In un mondo in cui le narrazioni storiche sono spesso plasmate dalle istituzioni ufficiali e dai musei che presentano una prospettiva unilaterale della storia, l’artista palestinese Khalil Rabah ci invita a una straordinaria riflessione attraverso il suo ultimo progetto espositivo, “Through the Palestinian Museum of Natural History and Humankind,” a cura di Claudia Gioia, alla Fondazione Merz di Torino
Questa interessante esposizione è un viaggio che sfida il potere delle narrazioni ufficiali e ci spinge a riconsiderare il modo in cui il passato viene raccontato e interpretato. L’opera di Khalil Rabah è un appello a riscrivere la storia, a esplorare nuove relazioni con il mondo che ci circonda e a sfidare le prospettive unilaterali dei musei tradizionali, il “Palestinian Museum of Natural History and Humankind” è un museo in continua evoluzione, un’istituzione in costruzione che prende forma all’interno dello spazio che lo ospita, e l’artista ci inviata a sperimentare con il suo tentativo di ricucire un racconto che possa immaginare nuove relazioni con il nostro mondo.
La mostra presenta un’ampia collezione di opere, tra cui immagini in movimento, fotografie, piccole sculture e contenitori di olio, insieme a testimonianze ed indizi, ci invitano a cercare ciò che la storia non ha ancora detto o ha detto male, e che deve essere raccontato di nuovo. Il museo in continua evoluzione di fatto rappresenta un interrogativo sul ruolo della cultura nel riscrivere il nostro vissuto.
Khalil Rabah ha creato il “Palestinian Museum of Natural History and Humankind” partendo dal suo legame con la Palestina, ma il progetto ha assunto un respiro globale, affrontando tematiche come i flussi migratori e le identità culturali; la collezione stessa del museo è in continua evoluzione, in contrasto con la staticità della realtà che rappresenta.
La mostra a Torino offre un’opportunità unica di esplorare l’intero progetto in tutta la sua temporanea estensione e riorganizzazione. Le pareti dell’esposizione sembrano ancora in fase di costruzione o smontaggio, enfatizzando l’idea di uno spazio in evoluzione, con una struttura incompiuta circondata da impalcature, che ricordano la precarietà che affligge i rifugiati in tutto il mondo.
Il museo presenta anche opere che affrontano la questione dei territori conquistati e delle prede di caccia, mettendo in relazione le geografie frammentate della Palestina e del Mar Morto con le pelli animali, presentate come trofei, e gli scaffali impilati di “Recovered” sono in attesa di essere montati e riempiti, simboli della promessa di nuove storie e prospettive.
Nel cuore di questa esposizione, il genere umano e la natura emergono come temi centrali, gli ulivi, simboli della cultura mediterranea e elemento ricorrente nella mostra, trasmettono un senso di rinascita e vittoria sul deserto arido delle politiche internazionali.
Ma Khalil Rabah ci sfida a riflettere non solo sulla storia, ma anche sulla percezione pubblica e sulle modalità di esposizione, per superare le criticità dei concetti museali tradizionali e esplorare nuove modalità di rappresentazione delle comunità sociali e del loro rapporto con la storia.
“Through the Palestinian Museum of Natural History and Humankind” è un invito a esplorare nuove prospettive sulla storia, a sfidare il potere delle narrazioni ufficiali e a esaminare come l’arte e la cultura possano contribuire a riscrivere il nostro passato. Khalil Rabah, con la sua straordinaria esposizione, ci offre l’opportunità di esplorare il mondo in modo diverso, di interrogarci sulle narrazioni che ci circondano e di immaginare nuove relazioni con il nostro passato e il nostro futuro.