Libri per la Giornata della Memoria, novità in libreria con storie per bambini e di bambini. L’importanza di trovare le parole e le immagini giuste per raccontare il dolore, l’orrore, la storia e la speranza
>> Per Tommy. 22 gennaio 1944 di Bedřich Fritta, Hélios Azoulay (L’Ippocampo)
Terezín, 22 gennaio 1944. Tommy ha tre anni. Per il suo compleanno il padre, il pittore Bedřich Fritta, gli regala un libro disegnato da lui stesso. Una storia creata solo per lui: cinquantadue acquerelli pervasi di delicatezza e umorismo: l’ultimo regalo di un padre a un figlio, un regalo talmente tenero e poetico che si stenta a credere sia nato nell’orrore di in un campo di concentramento per mano di un uomo braccato, come tutti i suoi, dal terrore e dalla morte. Bedřich Fritta morirà poi ad Auschwitz, dopo esser stato deportato. Il figlio sopravvivrà. In un dialogo che ci riporta indietro in un’epoca di dolore lo scrittore Hélios Azoulay ci racconta la storia di Tommy, di suo padre, del suo libro e di questa eredità che non può andar perduta. Pagine di grande semplicità e profondità, da cui non si può che uscirne storditi e sconvolti. Una testimonianza di grande potenza, con tutta la forza della poesia e della speranza, anche di fronte al baratro più nero.
Bedřich Fritta (pseudonimo di Fritz Taussig) è nato nel 1906 a Višňová, in Boemia. Grafico e caricaturista a Praga, nel 1941 è stato deportato nel ghetto di Theresienstadt per dirigere l’Ufficio Disegni del Dipartimento tecnico. Nel luglio 1944 viene arrestato e torturato per «propaganda menzognera» e successivamente trasferito ad Auschwitz dove è morto il 4 novembre 1944.
I suoi disegni clandestini e il suo libro Per Tommy sono alcuni delle incredibili testimonianze arrivate fino a noi dai lager.
Hélios Azoulay è uno scrittore, attore, compositore e clarinettista. Il suo essere un arista decisamente poliedrico lo si evince in opere che riescono a esprimere straordinaria libertà. Fra i suoi libri ricordiamo L’enfer a aussi son orchestre, sulla musica composta nei campi di concentramento, di cui è uno dei più grandi interpreti insieme all’Ensemble de Musique Incidentale da lui diretto.
>> 16 ottobre 1943. Storia di Emanuele che sfuggì al nazismo di Ernesto Anderle, Emanuele Di Porto (Mondadori)
Roma 16 ottobre 1943. È l’alba, Emanuele Di Porto, un ragazzino di dodici anni, dorme serenamente, quando all’improvviso la quiete viene spezzata: rumore di camion, grida. I tedeschi sono arrivati nel quartiere ebraico. Sua madre si precipita alla stazione per avvertire il marito, venditore ambulante. Dalla finestra Emanuele la vede costretta a salire su un camion sotto la minaccia delle armi dei soldati. Non esita: scende di corsa in strada per unirsi a lei, ma la madre riesce a metterlo in salvo. A casa non può tornare, il quartiere non è più un luogo sicuro. Trova rifugio a bordo di un tram, con la complicità silenziosa di bigliettai e autisti: è l’inizio di due lunghissimi giorni, carichi di tensione e speranza, in un’agonizzante ricerca della salvezza. A ottant’anni dal rastrellamento del quartiere ebraico di Roma, una delle storie più toccanti della Shoah italiana in un emozionante romanzo a fumetti. Una toccante graphic novel, con la prefazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
>> La piccola Hempel di Elvira Hempel-Manthey (UTET)
1938, Sassonia-Anhalt: Elvira Hempel ha solo sette anni quando viene diagnosticata come «mentalmente inferiore» solo perché suo padre, alcolizzato e senza lavoro fisso, era stato bollato come «asociale». Gli Hempel sono tedeschi, ma questo non basta, anzi: in base alla legge sulla salute ereditaria bisogna estirpare tutte le tare che minacciano la purezza razziale del popolo tedesco. È proprio il medico che la visita a chiedere il suo ricovero urgente presso il manicomio di Uchtspringe, in un reparto speciale per bambini: «La grossa infermiera con la siringa fa un lavoro accurato. Il signore dei morti è sempre al lavoro. Così noi bambini siamo sempre di meno, anche se ogni settimana ne arrivano di nuovi…». Medici e infermieri concedono una morte «misericordiosa» a quelle che considerano vite indegne di essere vissute: bambine e bambini che saranno tra le prime vittime della ferocia dell’eugenetica nazista. Il programma di “eutanasia” per le persone con disabilità fisiche o ritenute affette da malattie mentali – in cui, dal 1939 al 1945, si stima siano stati uccisi complessivamente più di trecentomila tra donne, uomini e bambini – è ancora oggi tra i meno conosciuti tra i crimini nazisti. Quella di Elvira è quindi una testimonianza di enorme valore, tra le pochissime scritte da un testimone oculare e la prima a essere tradotta in lingua italiana. Quando viene trasferita a Brandenburg an der Havel, portata all’ingresso della camera a gas, Elvira è l’unica a essere risparmiata.
Questi libro è la testimonianza unica e feroce di una bambina scampata al progetto di eugenetica nazista, quello che Elvira descrive è per questo ancora più prezioso perché ci permette di avvicinarci alle vittime e di comprendere la condizione in cui erano costrette a vivere.