A Palazzo Reale a Milano, un’esposizione con 200 stampe d’epoca mostra la Ville Lumière attraverso lo sguardo del fotografo ungherese naturalizzato francese Brassaï
Parigi degli anni ’30: la notte, la nebbia, le ragazze, le prostitute, i ponti, le piazze, i giardini pubblici, le carrozze. Questi sono solo alcuni dei soggetti degli oltre 200 scatti d’epoca di Brassaï, molti dei quali mai esposti in Italia prima d’ora. Secondo il fotografo “La notte è il momento in cui le cose escono dall’ombra” e Palazzo Reale ha ben pensato di ospitare una mostra interamente dedicata alle sue foto notturne della Ville Lumière.
Lui che è stato il primo a giocare con i chiaroscuri, a esaltare i profili urbani attraverso luce e penombra, usando la fotografia come studio sociale andando a svelare i costumi borghesi come quelli underground. La sua, del resto, era una “dittatura dell’occhio” attenta all’estetica e proiettata ad essere non solo una fotografia documentaria.
Brassaï, il cui vero nome era Gyula Halasz, era nato a Brasso, in Transilvania, da cui l’epiteto Brassaï – “da Brassò” in lingua ungherese – nel 1899. Si era trasferito a Parigi nel 1924 (ma c’era già stato con la famiglia da bambino) ed era diventato ben presto noto per le sue fotografie della vita notturna della città tanto che lo scrittore Henry Miller lo aveva battezzato “l’occhio di Parigi”.
Le sue immagini, scattate con una macchina fotografica Leica, per decenni hanno catturato la bellezza e la poesia della vita oltre il tramonto, offrendo uno sguardo intimo e personale sulle anime della notte dentro e fuori i locali notturni, per le strade deserte e umide, tra le prostitute e i musicisti di strada.
La mostra “Brassaï. L’occhio di Parigi”, aperta fino al 2 giugno, svela come il fotografo della Belle Époque tra i pavé lucidi di pioggia e gli abiti alla moda fosse alla ricerca “della poesia della nebbia che trasforma le cose, della poesia della notte che trasforma la città, della poesia del tempo che trasforma gli esseri”.
Una poetica che ritroviamo in foto come: Innamorarsi in un caffè di Parigi, Coppia al ballo delle Quattro Stagioni, nelle foto di Kiki de Montparnasse e nei molteplici scatti a sconosciuti nel buio delle strade e nelle alcove della città.
Instancabile flâneur, Brassai condivise la visione e lo stile onirico, misterioso e inquietante del surrealismo. Prima di lavorare per Harper Bazaar, diventò fotografo per la rivista surrealista “Minotaure”, diretta da André Breton, ma rifiutò sempre di entrare a far parte del movimento, affermando che “il Surrealismo delle mie immagini non è altro che il reale reso fantastico dalla visione. Cercavo solo di esprimere la realtà, in quanto niente è più surreale”.
Brassaï. L’occhio di Parigi
dal 23.02.2024 al 02.06.2024
Milano, Palazzo Reale