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Arteba: un tour nella più longeva fiera dell’Argentina

Lo stand di galeria Grasa, con il pattern di Dana Ferrari. Courtesy arteba
La sezione editoria coordinata da Fondazione Proa, courtesy arteba
Torna una nuova edizione di arteba, la fiera di Buenos Aires e anche la più antica del Paese più europeo dell’America Latina: siamo andati alla sua scoperta

Prima fiera nata in Argentina, nel 1991, arteba – a Buenos Aires – torna quest’anno al Centro Costa Salgueiro, al lato dell’aeroporto cittadino che si affaccia sul rio de La Plata, con una settantina tra gallerie giovani (suddivise nella sezione Utopia) e realtà più consolidate, insieme a spazi più esclusivamente commerciali e riguardanti brand o istituzioni locali, come l’insieme del Museo Moderno, un congiunto di istituzioni culturali cittadini, o l’area “bookshop” coordinato dalla Fondazione Proa.

Lo stand di galeria Grasa, con il pattern di Dana Ferrari. Courtesy arteba

E proprio attraverso gli stand di Utopia iniziamo il nostro tour, senza particolari colpi di scena: tra le gallerie più interessanti c’è Grasa, di Buenos Aires, che ha probabilmente lo stand più originale della fiera, un solo show della giovane artista Dana Ferrari: sono tutti acquarelli, su carta e su tessuto, e ricoprono interamente il piccolo stand. In generale, però, tra gli stand non sembra poi esserci così tanta Utopia: il solito grande ricorso alla pittura, alla scultura di piccole dimensioni che, questa sì, per certi versi sembra essere molto sognante e richiamare all’avanguardia argentina della Nueva Realidad, nata nel 1948 e che, tanto per fare un parallelo – intrecciando geografie e epoche – si avvicinava ad una estetica del surreale.
Tra gli altri spazi scoviamo Gascon, che con lo stand collettivo “Bestiario” participa per la prima volta alla fiera e la gallerista ci racconta un po’ del progetto: uno spazio parzialmente chiuso da una recinzione metallica al cui interno è possibile anche sdraiarsi su un divano rosso per ammirare un’opera della giovane Teresita Mignone, al soffitto. Anche in questo caso, tra gli altre proposte della gallerie portate in scena, si mescolano umano e fantastico, cronaca e ironia, corpi e sesso.

stand della galleria Ruth Benzacar, courtesy arteba

«Per il prossimo futuro il progetto abbiamo intenzione di partecipare a più ferie: nei nostri desiderata ci sono SP Arte a San Paolo, Arco Madrid, Pinta, a Lima. Ma siamo ancora molto giovani e le nostre opere hanno prezzi assolutamente accessibili, per cui non è facile coprire i costi di dogana, viaggio e stand in altri luoghi che non siano la nostra città. Un passo alla volta, vediamo come ci va quest’anno», ci dice la fondatrice di Gascon.
Da Roldan Moderno, nella sezione principale, ci sono alcune opere di Emilio Renart (1925-1991), le statuette in tecnica mista realizzate nel 1988-89 e intitolate Multimágenes dialogano con un Paesaggio Lunare del 1961 che ricorda molto da vicino le poetiche di Lucio Fontana e Alberto Burri. Non è male, ma è moderno. Altro stand degno di nota è quello della Galleria Ruth Benzacar di Buenos Aires che tra gli altri artisti presenta anche due tra i più conosciuti artisti latinoamericani: Tomas Saraceno e Jorge Macchi. Interessanti sono i pastelli su carta di Edoardo Basualdo, del 2024: uno raffigura, su uno schermo completamente nero, un piccolo mondo in dialogo con la luna: due pezzi di universo dispersi nel buio; simpatici anche i pennarelli su carta di Guillermo Iuso, che formalizzano e sintetizzano in brevi aforismi paure, paranoie contemporanee e battute di spirito.

Luis Terán, Totem

Altro stand che cattura l’attenzione è quello di Sputnik, galleria di Buenos Aires che porta in scena il solo show dello scultore Luis Terán, mid-career argentino che crea assemblaggi di chiodi per costruire forme geometriche diluite nell’ambiente, di lattine saldate per nuovi totem, di matrici positive in resina derivate da negativi in legno, modificando insomma – anche stavolta in maniera surreale – le forme comuni per trasformarle in altre direzioni. I prezzi? Non sono assolutamente male per un artista classe 1977 che ha già esposto anche in varie istituzioni, tra cui il Museo de Arte Moderno: 4, 5, 7mila dollari per portarsi a casa un artista decisamente di culto in questa parte di mondo.
Ad ogni modo, però, nella maggior parte degli stand di arteba si respira un’aria decisamente più omologata: pitture e sculture che tradiscono sempre un’impronta un po’ poverista, con l’uso di materiali da secoli sdoganati come rete metallica, ceramica, legno, cartone e altri oggetti che offrono una certa idea di mondo e di immaginario, oscillando tra il sacro e il profano, l’erotico e l’onirico. E mentre in Brasile l’onda continua urlante di tropicalismo, queer, di artisti indigeni, di questioni sociali, di corpi e chi più ne ha più ne metta, in questa fiera l’aria è molto più compassata, esattamente da avanguardia. Quello che colpisce l’attenzione è anche una grande presenza di pittura, sia figurativa che astratta e oggettuale, le cui date di esecuzione sembrano spostate in avanti rispetto alle originali tendenze europee: un parallelo ai nostri occhi irreversibile, proprio a causa del nostro occhio abituato alle “cose” del vecchio mondo, che da queste parti si ripresenta un po’ troppo frequentemente, e lascia perplessi.

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