso inedite narrazioni e trasforma lo spazio Shed di Pirelli Hangar Bicocca in uno ambiente fluido, quasi magico, con video da vedere, ascoltare per comprendere un “paesaggio” emotivo immerso nella natura e nella complessità dell’arte contemporanea, in cui oriente e occidente, passato e presente confluiscono in opere interconnesse.
Il titolo della mostra richiama il video Reincarnation of Shadows (moving –image-poem), (2023) realizzato per il progetto espositivo, ispirato alla scultrice modernista DiemPhung Thi (1920-2002), affiancato da una serie di lavori dell’artista, che nel 1946 si è laureata in odontoiatria ed è stata la prima donna vietnamita ad esercitare una professione medica, abbandonata alla fine degli anni cinquanta per dedicarsi all’arte.
Il video è un esempio di documentazione come opera d’arte, in cui frammenti di interviste, testi originali dell’archivio personale di Diem Phung Thi, che ha lavorato in Francia e in Vietnam, con immagini in movimento in relazione al paesaggio e alla storia dell’arte e all’architettura, scorrono emozioni in una straordinaria commistione tra memorie personali e collettive. Nel video si racconta la dimensione pubblica e privata di una donna che ha lottato per la sua libertà, da ascoltare, con immagini che fluiscono ritmicamente come l’acqua, quasi una preghiera Buddista, accompagnate dal suono del dan tranh, strumento tradizionale a corda vietnamita. L’idea di reincarnazione pervade tutto lo spazio e il lavoro dell’artista. La mostra è suddivisa in due aree comunicanti, una comprende l’altra. Nella prima c’è l’istallazione Becoming Alluvium (2019), una istallazione composta da video e da una serie di lavori con differenti materiali, in cui Phan indaga il ruolo economico e sociale del fiume Mekong per la regione del Sud Est asiatico attraverso un racconto suggestivo. É la storia di due fratelli e delle loro reincarnazioni successive, che intreccia tematiche sul rapporto tra uomo e la natura, le trasformazioni sociali del Vietnam e la sua colonizzazione, la commistione culturale tra oriente e occidente, tradizione e modernità, località e globalizzazione, in cui folklore, favola e storia diventano una potenzialità di rigenerazione e riflessione sul domani che verrà.
La seconda, attraversata la grande installazione No Jute Cloth for the Bones (2019-2023), composta da fusti di juta grezzi sospesi, presenta l’installazione che da il titolo alla mostra, dedicata a Diem Phung Thi, dove lo spettatore s’immerge nelle vite e opere di due artiste dalle vite connesse, all’insegna della libertà espressiva, che hanno studiato in occidente, senza dimenticare la cultura e tradizioni locali, realizzando opere meditative. Inoltre, Phan si è ispirata ai lavori modernisti di Diem Phung Thi per ideare le sedute e i tavoli presenti nel percorso espositivo, dove anche l’allestimento è parte integrante dell’opera.