Nel labirinto in continua evoluzione dell’arte contemporanea, spunta una mostra che sfida l’osservatore a confrontarsi con l’inganno visivo e a perdersi nelle intricate trame della pittura. Tutto questo è opera di Luca Moscariello, artista nato a San Giovanni in Persiceto nel 1980, che presenta la sua ultima opera pluriennale intitolata “Moduli strategici per imbastire equivoci”, curata da Emanuela Zanon.
Al Mercato Centro Culturale di Argenta, fino al 10 marzo 2024, Moscariello promette un viaggio attraverso l’illusione e la sua sottile danza con la verità, tema assai attuale e per nulla scontato.
Fin dagli esordi, l’artista ha dedicato la sua ricerca all’esplorazione dell’inganno visivo in pittura, ma a differenza di molte esposizioni che cercano di stupire o sfidare le percezioni comuni, “Moduli strategici per imbastire equivoci” mira a creare un arsenale di dispositivi stilistici e pittorici per mettere in scena l’illusione in tutte le sue forme mutevoli.
La mostra si sviluppa in due percorsi paralleli, ciascuno progettato per condurre lo spettatore attraverso un intricato labirinto di immagini e riflessioni (divertenti ed enigmatiche allo stesso tempo), ciascuna con la propria interpretazione del concetto di illusione. Nella prima, opere su tavola decontestualizzano frammenti di realtà, trasformandoli in pattern che ricreano atmosfere metafisiche. Nella seconda, un’installazione ambientale di tavole geometriche genera illusioni di spessore, rientranze e aggetti, trasformando ogni elemento in un maestro di trompe-l’oeil.
Nella sua indagine, Moscariello cerca intenzionalmente l’inganno ottico, orchestrando un balletto di illusioni che sfidano la consapevolezza e costringono a riflettere sulla natura dell’apparenza stessa. La mostra è un invito a immergersi in un perimetro visivo in cui i diversi piani dell’immagine collidono, invitando gli spettatori a interpretare l’equivoco nascosto tra le pennellate e i colori.
Ciò che colpisce di più è il modo in cui Moscariello, con un approccio simile a quello di Giulio Paolini, sviscera il processo della pittura: ogni opera è il risultato di un meticoloso processo di pianificazione, con disegni preparatori che intrappolano lo sguardo in labirinti intriganti di specchi (qualcosa che ricorda anche Salvador Dali). Queste composizioni, pur dichiarando apertamente la loro natura illusoria, mantengono una potenza visiva straordinaria, che portano lo spettatore non solo a farsi delle domande sul processo ma anche ad ammirare una dimensione creativa attenta e ben strutturata, elemento non da poco visti i tempi.
Riflettendo sulla storia dell’arte, Moscariello crea un dialogo sincronico con i movimenti artistici del passato, rielaborando stilemi della pittura italiana del ‘900, della Pop Art, della Op Art e dell’avanguardia neoplastica dove ogni opera diventa un puzzle, sfida e disorienta l’osservatore, invitandolo a riflettere sul significato profondo di certi stilemi, indipendentemente dalla loro origine.
Attraverso la sua personale esplorazione dell’inganno visivo, Moscariello sfida il concetto stesso di verità nell’arte, rivelando che, per lui, questa risiede nell’oscillazione continua tra equivoci, in delicato equilibrio tra la pittura e l’osservatore.