Nella suggestiva cornice dell’ex chiesa di Sant’Agnese a Padova, la Fondazione Alberto Peruzzo inaugura una mostra che si fa simbolo della tensione tra tradizione e innovazione, tra il visibile e l’inesplorato. “Bruno De Toffoli. L’avventura spazialista”, curata da Luca Massimo Barbero, non è solo un omaggio all’artista trevigiano, ma un vero e proprio viaggio intellettuale che si muove lungo due assi fondamentali: il tempo e lo spazio. Qui, il passato si intreccia con il presente, le sculture dialogano con l’architettura, e l’arte moderna si confronta con quella antica.
Bruno De Toffoli, allievo di Arturo Martini e firmatario con Lucio Fontana del Manifesto dello Spazialismo per la televisione, è stato a lungo relegato ai margini della critica d’arte. Questa mostra, tuttavia, non si limita a riscoprirlo, ma lo colloca al centro di un dialogo più ampio, che include i grandi maestri come Fontana, Dadamaino e Scheggi. Il cuore pulsante dell’esposizione è costituito da nove sculture degli anni Cinquanta, provenienti dalla Collezione Intesa Sanpaolo, che trovano una nuova voce tra le navate della chiesa. A queste si affianca un album di disegni inediti, che vengono mostrati per la prima volta al pubblico, veri e propri frammenti di un pensiero in evoluzione.
Lo Spazialismo non è solo una corrente artistica, ma una filosofia, un viaggio che trascende la semplice rappresentazione dello spazio. Come Fontana, De Toffoli non si limita a rappresentare lo spazio: lo crea, lo modella, lo rende tangibile. Le sue sculture in gesso, esposte nella navata centrale, si ergono come totem moderni, monumenti che sembrano sfidare il vuoto, creando un equilibrio perfetto tra pieno e assenza. L’altezza vertiginosa del soffitto non è più solo un elemento architettonico, ma diventa parte integrante dell’opera, invitando lo spettatore a guardare oltre il visibile.
Nella sacrestia, le opere di De Toffoli si intrecciano con quelle di Jaroslav Serpan e Vinicio Vianello, suggerendo una rete di connessioni intellettuali e formali. Qui, un Concetto Spaziale di Fontana del 1968 apre un dialogo che non è solo visivo, ma anche concettuale: un ponte tra tridimensionalità e bidimensionalità, tra materia e idea.
Come osserva Barbero, questa mostra non è solo un’esposizione, ma un laboratorio. Gli spazi della Fondazione diventano un cantiere di riscoperta e sperimentazione, dove il visitatore è chiamato a interrogarsi sul significato stesso dello Spazialismo. Le opere di De Toffoli possono essere lette come una risposta alla tensione tra il radicamento nella scultura realista della sua formazione e il bisogno di spingersi oltre, verso una dimensione internazionale e concettuale. In questo senso, la mostra non è solo una celebrazione dell’artista, ma anche un invito alla riflessione.
La Fondazione Alberto Peruzzo si conferma un punto di riferimento fondamentale per la valorizzazione del patrimonio artistico veneto e non solo. L’attenzione alla qualità delle opere esposte si fonde con un approccio rigoroso e innovativo, che rende ogni mostra un evento unico. La scelta della sede espositiva, con le sue stratificazioni storiche, aggiunge ulteriore profondità al percorso.
“L’avventura spazialista di Bruno De Toffoli” è più di una semplice mostra: è un manifesto di intenti, un’occasione per riscoprire un artista che ha contribuito in modo significativo a ridefinire i confini dell’arte italiana del Novecento. È anche un promemoria: l’arte non si limita a riflettere il mondo, lo trasforma. E, in questo processo, ci invita a guardare oltre il nostro orizzonte, proprio come fanno le sculture di De Toffoli, che si stagliano verso l’alto, verso l’infinito.