La Otto Gallery di Bologna presenta, fino al 15 Gennaio 2024, il percorso espositivo dal titolo “Stazionari Altrove”, progetto ideato da Matteo Montani, artista romano, che vive e lavora a Bologna, già protagonista di precedenti mostre personali presso la galleria
In “Stazionari Altrove”, Montani (Roma, 1972) diventa autore, ideatore del percorso espositivo e artista in mostra insieme a Loris Cecchini (Milano, 1969), Vincenzo Schillaci (Palermo, 1984), Marco Tirelli (Roma, 1956).
Tema centrale del progetto è la natura, non solo investigata dal punto di vista dell’elemento naturale, ma soprattutto nell’ambito della speculazione filosofica in termini di natura naturans, concetto presente già nel Medioevo e ripreso successivamente da Giordano Bruno nell’opera De la causa, principio et uno e da Spinoza. Oggetto della riflessione è l’approfondimento in merito alla natura naturante, ovvero alla forza della natura, alla sua azione creatrice, intervento immanente, come sostenuto da Spinoza, tra cui si può far confluire anche l’azione creatrice dell’artista, che attraverso la realizzazione delle opere, conferisce alla realtà una nuova visione, reinventandone il modo di viverla, di interpretarla, di ricrearla.
Le opere presenti nell’ambito del percorso espositivo, rispecchiano questa ricerca e lo spettatore si imbatte in differenti linguaggi e diversi mezzi espressivi, ancorati alla natura e alla sua azione creatrice, interpretata da ciascun artista in modo unico e personale.
I lavori di Loris Cecchini, esprimono una continua sperimentazione con materiali industriali, una ricerca tra la natura, prima fonte d’ispirazione e la scienza, in cui l’artista individua un mezzo tramite cui manifestare e dettagliare il proprio linguaggio artistico. Come da lui stesso affermato: «La natura in sé mi affascina: l’organizzazione fenomenica del movimento dei liquidi, le forme delle foglie, la struttura dei semi, le complessità delle forme minerali… La osservo e mi lascio indicare una via, poi mi piace spesso elaborarla attraverso un pensiero tecnologico, che per me è una forma di sapere importante. Guardo alla relazione tra estetica e scienza: resto sul confine tra naturale e artificiale, attingo alla natura che poi elaboro alla luce di altri saperi e, alla fine, cerco di mettere in atto uno slittamento, una sospensione poetica».
Le opere di Matteo Montani estrinsecano l’equilibrio tra dimensione esteriore ed interiore, attraverso l’uso di differenti mezzi tecnici ed espressivi. La pittura dell’artista romano si bilancia tra elementi che appaiono e scompaiono, in un’atmosfera a tratti densa e a tratti rarefatta. Ciò come riportato dall’artista stesso: «I termini tecnici che vengono usati in meteorologia mi piacciono immensamente e un’espressione come ‘con i consueti addensamenti’ mi emoziona come se leggessi una poesia. In effetti, anch’io lavoro per addensamenti, in certi casi, e per dilatazioni, in altri. C’è un aspetto meteorologico nella mia pittura, come se fosse una natura in movimento, con fenomeni naturali che si ripetono ciclicamente».
Per Vincenzo Schillaci, realizzare un’opera è far convergere il mondo delle idee con il mondo fenomenologico e sensibile dell’artista stesso. Come indicato nel dossier della mostra: “La sua pratica si basa su una combinazione di ricerca filosofica e ricerca del materiale, e le relazioni tra immaterialità e pervasività delle immagini. Il suo lavoro mette in evidenza la relazione che intercorre tra il mondo delle idee e la “cornice quadro” in un rapporto di tensione tra visto e non visto, apparizione e sparizione”.
Nei lavori di Marco Tirelli, già menzionato tra gli artisti della Nuova Scuola Romana, realtà e metafisica si incontrano. L’artista riesce, attraverso l’utilizzo di una pittura nebulizzata a far emergere volumi in realtà atemporali, ove convergono geometrie e pensiero. L’artista stesso afferma: «Le cose intorno a noi, quando le guardiamo sono soglie, inizi di percorsi. Ciò che vediamo non è la realtà ma il prodotto della relazione dei nostri sensi e della nostra mente con la realtà. Noi non vediamo il mondo ma ciò che la luce ci rende di esso».
Dall’osservazione delle opere, si percepisce dunque, la profondità legata al percorso espositivo e di come le singole e personali espressioni artistiche siano riuscite a esprimere la ricerca sul tema della natura e della sua azione creatrice. Ma le domande su cui lo spettatore è invitato a riflettere sono anche legate al concetto di trascendenza e come indicato nel dossier: è “l’opera d’arte – e in particolare la relazione che essa produce tra occhio e mondo –– il velo diafano che rivela e rende tangibile il trascendente e ce lo fa percepire come qualcosa che non è affatto separato da questo mondo ma, al contrario, gli appartiene e lo muove come una particolare forza della natura?”
Sebbene il fine del percorso espositivo sia solo quello di proporre tale domanda, si può constatare come l’arte da sempre abbia consentito di raggiungere il mondo trascendente grazie alla connessione tra pensiero, idee e il mondo reale e fenomenologico.