Tre inaugurazioni nella stessa location, il Palazzo Reale di Napoli, con l’apertura del Museo della Fabbrica: un’esposizione permanente che costituisce un percorso introduttivo alla visita non solo dell’Appartamento di Etichetta, ma di tutto il complesso monumentale.
Collocato al piano terra, con accesso dal Cortile d’Onore, il museo racconta la storia del palazzo con opere e installazioni audiovisive che ne illustrano le trasformazioni anche attraverso rilievi 3D, raccontandone le vicende in modo coinvolgente e suggestivo. Nella parte centrale sono esposti in teche sospese, i modellini ottocenteschi degli architetti dell’epoca, di Antonio Niccolini (1772-1850) e Gaetano Genovese (1795-1875), restaurati per l’occasione. Concepito dal direttore Mario Epifani, si inserisce in un più ampio progetto, curato dagli architetti Almerinda Padricelli e Giovanni Francesco Frascino, di recupero degli spazi al piano terra, con una ricollocazione delle funzioni esistenti, per conferire a questo luogo il ruolo di cerniera tra il Palazzo e la città.
All’ultimo piano, la seconda inaugurazione, il restauro del Belvedere, incastonato sul tetto di Palazzo Reale che affaccia sul Molosiglio, il parco pubblico partenopeo. E’ uno spazio esclusivo che offre alla città, ai visitatori e ai turisti, la possibilità di ammirare uno straordinario panorama sul Golfo di Napoli, con una prospettiva inusuale e unica: attraverso i sottotetti, si raggiunge il torrino del Belvedere, costruito nel 1837.
Al piano nobile, invece, l’ultima inaugurazione è stata nella Galleria del Genovese, dove, fino al 3 settembre 2024, ospita la mostra Quatto secoli di storia: la fabbrica di Palazzo Reale, con la curatela del direttore Mario Epifani e l’allestimento dell’architetto Stefano Gei, un racconto sulla storia dell’edificio e sulla sua evoluzione.
LA MOSTRA: QUATTRO SECOLI DI STORIA
Con l’apertura del Museo della Fabbrica, la mostra presenta una carrellata di dipinti, sculture, disegni e stampe, che seguono la storia del Palazzo Reale, dalla sua fondazione fino all’Ottocento. Le opere in esposizione dialogano naturalmente con quelle esposte nel percorso di visita dell’Appartamento di Etichetta, come i ritratti di Ferdinando I delle Due Sicilie (1751-1825) e Vittorio Emanuele III di Savoia (1869-1947). Documenti relativi alle vicende architettoniche, piante, vedute e progetti, propongono una ricostruzione diacronica delle varie fasi costruttive dell’edificio. Alcuni dipinti illustrano le trasformazioni del contesto urbano circostante la reggia: il Largo di Palazzo è visibile nelle vedute del Seicento e del Settecento, come la celebre tela di Caspar van Wittel (1653-1736); profondamente cambiato tra Ottocento e Novecento è anche il rapporto del Palazzo con il mare, sia per la rettificazione della facciata e del Giardino Pensile concepita dall’architetto Gaetano Genovese, sia per la perdita di tutte quelle strutture militari direttamente collegate con la reggia e cancellate dai piani urbanistici dell’ultimo secolo.
Nel corso del tempo, il Palazzo Reale ha contrassegnato e plasmato l’urbanistica partenopea, dapprima agganciandosi al centro del potere di età angioina e aragonese, poi generando una struttura imponente come il Teatro di San Carlo e, infine, determinando lo sviluppo dell’attuale piazza del Plebiscito, vera e propria appendice della reggia, chiusa dai due palazzi gemelli e dalla Real Basilica di San Francesco di Paola. Già prima della radicale ristrutturazione ottocentesca, il complesso monumentale costituiva una sorta di cittadella in grado di ospitare le svariate funzioni della corte: da quelle militari, alla cavallerizza e alle scuderie, dal teatro alle manifatture degli arazzi e delle porcellane, fino alla Real Stamperia Borbonica.
