Sessanta opere compongono la retrospettiva che il Museo d’arte Mendrisio dedica a Enrico Castellani. Dipinti, superfici a rilievo, opere su carta, installazioni, sculture, stampe e un’intera sezione documentaria ripercorrono l’intera carriera dell’artista.
Dalle composizioni ad olio e fili su tela ai disegni della fine degli anni Cinquanta (Ombre) che hanno aperto la strada alle tele “estroflesse”, dai dittici e dalle superfici angolari alle enigmatiche installazioni (Il muro del tempo, Spartito), da una selezione di stampe alle ultime opere realizzate in alluminio aeronautico. Il Museo d’arte Mendrisio restituisce una visione completa della pratica artistica di Castellani, dai meno noti esordi all’elaborazione del suo linguaggio più conosciuto.
Se le prime opere sono debitrici di un certo tipo di espressionismo astratto, in particolare della pittura segnica di Mark Tobey, a partire dalla fine degli anni Cinquanta Castellani sviluppa una pratica artistica personale e ben riconoscibile, che lo rende protagonista della nuova scena culturale europea.
Nel 1952 si trasferisce in Belgio dove, dopo un iniziale passaggio all’Académie Royale des Beaux-Arts di Bruxelles, preferisce seguire studi in architettura frequentando l’École nationale supérieure d’architecture et des arts décoratifs de La Cambre, dove si laurea nel 1956. Al suo ritorno in Italia incontra l’artista Piero Manzoni, con il quale sviluppa una profonda amicizia e uno straordinario sodalizio artistico. Nel 1959 fondano la fondamentale rivista “Azimuth” (uscita in soli due numeri) e la quasi omonima galleria Azimut, che presenta 13 mostre nell’arco di 8 mesi con l’obiettivo di esplorare le tendenze artistiche più innovative che si stavano sviluppando non solo in Italia ma anche all’estero.
Le sue tele monocrome, in cui la superficie viene modificata e ritmata da sequenze accuratamente studiate di estroflessioni e introflessioni, catturano rapidamente l’attenzione del panorama artistico contemporaneo, di cui diventa una delle figure più influenti. Viene invitato a presentare le sue opere a mostre fondamentali come Monochrome Malerei (Leverkusen, 1960), The Responsive Eye (MoMA, 1965) ed è presente più volte alla Biennale di Venezia (nel 1964 e nel 1966).
Nei decenni successivi amplia il suo particolare alfabeto visivo e il suo lavoro viene regolarmente presentato in mostre nazionali e internazionali. La sua straordinaria carriera culmina nel 2010 con il conferimento a Tokyo del Praemium Imperiale per la pittura, il più alto riconoscimento artistico del Paese.