Il Festival Fog alla Triennale è iniziato con la trilogia Cadela Força di Carolina Bianchi, scrittrice e regista teatrale brasiliana che a San Paolo dirige il collettivo Cara di Cavalo
Annunciata come la piéce più disturbante degli ultimi tempi, “rivelazione del 2023, una discesa all’inferno”, Cadela Força si regge sulla potenza di due ore e mezzo di spettacolo che si mostra ben più che camaleontico, e forse proprio per questo suo mutare completamente di registro risulta complesso seguire il filo che compone “un arazzo di storie che hanno in comune la narrazione di uno stupro seguito da un femminicidio”, a partire dalla vicenda dell’artista italiana Pippa Bacca.
Sono infatti diverse le artiste citate, da Gina Pane a Ana Mendieta, dozzine le sollecitazioni che caricano e scaricano sullo spettatore gli effetti e i postumi della droga dello stupro (il GHB o – in portoghese – Boa Noite, Cinderella), abiti da sposa come manifesto per indagare “senso dell’arte”, “libertà femminile nel mondo”, “fiducia nel mondo”, “fiducia nell’arte”, “fiducia nel genere umano”; e poi senso di morte, necessità di ricordare il trauma, necessità dell’oblio come ricostruzione, violenza, performance come atto vitale, senso di fratellanza – anzi, no, sorellanza – e infine una vulvoscopia in diretta. Atto completamente desnecessário, soprattutto perché il teatro della crudeltà e del grottesco non scalfirà di un millimetro l’anestesia sociale che da parecchio tempo ha fatto effetto sui pubblici, del teatro e della vita reale, almelo meno in questa parte di mondo. Altro atto fuori tempo massimo che compie Bianchi verso se stessa (vero o falso poco importa, siamo a teatro) è l’inghiottire un’alta dose di tranquillanti per passare a uno stato di sedazione che permetta il lavorio della memoria, della ricostruzione, dell’inferno.
Così, quella che parte come una apprezzabile elegia di Pippa Bacca e di un ampio discorso culturale sconfina in una sorta di rappresentazione egocentrica dove il morboso sembra avere la meglio, e dove la figura del carnefice è tracciata accarezzando le linee dell’insano piacere della cronaca nera.
Ma la settima edizione di FOG, tra teatro, danza, performance e musica è solo iniziata e vale la pena sperimentare le scene. Fino al prossimo 7 maggio, infatti, saranno decine gli spettacolo ad accompagnare le serate del Teatro dell’Arte.
Il prossimo 20 febbraio, per esempio, sarà la volta della performance Speaking cables di Agnese Banti, dove gli altoparlanti non saranno più solamente dispositivi di diffusione sonora ma presenze con cui relazionarsi, organizzati in una coreografia di suoni cangianti.
Il 23 e 24 febbraio i maddalena reversa porteranno in scena una rilettura di Salomé, la tragedia del 1891 di Oscar Wilde, riflettendo sulla relazione tra umano e invisibile utilizzando corpi, luce e suono.
Ispirata a L’ombelico dei limbi di Antonin Artaud sarà invece la performance di Stefania Tansini il prossimo 2 e 3 marzo, al PAC, mentre la compagnia Agrupación Señor Serrano il 21 e 22 marzo porterà in scena Una isla, interrogando le intelligenze artificiali “per immaginare nuovi scenari, un nuovo “noi”, in un viaggio performativo tra fisico e digitale che risveglierà le coscienze del pubblico verso un futuro possibile”.
Tutto il programma, qui.