1600-1734
I VICERÉ’ E IL PALAZZO DI DOMENICO FONTANA
Nel 1600, il viceré Fernando Ruiz de Castro, VI conte di Lemos e sua moglie Catalina de Zuniga, fecero costruire una nuova residenza che fosse degna di accogliere il rappresentante del re di Spagna e la sua corte. Il progetto fu affidato all’architetto ticinese Domenico Fontana (1543-1607), visibile nella medaglia realizzata da Domenico Poggini (1520-1590), che si era distinto al servizio del papa Sisto V (1521-1590) a Roma. Il nuovo palazzo fu dotato di una maestosa facciata sul Largo di Palazzo, l’attuale piazza del Plebiscito, visibile nell’incisione di Nicolas Perrey (1596-1661) e nel dipinto della Scuola napoletana, che raffigura l’arrivo del cardinale Ascanio Filomarino in visita al viceré: nella parte sinistra del quadro si nota la continuità tra il palazzo vecchio e la nuova costruzione di Fontana. Il progetto originario non fu mai del tutto realizzato e, dopo la morte dell’architetto nel 1607, restavano da completare sia il lato verso il mare, sia il lato verso Castel Nuovo (Maschio Angioino). La planimetria visibile in mostra evidenzia come la nuova residenza vicereale abbia inglobato i preesistenti giardini che si espandevano fino al castello, continuando a convivere per oltre due secoli con il vecchio palazzo vicereale.
Nella prima metà del Seicento, i vari viceré che si susseguirono, non apportarono modifiche al progetto di Fontana, avviando soltanto la decorazione degli interni, con gli affreschi di Belisario Corenzio (1558-1643) e Battistello Caracciolo (1578-1635), visibili in alcune sale dell’Appartamento di Etichetta. Una nuova fase iniziò nel 1648 con l’elezione del viceré Iñigo Vélez de Guevara y Tassis, conte d’Oñate (1597-1658), che affidò all’architetto Francesco Antonio Picchiatti (1617-1694), il completamento dell’edificio sul fronte orientale verso il mare, un progetto che prevedeva anche il collegamento diretto con il sottostante arsenale e con la darsena. Questa parte del palazzo subì nel corso dei secoli diverse modifiche, fino al grande progetto ottocentesco del Genovese. La sistemazione seicentesca è visibile nei dipinti, nei disegni e nelle incisioni in mostra, in cui si nota il versante meridionale del palazzo, come l’incisione acquerellata del tardo Seicento che ritrae l’angolo tra l’arsenale e la salita del Gigante, e la veduta a volo d’uccello sul golfo.
1734-1799
LA REGGIA DI CARLO DI BORBONE E FERDINANDO IV
Nel 1734, Carlo di Borbone (1716-1788) salì sul trono del Regno di Napoli e il Palazzo Reale divenne la residenza ufficiale di un sovrano fisicamente presente in città. Importanti interventi di ristrutturazione dell’edificio seicentesco furono realizzati per adeguarlo alla sua nuova funzione. Il palazzo fu ampliato verso Castel Nuovo, con la costruzione del cosidetto Braccio Nuovo e la creazione del Giardino Pensile con affaccio sul golfo, visibile nel dipinto di Pietro Fabris (1740-1792) e nella veduta “delle loggie”. Nel progetto dell’ingegnere Biase De Lellis per la pavimentazione della terrazza del Giardino Pensile, sono visibili i gigli borbonici inseriti nel disegno del parterre. Contestualmente furono costruiti due nuovi cortili e riorganizzati gli spazi interni, con particolare riguardo per gli appartamenti privati del re e della regina che furono decorati dai principali artisti del tempo.
Nel 1759, Carlo di Borbone fu chiamato sul trono di Spagna e dovette abdicare in favore del figlio Ferdinando (1751-1825) che, all’età di otto anni, ereditò i regni di Napoli e di Sicilia. Questo importante evento storico è illustrato nei due dipinti di Michele Foschini (1711-1770), ambientati nella Sala del Trono e nella Cappella Reale, dove si svolsero le cerimonie dell’abdicazione e del giuramento. Dopo un periodo di reggenza, nel 1767 Ferdinando regnò in autonomia e sposò Maria Carolina d’Austria (1752-1814): per l’occasione la Sala Regia, già utilizzata in precedenza per feste e commedie in musica, come si vede nel volume illustrato in mostra, fu trasformata in Teatro di Corte dall’architetto Ferdinando Fuga (1699-1782). L’assetto settecentesco del Palazzo è rappresentato dal disegno di Luigi Vanvitelli (1700-1773) che progettò la chiusura di una parte delle arcate del portico in facciata per garantirne maggiore stabilità e da dipinti di Antonio Joli (1700-1777) che mostrano scorci urbani a cui Palazzo Reale fa da sfondo: da una parte il collegamento con Castel Nuovo tramite il ponte con il Braccio Nuovo allora in costruzione; dall’altra, la maestosa facciata verso il Largo di Palazzo, sede di feste popolari come la cuccagna.
1799-1837
PROGETTI DI RIFORMA DALLA DOMINAZIONE NAPOLEONICA ALLA RESTAURAZIONE
Il XVIII secolo si chiude il Regno di Napoli con la breve e drammatica esperienza della Repubblica Napoletana, nata nel 1799, col sostegno dell’esercito francese e soffocata nel sangue della restaurazione borbonica appena cinque mesi dopo. Rappresenta simbolicamente questa fase storica, la gouache di Saverio Della Gatta (1758-1828) che raffigura La distruzione dell’albero della libertà a Largo di Palazzo, ripresa dalla salita del Gigante, con l’omonima scultura antica e la fontana, trasferite successivamente al Museo Archeologico Nazionale e in via Partenope. L’assetto del fronte meridionale della reggia, prima della radicale ristrutturazione di metà Ottocento, è documentata dalla veduta del Museo Filangieri, in cui spicca il corridoio coperto, impostato su arcate a tutto sesto che collegava il Palazzo al sottostante arsenale.
Durante il decennio francese (1806-1815), si avvicendarono sul trono di Napoli Giuseppe Bonaparte (1768-1844), fratello di Napoleone (1769-1821) e Gioacchino Murat (1767-1815). Entrambi promossero importanti interventi urbanistici, dimostrando un particolare interesse per il Palazzo Reale. Murat e sua moglie Carolina Bonaparte (1782-1839), sorella di Napoleone, affidarono ad Antonio Niccolini, la sistemazione del complesso monumentale e dell’area circostante.
Il cosidetto Progetto Grande dell’architetto toscano, mai realizzato, è illustrato da un gruppo di disegni provenienti dal Museo di San Martino. In particolare, per la facciata meridionale, Niccolini ipotizzò un complesso di giardini che includevano l’area dell’arsenale, collegando la zona di Santa Lucia e il molo, in sotituzione di Palazzo Vecchio, e come elemento di raccordo tra la reggia e il Teatro di San Carlo, progettò l’edificio della Guardia Reale, dal prospetto curvilineo.
L’assetto degli ambienti interni del Palazzo nel primo Ottocento è documentato dal dipinto di Louis Lesmale (1788-1876), raffigurante il matrimonio per procura della principessa Carolina di Borbone (1798-1870), primogenita dell’erede al trono di Francesco (1777-1830), con Charles Ferdinand d’Artois (1778-1820), duca di Berry, celebrato nella Cappella Reale nel 1816.
1837-1860
L’INTERVENTO DI GAETANO GENOVESE E LA FINE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE
Durante il regno di Ferdinando II di Borbone (1810-1859), ritratto dal pittore Giuseppe Martorelli nel 1844, fu avviato il piano di “Riduzione del Real Palazzo”, con l’intento di riformare una fabbrica ormai non più funzionale e caratterizzata dal disordine edilizio generato nei secoli precedenti. Ad accelerare l’esecuzione del piano fu l’esigenza di porre rimedio ai danni dell’incendio che il 6 febbraio 1837 distrusse buona parte dell’ampliamento settecentesco del palazzo e che fu immortalato dal pittore Anton Sminck Pitloo (1790-1837).
Nello stesso anno il re approvò il progetto dell’architetto Gaetano Genovese che fece tesoro delle proposte, mai realizzate, degli architetti che lo avevano preceduto: ne è un esempio l’idea progettuale visibile in mostra del luganese Pietro Bianchi (1787-1849).
Genovese demolì il Palazzo Vecchio realizzando una nuova facciata sul lato settentrionale e creando le condizioni per illuminare con grandi vetrate lo Scalone d’Onore, il cui aspetto è visibile nell’acquerello di Gennaro Aloja (1793-1868), trasformato con una nuova veste neoclassica. Sempre sul fronte nord, sistemò il giardino all’inglese col contributo del botanico Friedrich Dehnhardt (1787-1870), collocando ai lati del nuovo ingresso la coppia dei Palafrenieri, successivamente spostati verso Castel Nuovo.
Sul lato meridionale, invece, furono eliminate le fabbriche seicentesche non conformi al progetto originario di Domenico Fontana e ridisegnata la facciata, visibile nell’acquerello di Giacinto Gigante (1806-1876). La riconfigurazione del Giardino Pensile con l’originario allestimento borbonico è testimoniata dal dipinto di Gabriele Smargiassi (1798-1882), in cui sono rappresentati il berceau in legno e la balaustra decorata con i gigli e le iniziali di Ferdinando II, poi rimosse dai Savoia.
Il disegno e il modello in gesso del gruppo scultoreo con Partenope che incorona il Genio delle Arti, di Tito Angelini (1806-1878), documentano un elemento non realizzato, per motivi economici, del progetto del Genovese: la fontana che fa da sfondo alla parte centrale del Cortile d’Onore, venne completata riutilizzando le parti dell’antica fontana del Molo.
In epoca unitaria non ci furono significative trasformazioni architettoniche, e si può affermare che le modifiche del Genovese furono le ultime effettuate fino ad oggi.